La Sharia, letteralmente “legge” è il codice sacro su cui si deve basare la condotta di una persona di fede islamica. Questo codice è il risultato di un’analisi approfondita e di un’interpretazione di quelli che sono i quattro elementi fondamentali dell’Islam, ovvero: il Corano, la Sunna, la deduzione analogica e il consenso della comunità.
Con il termine Islam (=sottomissione, dedizione, nei confronti di Allah) viene designata sia la religione fondata da Maometto e ispirata da Allah, come afferma il Corano (“Certamente la vera religione di Allah è l’Islam), sia i doveri religiosi che tale credo comporta per ogni Musulmano.
Il termine muslim – Musulmano – è il participio del verbo arabo salima (“sottomettersi”) il cui infinito sostantivato è, appunto, islam. Il contrario di un muslim è kafir (“ingrato, infedele”).
Il Corano afferma nella Sura 4: “O voi che credete! Credete in Allah e nel suo messaggio e nel Libro che Egli ha rivelato prima di questo. E chi non crede in Allah e nei suoi angeli e nei suoi libri e nei suoi messaggeri e nell’Ultimo Giorno, certamente ha deviato molto dal retto cammino“.
NESSUN DIO ALL’INFUORI DI ALLAH
Il termine Allah, deriva dall’unione di al e ilah, che si pronuncia nella contrazione dell’espressione araba al-ilah, ovvero “la Divinità”, intesa per eccellenza, come l’unico Essere Supremo. Il suffisso ilah era già stato utilizzato in epoca preislamica per indicare genericamente qualsiasi divinità, mentre con l’aggiunta del prefisso al e l’ottenimento della parola Allah è stata compresa la Divinità come sola e unica.
L’ORIGINE DEL MONOTESIMO ISLAMICO
L’origine del monoteismo islamico affonda nella visione preislamica che già parlava di un Dio più importante degli altri che associava alla venerazione della Pietra Nera. Con l’Islamismo tuttavia si è passati dalla venerazione di un Dio “principale” ad un Dio “unico”, in quanto Allah per il musulmano è il solo Dio unico, non il Dio principale tra Dei secondari.
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Il monoteismo è dunque il fondamento dell’Islam: Allah stesso lo dice a Maometto, quando nella Sura 21 del Corano afferma: “Non c’è altro Dio all’infuori di Me: perciò adorate Me soltanto“.
ABBI PAURA DI ME
Allah è il creatore di tutto ed è il Signore del mondo. Egli creò anche l’uomo verso cui ha fatto discendere la Torah per gli Ebrei e il Vangelo per i Cristiani, mandando infine il furkan (rivelazione, salvezza) con Maometto.
Al sublime Signore gli uomini devono adorazione e sottomissione, ma anche soggezione servilistica assoluta, come afferma l’ammonimento dislocato in tutto il Corano “abbi timore di Allah“.
La shahada, “la professione di fede”, rappresenta l’impegno che un Musulmano deve avere per combattere, anche con le armi, affinché l’Islam possa estendersi nel mondo. Al devoto si chiede pure di essere disposto a morire nella “guerra santa” e a colui che cade in guerra viene riconosciuta l’attestazione di “testimone” o “martire”. La shahada costituisce dunque l’atto iniziale (e finale quando si è in punto di morte) alla vita islamica che viene annunciato pubblicamente dall’aspirante, dinnanzi a testimoni musulmani i quali certificano l’ingresso nella comunità religiosa fondata da Maometto.
Ecco a seguire alcune parole derivate o affini alla shahada che spiegano la relazione tra dedizione alla fede, guerra santa e martirio:
- shahada = la professione di fede
- adhan = invito alla preghiera
- salat = la preghiera giornaliera
- shahid = testimone o martire caduto nella guerra santa
GLI ANGELI ISLAMICI
L’Angelo nell’Islam come in altre tradizioni religiose è un essere spirituale che fa seguito ad Allah col compito di assisterlo e al contempo di metterlo in comunicazione con gli uomini durante il loro cammino nell’esistenza terrena.
Nell’Islam gli angeli più importanti sono Gabriele, Michele, Raffaele e Izra’il.
- L’angelo Gabriele è il messaggero che ha consegnato la Rivelazione a Maometto
- L’angelo Michele è la guida degli uomini
- L’angelo Raffaele è colui che suonerà le trombe della Resurrezione
- L’angelo Izra’il è l’angelo della morte.
Gli angeli sono delle entità spirituali invisibili agli uomini (ma non agli animali) che non hanno sesso, non fanno vita biologica e sono senza peccato. Alcuni reggono il trono di Allah, altri cantano incessantemente le sue lodi e altri vegliano sul comportamento degli uomini dandone conto ad Allah.
I GINN ( O JINN)
Sottocategoria degli Angeli sono i Ginn, esseri intermedi tra angeli e uomini. Queste sono figure sessuate, con vita biologica, che possono essere buoni o cattivi, infedeli o credenti. Ogni uomo ha due Ginn al suo fianco, uno buono e uno cattivo.
L’IRRILEVANZA DI SATANA
Tra i ginn più cattivi, il peggiore di essi è senz’altro Saytan (o Satana) che è un angelo decaduto dalla condizione originaria per aver disobbedito ad Allah il quale gli aveva comandato di prosternarsi dinnanzi ad Adamo, il primo uomo. Egli è il capo dei demoni ed è stato cacciato dal Paradiso (Sura 38). Il suo ruolo tuttavia, nella demonologia dell’Islam non è di grande evidenza ed è stato relegato ad una sostanziale irrilevanza dinnanzi al potere di Allah, colui che invece crea e regge il tutto.
PROFETI E GIUDIZIO UNIVERSALE
Per aiutare gli uomini che possono subire l’allontanamento dalla retta via seguendo gli inganni di Satana, Allah ha inviato sulla terra 124 mila profeti, alcuni dei quali (313) sono messaggeri e apostoli. Tra questi, 28 sono anche riportati nel Corano, come ad esempio Adamo, nominato per primo; seguono poi Ibrahim (Abramo), l'”amico di Dio”, Musa (Mosè) e Isa (Gesù). L’ultimo dei profeti è invece Maometto, chiamato appunto “il sigillo dei profeti” (Sura 33), perché dopo di lui non ve ne saranno altri, dato che con lui si è conclusa definitivamente la Rivelazione.
LA RIABILITAZIONE DI MAOMETTO NELL’ISLAM
Maometto, pur essendo stato un semplice uomo peccatore come tutti gli altri, nell’Islam posteriore, specialmente dal Sufismo, viene innalzato al rango di essere superiore proclamandone la sua purezza e la sua infallibilità e infine dichiarandolo uomo “assolutamente perfetto”, al punto di assurgere a modello di comportamento per tutti i fedeli.
LA PREDESTINAZIONE
A questa assolutizzazione di Maometto si associa, nella teologia ortodossa (quella sunnita), fissata dopo lunghi contrasti intorno al ‘900, la teoria secondo cui il destino degli uomini è determinato da Allah che, nel ruolo di potenza universale e illimitata, può farlo anche senza tener conto delle loro opere (predestinazione). Tuttavia si aggiunge che, quando verrà il momento del Giudizio Universale, gli uomini saranno puniti o salvati tenendo conto delle loro azioni avute sulla Terra. Nella Sura 32 del Corano si precisa infatti che Allah riempirà “…l’inferno di geni e di uomini di ogni tipo” stabilendo i limiti di un destino immutabile. Tra queste due posizioni vi sono quelle degli Jabriti che sostengono la completa mancanza di libertà nell’uomo, mentre i Kadariti affermano l’esistenza del libero arbitrio. Si trova poi la dottrina ortodossa degli Ashariti, che ammette sia ‘intervento divino, sia la responsabilità umana.
Il Giudizio Universale, che avrà luogo alla fine dei tempi e sarà preceduto da immani catastrofi naturali, viene descritto con tinte apocalittiche nelle sura 81e 82 del Corano. Secondo questa descrizione ad un certo punto del tempo apparirà l’anticristo al-Dajjal, che verrà ucciso da Isa (Gesù). Dopo di che, quest’ultimo ricomparirà a Damasco, reciterà preghiere islamiche, farà sorgere un regno di pace e benessere, quindi morirà e sarà sepolto a Medina.
Durante il Giudizio Universale, le buone e cattive azioni degli uomini, che sono state registrate su un libro, saranno pesate su una bilancia.
Gli infedeli diverranno schiavi dell’inferno e bruceranno tra le fiamme (sura 19 e 47); i credenti potranno invece scampare al baratro e giungere in paradiso. Il paradiso islamico, è un luogo di piaceri sensuali, nel quale i Musulmani devoti avranno come compagne delle fanciulle incantevoli, eternamente belle, le huri (“bianche”).
Tutti coloro che muoiono prima del Giudizio Finale sono destinati ad attenderlo, giacendo privi di coscienza nelle loro tombe. Solo quanti perdono la vita per l’Islam nella “guerra santa” vanno in paradiso immediatamente dopo la morte.
I DOVERI RELIGIOSI
In relazione all’importanza che riveste il comportamento etico, di gran lunga superiore a quella attribuita agli aspetti dogmatici, la sharia (“legge”) rappresenta il fulcro dell’Islam che, per questo, viene definito da molti una religione prevalentemente “legale”.
La sharia, in origine la via che conduceva allo spiazzo dove abbeveravano le bestie, finisce per designare, in senso figurato, il cammino da seguire, la legge canonica, i doveri religiosi. Poiché nella mentalità islamica non v’è distinzione tra comunità religiosa (ummah) e organizzazione politica, la sharia assurge a fonte del diritto sia religioso che statale, entrambi da ricondurre ad Allah, supremo legislatore.
La sharia abbraccia dunque la vita religiosa, politica, sociale e individuale di tutti i Musulmani: essa regola i rapporti dei fedeli con Allah, con il prossimo e con la comunità.
IL GIUDIZIO ALLA FINE DEL TEMPO
Secondo la dottrina islamica, solo chi cade per la causa di Allah nella “guerra santa” giunge in paradiso subito dopo la morte. Tutti gli altri dovranno attendere, addormentati nelle loro tombe, perché il risveglio che avverrà alla fine dei tempi.
- Il profeta Ezechiele viene talvolta rappresentato nell’opera di resuscitare i morti durante il Giudizio Universale.
La sharia fa rientrare tutte le azioni umane nelle seguenti “cinque categorie”:
- I doveri (fard) o le azioni necessarie: si tratta di azioni che, se compiute deliberatamente, verranno ricompensate e, se trascurate, comporteranno invece una punizione.
- Le azioni raccomandate (mundub): sono quegli atti che, se deliberatamente compiuti, saranno certamente ricompensati ma, se trascurati, non meriteranno nessuna punizione.
- Le azioni indifferenti (muhah): sono quelle azioni che non saranno ne premiate, ne punite.
- Le azioni riprovevoli (makruh): si tratta di atti che, se compiuti, non verranno puniti, ma l’astenersi da essi varrà come merito.
- Le azioni proibite (haram): sono quelle che, se commesse, meriteranno una punizione, mentre chi riuscirà a evitarle verrà invece ricompensato. I peccati sono una variante di quest’ultima categoria.
GLI ARKAN
Secondo i Sunniti, l’Islam poggia su cinque pilastri (arkan): questi doveri, fissati a Medina all’epoca dei primi califfi, hanno per gli ortodossi un’importanza essenziale. Essi sono:
- la shahada, la professione di fede;
- la salat, la preghiera rituale;
- la zakat, la carità od offerta con fini umanitari;
- il sawan, il digiuno del mese di ramadan;
- lo hagg, il pellegrinaggio alla Mecca.
- Presso gli Sciiti è un sesto pilastro la fede negli Imam che viene considerato un altro dei doveri fondamentali.
LA ZAKAT: DA ELEMOSINA A IMPOSTA
La zakat, la forma di elemosina, prescritta dal Corano, originariamente era distribuita attraverso la comunità. Poi è mutata col tempo in un’imposta a favore dei poveri e riscossa dallo Stato. Tale tributo, stabilito nei dettagli dai testi giuridici islamici, ammonta annualmente al 2,5% sulle proprietà e sulle rendite di cui gode un Musulmano senza debiti.
LA GIHAD: RISPETTO DEI PATTI CON GLI INFEDELI RISPETTOSI
La gihad (letteralmente “sforzo” o “impegno”), intesa come “guerra santa” condotta dai Musulmani per allargare il dominio della legge di Allah, viene giustificata in base ai seguenti versi del Corano (Sura 9,4-5): “4. A eccezione di quegli idolatri con cui avete stipulato un trattato, che poi essi hanno osservato senza allearsi con nessuno contro di voi. Così attenetevi a questi trattati stipulati con loro, fino al termine stabilito. Certo Allah ama quelli che sono giusti.
5. Quando siano passati i mesi sacri, uccidi gli idolatri, ovunque li trovi, e prendili prigionieri, e assediali, e attendili in ogni luogo che si presti per un agguato. Ma se si pentono e osservano la preghiera e pagano la zakat, allora lasciali andare liberi. Certamente Allah è sommamente Misericordioso, Clemente”.
TOLLERANZA SENZA INTEGRAZIONE
La gihad, intesa in un primo tempo come lotta contro gli aggressori e gli apostati, venne condotta in seguito per ampliare e arricchire il dominio territoriale degli Arabi. Di particolare tolleranza godevano le comunità religiose che basavano la loro fede sulle scritture (le cosiddette “genti del libro”, ovvero gli Ebrei, i Cristiani, i Sabei e i seguaci dello Zoroastrismo: tutti costoro dovevano tuttavia pagare una tassa speciale e adeguarsi all’ordine politico islamico, rimanendo esclusi dalle cariche statali.
In base al diritto islamico, il mondo intero è teoricamente suddiviso in due parti: il dar al-Islam, il territorio islamico e il dar al-harb, il territorio della guerra.
OBBLIGO ALLA GUERRA SANTA FINO AL DOMINIO TOTALE
L’obbligo della gihad dovrebbe continuare a sussistere fino alla sottomissione del mondo intero alla legge musulmana e quindi agli ordinamenti di Allah. Tale obbligo riguarda tutta la comunità musulmana, ma non è vincolante per il singolo.
LA VITA PRIVATA
Nella sharia vengono descritti ulteriori forme giuridiche e sociali:
- il diritto di famiglia
- il diritto matrimoniale
- il diritto di successione
- il diritto civile e penale
- il comportamento dei Musulmani nei confronti degli infedeli
- le norme riguardanti l’alimentazione
- i sacrifici
- lo stato di guerra
- il diritto degli schiavi.
IL MATRIMONIO NELL’ISLAM
L’unione matrimoniale per i Musulmani rappresenta un dovere sacro, e per questo viene disapprovato il celibato. Il diritto matrimoniale concede al fedele libero quattro mogli e un numero illimitato di concubine; allo schiavo invece sono concesse solo due mogli legittime.
** Il matrimonio particolare di Maometto
Maometto ebbe nove mogli e tre concubine: egli giustificò questo fatto come un privilegio a lui concesso da Allah stesso, attraverso una rivelazione straordinaria (Sura 33).
MONOGAMIA E POLIGAMIA
Poiché la legge impone che le mogli vengano trattate tutte allo stesso modo, le condizioni economiche costringono la maggior parte dei Musulmani alla monogamia. Un uomo può scegliere il vincolo matrimoniale anche senza particolare motivazioni, attraverso una semplice dichiarazione di separazione; le donne musulmane, invece, possono ottenere il divorzio solo attraverso una complicata procedura processuale.
La conversione di una donna all’Islam rende immediatamente nullo il suo eventuale matrimonio con un infedele; nessun uomo che non sia soggetto alla legge di Allah può avere come moglie una donna musulmana. Imitando un costume di corte di origine bizantina, è stata introdotta presso i califfi Abbasidi (750-1258) la consuetudine di isolare le mogli.
- Dal 1926, in Turchia, con l’introduzione della monogamia, è scomparsa l’usanza dell’harem.
LA GIURISPRUDENZA ISLAMICA
La giurisprudenza, ovvero la scienza della sharia è chiamata figh (“comprensione, saggezza”). Non esistono veri e propri codici di leggi: le prescrizioni sono state suddivise in tre grandi categorie:
- I doveri culturali e rituali (ibadat);
- I rapporti giuridico-civili (muamalat);
- Le norme penali (ukubat)
Queste ultime prevedono che per particolari trasgressioni della legge – quali la lussuria, il furto, il brigantaggio e l’alcolismo – siano adottate pene durissime, che possono andare dalla lapidazione, ai mille colpi di frusta, al taglio della mano destra.
- Le fonti del diritto islamico
Il diritto vigente nei paesi musulmani nasce dalle quattro “radici dell’ordine giuridico”: Corano, Sunnah, qiyas e igma.
Lo studioso di diritto viene chiamato fakih o ‘alim; gli esperti di diritto riconosciuti dallo stato sono invece chiamati mufti, ovvero colui che prende le decisioni.
In Iran e in India, gli esperti di diritto sono chiamati invece mullah, dal persiano e dall’arabo mawla, ovvero signore.