In un momento storico di grandi emergenze ambientali, in cui la tutela della biodiversità e la sensibilizzazione ecologica sono diventate prioritarie, il governo italiano ha proposto una riforma della caccia 2025 che ha già suscitato un acceso dibattito.
Le preoccupazioni sulla riforma della caccia 2025
Promossa dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, questa riforma della legge sulla caccia mira ad ampliare le regole della caccia, eliminando alcuni vincoli territoriali e stagionali. Ma quali sono i rischi per la natura, per la sicurezza delle persone e per il futuro della fauna selvatica?
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Cosa prevede la riforma della caccia in Italia
La proposta di legge, ancora in fase di discussione, intende:
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Estendere il calendario venatorio con periodi più lunghi per la caccia.
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Consentire la caccia anche in aree protette e demaniali in caso di emergenze faunistiche.
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Ridurre i limiti per la distanza di sicurezza da abitazioni, strade e sentieri.
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Ampliare l’uso di richiami vivi e la creazione di appostamenti fissi.
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Lasciare alle Regioni maggiore autonomia nella gestione dei giorni di caccia.
Questi cambiamenti, se approvati, rappresenterebbero una forte liberalizzazione dell’attività venatoria in Italia.
Perché la riforma della caccia preoccupa ambientalisti e cittadini
Molti ambientalisti, associazioni e cittadini temono che la riforma possa:
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Mettere a rischio la sicurezza pubblica, con la possibilità di spari vicino a zone frequentate da escursionisti, ciclisti e famiglie.
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Peggiorare la situazione della fauna selvatica, già minacciata da cambiamenti climatici e perdita di habitat.
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Ridurre la tutela delle aree protette, andando in controtendenza rispetto agli obiettivi europei per la conservazione ambientale.
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Normalizzare pratiche di caccia aggressive e poco controllate, come l’uso di richiami vivi e l’apertura dei roccoli, vietati dall’UE.
Il contesto europeo e globale della tutela della fauna selvatica
La proposta italiana sembra andare contro le politiche comunitarie che puntano a incrementare le aree protette almeno al 30% del territorio entro il 2030. L’Unione Europea promuove infatti strategie per preservare la biodiversità e contenere il bracconaggio, temi che richiedono un approccio più conservativo e meno permissivo rispetto alla caccia.
Riforma della caccia e Sardegna: un territorio fragile
La Sardegna è una regione con un patrimonio naturalistico unico, ospitando specie endemiche e habitat delicati. Qui il rischio è che una maggiore libertà di caccia possa:
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Favorire pratiche non controllate di caccia e bracconaggio.
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Minacciare specie protette e a rischio estinzione.
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Compromettere l’equilibrio naturale di boschi, montagne e zone rurali.
Per questo è fondamentale un dibattito locale approfondito, che tenga conto delle peculiarità ambientali sarde.
Conclusioni: serve più tutela, non meno
La riforma della caccia proposta dal governo Meloni rappresenta un rischio concreto per la tutela ambientale, la sicurezza pubblica e la conservazione della biodiversità. In un momento in cui l’educazione ambientale e la sensibilizzazione ecologica dovrebbero essere al centro delle politiche, incentivare una liberalizzazione della caccia sembra andare in direzione opposta.