Gonnosfanadiga, conosciuto in sardo come Gonnos, è un accogliente borgo di circa 6.000 abitanti, chiamati “gonnesi”, situato nel centro-ovest della provincia del Sud Sardegna. Il paese si adagia in una valle verde e fertile, ai piedi delle colline del Monte Linas, e rappresenta una delle località più caratteristiche della regione per la sua storia e le sue tradizioni agro-pastorali.
Il territorio comunale di Gonnosfanadiga comprende anche la frazione di Pardu Atzei, situata a circa trenta chilometri di distanza, alle pendici del Monte Arcuentu, tra i comuni di Guspini e Arbus. Questa posizione strategica, tra montagna e pianura, offre un panorama naturale di grande fascino.
- LEGGI ANCHE: LA SCALINATA DEL COLLE DI SAN SIMEONE

🥖 Scheda informativa: Gonnosfanadiga
- Località: Comune di Gonnosfanadiga (SU), Sud Sardegna – Medio Campidano, tra pianura fertile e massiccio del Monte Linas
- Popolazione: ~6.000 residenti (i “gonnesi”); include la frazione di Pardu Atzei verso il Monte Arcuentu
- Geografia fisica: pianure alluvionali con frutteti, agrumeti, orti e oliveti; versante montano con boschi di querce, lecci e tassi
- Alture di riferimento: Punta Perda de sa Mesa (1.236 m, Monte Linas); area vulcanico-alluvionale con affioramenti di scisto e granito
- Idrografia: Rio Piras (asse urbano storico) con ponti, resti di mulini ad acqua e rive verdi percorribili
- Paesaggio urbano: case tradizionali anche con pietrame di fiume; rete di ~50 pozzi pubblici ottocenteschi/novecenteschi, oggi luoghi di socialità
- Cenni storici: frequentazioni antiche e nuragiche (Pal’e Pardu); contatti indiretti con l’area fenicia; età romana con funzioni logistiche in pianura
- Medioevo/Età moderna: fasi bizantine; legami con la Contea di Quirra; assetto rurale diffuso e proprietà terriere familiari
- XX secolo: bombardamento del 17 febbraio 1943 (“L’Eccidio del ’43”); ricostruzione pluriennale del tessuto urbano ed economico
- Onorificenza: Medaglia di Bronzo al Merito Civile alla popolazione per il soccorso e la ripresa dopo il 1943
- Economia locale: agricoltura e pastorizia; olio extravergine d’oliva di qualità; artigianato alimentare e panificazione
- Lingua/dialetto: sardo campidanese locale e italiano; toponimi storici legati ad acqua e campagna
- Cultura del pane: Comune aderente all’Associazione Nazionale “Città del Pane”; pani storici come Sa Moddixina, Sa Lada, Su Civraxiu, Sa Pillunca, Pane Coccoi, varianti con olive/ricotta
- Su Civraxiu (focus): lavorazione in due tempi (pre-impasto ~40% il giorno prima), lievitazioni in xifedda (terracotta) e parinedda (giunco), cottura a legna
- Tratti distintivi: paesaggio “acqua+campagna”, memoria dei pozzi pubblici, identità agro-pastorale e forte cultura materiale
- Esperienze consigliate: passeggiata lungo il Rio Piras e i mulini, itinerario dei pozzi, degustazioni di pani tipici e olio locale, uscite naturalistiche verso Linas/Arcuentu
- Periodo ideale: primavera–autunno per trekking e natura; tutto l’anno per itinerari urbani e degustazioni
- Come arrivare: collegamenti stradali interni del Medio Campidano; accesso da SS196/SS197 in direzione Guspini–Villacidro
In origine due centri
In origine, l’abitato di Gonnosfanadiga era diviso in due villaggi separati dal Rio Piras: Gonnos, situato a monte (dal termine sardo “gon”, che significa “luogo elevato”), e Fanadiga, più a valle (dal latino fanum, “luogo sacro”). La successiva unione dei due centri ha dato vita all’attuale paese, che conserva ancora oggi tracce della sua doppia anima storica.
La geografia di Gonnosfanadiga
Il territorio di Gonnosfanadiga si estende nel cuore del Medio Campidano, una vasta pianura del Sud Sardegna caratterizzata da terreni fertili e da un paesaggio ricco e variegato. A nord-est si aprono distese agricole dove prosperano frutteti, agrumeti, orti e oliveti, da cui si ricava un olio extravergine d’oliva di eccellente qualità, considerato uno dei migliori della zona.
Verso sud-ovest, invece, il paesaggio cambia radicalmente e si innalza il massiccio del Monte Linas, un’area montuosa di grande valore naturalistico, coperta da boschi di querce, lecci e tassi, alternati alla macchia mediterranea che profuma di lentisco e mirto.
Gonnosfanadiga si adagia su un territorio di origine vulcanico-alluvionale, con zone pianeggianti e umide ai piedi della montagna. La vetta più alta, Punta Perda de sa Mesa (1.236 m), domina il paesaggio circostante con le sue rocce di scisto e granito, un tempo sede di importanti giacimenti minerari.
Il fiume che divise
L’abitato è attraversato dal Rio Piras, un torrente che ha avuto un ruolo fondamentale fin dai primi insediamenti umani. Le sue acque hanno favorito la nascita dei villaggi originari di Gonnosfanadiga e la coltivazione dei terreni circostanti.
Testimonianze del passato remoto sono visibili nella località Pal’e Pardu, dove si trovano i resti di uno dei più antichi nuraghi della Sardegna, probabilmente appartenente all’architettura protonuragica: un segno tangibile della lunga continuità insediativa di quest’area.
- LEGGI ANCHE: GONNESA

I Fenici a Gonnosfanadiga
Nonostante la vicinanza al mare, che da Gonnosfanadiga dista poco più di quaranta chilometri, non sono state trovate attestazioni dirette della presenza fenicia nel territorio. Tuttavia, è proprio da questo versante centro-occidentale della Sardegna che, tra il IX e l’VIII secolo a.C., approdarono i primi esploratori e commercianti fenici, provenienti dal Mediterraneo orientale.
È quindi plausibile ipotizzare che i contatti tra gli abitanti delle zone interne di Gonnosfanadiga e i Fenici siano comunque avvenuti, grazie alla prossimità con aree di frequentazione certa, come i siti di Nabui (vicino a Sant’Antioco) e Antas, luoghi che testimoniano la presenza stabile e gli scambi tra le popolazioni locali e i colonizzatori venuti dal mare.
I romani intensificano la produzione agricola
Dopo questa fase fenicia, seppur solo indirettamente percepita nel territorio, Gonnosfanadiga entrò a pieno titolo nella storia romana della Sardegna. I Romani, riconoscendo l’importanza strategica e la fertilità della pianura del Medio Campidano, utilizzarono quest’area come base logistica per accampamenti e fortificazioni militari, da cui partivano le incursioni verso le regioni montuose dell’interno. Questa presenza lasciò segni duraturi nella struttura agraria e nella viabilità del territorio.

Il feudalesimo a Gonnosfanadiga
Tra la dominazione bizantina e la caduta degli aragonesi, il territorio di Gonnosfanadiga visse fasi storiche alterne, segnate dalla nascita di nuovi villaggi sparsi e dall’arrivo di influenze culturali e religiose esterne.
Intorno al VI secolo d.C., si diffuse in queste zone la cultura evangelica dei monaci greci, che introdussero elementi di spiritualità bizantina e nuove pratiche agricole. Successivamente, l’area entrò a far parte della Contea di Quirra, una delle più importanti signorie feudali del Sud Sardegna.
Con il consolidarsi del sistema feudale, la popolazione locale riuscì a ottenere una relativa autonomia economica: molte famiglie gonnesi beneficiarono della proprietà esclusiva di terreni agricoli, e già nell’Ottocento oltre il 90% dei nuclei familiari possedeva appezzamenti coltivabili. Questo equilibrio rurale rese Gonnosfanadiga un esempio virtuoso di economia agricola comunitaria.
Verso la fine del periodo feudale, il piccolo centro – già citato nei documenti del Settecento – si preparava ad affrontare le trasformazioni dell’età moderna. Con l’abolizione del feudalesimo e l’arrivo del commercio meccanizzato nei primi decenni del Novecento, la produzione agricola, casearia e artigianale di Gonnosfanadiga trovò nuovi mercati, generando una fase di crescita economica e benessere diffuso.
- LEGGI QUI: Il Castello di Quirra
Il bombardamento alleato
Il bombardamento alleato di Gonnosfanadiga rappresenta una delle pagine più tragiche della storia della Sardegna durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel 17 febbraio 1943, il piccolo centro agricolo del Sud Sardegna fu improvvisamente colpito da un attacco aereo statunitense, nonostante non avesse alcuna importanza strategica o militare.
Quel giorno, in pieno conflitto mondiale, uno stormo di bombardieri americani B-25 Mitchell lanciò oltre 400 bombe a frammentazione sull’abitato e sul territorio circostante. Le esplosioni devastarono interi isolati — tra cui via Porru Bonelli, via Guglielmo Marconi e via Cagliari — causando 96 vittime civili, tra cui 25 bambini, e numerosi feriti e mutilati permanenti.
Il dramma colpì la popolazione con stupore e incredulità, poiché Gonnosfanadiga non ospitava basi, depositi militari o obiettivi sensibili. L’episodio, ancora oggi, rimane senza una spiegazione militare plausibile e non ha mai ricevuto un riconoscimento ufficiale né un risarcimento da parte del governo statunitense.


Un eccidio
Nelle testimonianze e nei documenti successivi, l’evento è ricordato come “L’Eccidio del ’43”, espressione che sintetizza il dolore e l’ingiustizia subita da una comunità colpita senza motivo. Secondo la ricostruzione di alcuni militari italiani, tra cui l’ufficiale Carlo Nurchi, il bombardamento avvenne in una giornata parzialmente nuvolosa: lo stormo alleato fu preceduto da un caccia di ricognizione e solo un velivolo effettuò lo sgancio delle bombe, rendendo ancora più difficile comprendere le motivazioni dell’attacco.
Ancora oggi, il bombardamento di Gonnosfanadiga resta un episodio indelebile nella memoria collettiva, un simbolo della sofferenza di tanti paesi sardi coinvolti, loro malgrado, nelle tragedie della guerra.

La Medaglia di Bronzo al Merito Civile di Gonnosfanadiga
Per il tragico bombardamento del 17 febbraio 1943, lo Stato italiano ha conferito alla popolazione di Gonnosfanadiga la Medaglia di Bronzo al Merito Civile.
Il riconoscimento premia il coraggio e la solidarietà dei gonnesi, che “si adoperarono nel soccorso alle vittime e ripresero il cammino della ricostruzione”, dimostrando una straordinaria forza morale di fronte alla tragedia.
Questa onorificenza testimonia la capacità del paese di rialzarsi dalle macerie e di ricostruire la propria comunità con dignità, orgoglio e spirito di unità.

La ricostruzione dopo il bombardamento del 1943
Dopo il massacro del 1943, Gonnosfanadiga dovette affrontare una lenta e difficile ricostruzione.
Il paese, tradizionalmente dedito all’agricoltura e alla pastorizia, si trovò di fronte alla necessità di ricreare la propria economia, riparare le abitazioni distrutte e ridisegnare l’abitato secondo la morfologia naturale del territorio.
La ricostruzione durò circa quindici anni e coinvolse l’intera popolazione, già nota per la sua operosità e tenacia.
Nonostante le difficoltà, il borgo riuscì a riconquistare il proprio ruolo agricolo, valorizzando le risorse naturali del territorio, come i terreni fertili del Medio Campidano e il Rio Piras, che attraversa il paese con il suo corso d’acqua irregolare, simbolo di vita e di resilienza.
La rinascita di Gonnosfanadiga dopo la guerra è una delle pagine più nobili della sua storia: un esempio di forza comunitaria e di rinascita civile che ancora oggi rappresenta l’identità del paese.

I pozzi pubblici: memoria e identità del paese
Il rapporto con l’acqua ha sempre avuto un ruolo centrale nella vita economica e urbana di Gonnosfanadiga. L’intera comunità, storicamente legata all’agricoltura e alla pastorizia, ha saputo gestire in modo ingegnoso le proprie risorse idriche, come testimoniano i numerosi pozzi pubblici ancora presenti nel centro abitato.
Nel paese si contano circa cinquanta pozzi pubblici, realizzati tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento. Queste opere idrauliche rappresentano un tratto distintivo del paesaggio urbano, tanto che alcune vie prendono il nome proprio dai pozzi storici che vi si trovano. All’epoca, i pozzi erano fondamentali per il prelievo dell’acqua sotterranea destinata alla popolazione: l’accesso era libero e garantiva l’approvvigionamento quotidiano per l’uso domestico e agricolo.
Acqua in abbondanza
Con l’arrivo del sistema idrico moderno e delle tubazioni domestiche, negli anni Cinquanta i pozzi persero progressivamente la loro funzione primaria, ma non il loro valore simbolico. Ancora oggi, molti di essi sono punti di riferimento e luoghi di socialità, dove gli abitanti si ritrovano nelle giornate estive per rinfrescarsi o chiacchierare all’ombra.
I pozzi pubblici di Gonnosfanadiga non sono soltanto testimonianze di un passato rurale, ma veri monumenti della memoria collettiva, che raccontano il legame tra l’uomo e la sua terra.
Il Rio Piras: il cuore d’acqua
Il Rio Piras è il fiume principale di Gonnosfanadiga e rappresenta uno degli elementi più caratteristici del suo paesaggio urbano. Il corso d’acqua attraversa l’intero abitato, dividendolo in due parti storiche: Gonnos e Fanadiga, i due borghi originari che, unendosi, diedero vita all’attuale centro.
Il fiume può essere attraversato grazie a numerosi ponti pedonali e carrabili; nei periodi di magra, è persino possibile guadare il Rio Piras in automobile, spostandosi da una sponda all’altra in totale sicurezza. Lungo il suo corso, le abitazioni costruite con pietre e materiali prelevati dal letto del fiume si affacciano sull’acqua, creando un paesaggio pittoresco e unico nel suo genere.
Il fiume disciplina la vita
Le sponde del Rio Piras sono in parte percorse da vie pedonali e carrabili che permettono di esplorare scorci suggestivi, resti di antichi mulini ad acqua e piccoli ponticelli storici. La vegetazione spontanea, che cresce rigogliosa lungo le rive, regala colori e profumi diversi a seconda delle stagioni, trasformando il fiume in un corridoio naturale nel cuore del paese.
Oggi il Rio Piras continua a rappresentare un simbolo di vita, identità e memoria per la comunità di Gonnosfanadiga: un filo d’acqua che unisce passato e presente, natura e storia.

Il pane: tradizione, identità e sapore autentico
Tra i comuni sardi che custodiscono una grande tradizione panificatoria, Gonnosfanadiga occupa un posto di rilievo. Insieme a Santadi, Ozieri e Villaurbana, il paese fa parte dell’“Associazione Nazionale Città del Pane”, che riunisce oltre quaranta località italiane impegnate nella valorizzazione dei pani storici.
Questi pani raccontano la storia di una comunità, il suo territorio e la sua identità culturale, tramandando ricette e gesti che affondano le radici nel passato rurale della Sardegna.
Agricoltura di qualità
La variegata produzione agricola del territorio di Gonnosfanadiga ha favorito, sin dall’antichità, la lavorazione del grano e la produzione del pane, alimento simbolo della vita e dell’ospitalità.
Tra le varietà più rappresentative del pane di Gonnosfanadiga troviamo Sa Moddixina, Sa Lada, Su Civraxiu, Sa Pillunca, il Pane Coccoi di semola e i pani aromatizzati alle olive o con la ricotta.

Panificazione romana
Queste specialità nascono da una sapiente arte di panificazione che risale addirittura all’epoca romana, quando nella zona — allora sede di accampamenti e piccoli villaggi lungo il Rio Piras — si iniziò a coltivare il grano e a cuocere i primi pani in forni di pietra.
Oggi, come allora, il pane di Gonnosfanadiga è un simbolo di cultura materiale e orgoglio locale, protagonista di feste, sagre e tavole familiari.
- Guarda anche Gonnosfanadiga su SardegnaTurismo

Su Civraxiu: il pane antico di Gonnosfanadiga
Su Civraxiu è uno dei pani più antichi e rappresentativi della tradizione di Gonnosfanadiga e della Sardegna. La sua origine è probabilmente romana: secondo una leggenda locale, sarebbe stato un legionario di nome Vargio a inventarlo, impastando la semola di grano duro per creare un pane più resistente e saporito, adatto ai lunghi viaggi e alla vita militare.
La preparazione di Su Civraxiu è un rito artigianale complesso, che si tramanda di generazione in generazione. Il procedimento prevede una prima lavorazione dell’impasto il giorno precedente, pari a circa il 40% del totale, che viene lasciato riposare e fermentare. Il giorno seguente si effettua una seconda impastatura a mano, ottenendo una pasta liscia ed elastica.
L’impasto conservato nella terracotta
L’impasto viene poi sistemato nella xifedda, un contenitore di terracotta coperto, e lasciato a lievitare per oltre due ore a temperatura ambiente. Segue una nuova fase di modellatura in cui si formano le pagnotte, adagiate nei tradizionali cestini di giunco (parinedda), dove continuano a lievitare sotto teli di lino puliti. Solo allora avviene la cottura nel forno a legna, che sprigiona i profumi autentici del pane sardo.
Il risultato è un pane dal sapore intenso e rustico, con crosta dorata e mollica compatta, simbolo della cultura contadina e del sapere antico di Gonnosfanadiga. Su Civraxiu è molto più di un alimento: è un patrimonio identitario che racconta la storia di un popolo e della sua terra.
















































