Dal regno della zanzara anophele
a centro di produzione agricola di pregio
Etruria e Sardegna
Castiadas non è un agglomerato urbano ben definito, qualificabile come villaggio, paese o città , bensì un insieme dislocato di borgate sparse per le campagne che ebbe il primo nucleo di insediamento moderno in località Piradis, dove attualmente si trovano le antiche carceri.
Il territorio è ricco di testimonianze puniche e romane, specialmente in località Cala Pira e Santa Giusta, di complessi nuragici, menhir, domus de janas e tombe dei giganti, che certificano frequentazioni già in epoca nuragica e prenuragica.
In epoca fenicia invece l’area acquisì un importante ruolo commerciale nella rotta tra la Sardegna e l’Etruria.
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Mano d’opera carceraria
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1875, costruzione della colonia penale
Nel 1875 si preparò la prima cartografia dettagliata dell’area per un totale di 6523 ettari da destinare alla Colonia.
L’area prescelta ricadde su una posizione elevata e arieggiata, vicino a sorgenti d’acqua e lontana da vie di comunicazione, era la località Praidis.
Ai primi di giugno del 1875 cominciarono i lavori per la costruzione della colonia penale agricola di Castiadas, in un territorio non particolarmente ospitale a causa della massiccia presenza di zanzara anophele, ma anche insicura perché era crocevia di contrabbandieri.
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Colonia penale più grande d’Italia
Sotto la guida di sette guardie carcerarie, che misero a lavoro trenta detenuti, iniziarono le bonifiche di questa zona della Sardegna, rimasta disabitata per centinaia di anni. Al centro dell’area fu eretta la colonia penale più grande d’Italia che arrivò ad avere una densità abitativa intorno alle duemila persone comprese tra loro carcerati, agenti di custodia, impiegati e rispettive famiglia al seguito.
La colonia penale di Castiadas era di tipo “agricola”, destinata cioè ad ospitare i condannati meritevoli di premio cui veniva dato l’incarico di fornire la loro mano d’opera per bonificare terreni incolti o malsani da riconsegnare alle comunità locali. Il regolamento penitenziario per queste colonie penali di fatto era meno rigido rispetto al regime penitenziario ordinario. Le attività lavorative erano quelle tipiche del settore: raccolta pietre, taglio cespugli e alberi, scasso dei terreni, zappatura, aratura, semina, sarchiatura, potatura.
L’obiettivo era l’autonomia e l’autosufficienza della struttura e pertanto, accanto ai contadini, agli allevatori e mungitori, vi erano pure i casari, i macellai, i fornai, i manovali, i fabbri, i calzolai e i falegnami. La colonia di Castiadas venne così divisa in poderi, presidiati anche da Diramazioni (sorta di case coloniche attrezzate come piccoli stabilimenti carcerari) in cui venivano prodotti differenti tipi di colture, a seconda della qualità del terreno e delle risorse idriche presenti. Queste diramazioni diventeranno poi abitazioni private a tutti gli effetti.
1956, chiusura della colonia
La colonia penale agricola di Castiadas rimase in vita meno di un secolo: il 30 giugno del 1956, dopo aver raggiunto importanti risultati nel campo dell’agricoltura e della pastorizia. f I detenuti che erano ospitati furono trasferiti altrove, tra cui nella colonia penale di Is Arenas (Arbus) e all’Asinara (Porto Torres).
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Casa in cambio del lavoro agricolo
L’ETFAS, Ente di Trasformazione Fondiaria Agraria della Sardegna, nato a seguito della riforma agraria approvata in quegli anni, prese in appalto il territorio di Castiadas e lo suddivise in sette aziende, assegnando ad ogni coltivatore diretto lotti da 10/15 ettari se pianeggianti o da 30/40 ettari se collinari.
Italiani tunisini
Nel frattempo, sebbene dopo tempi lunghi che comportarono notevoli disagi per gli assegnatari, furono lentamente costruite le case coloniche. Molte di queste sono ancora oggi abitate dai discendenti di quelle prime permanenze. Il possesso della casa era subordinato all’obbligo di coltivare la terra di pertinenza e produrre un reddito annuo non inferiore a 700, 800 mila lire (pari a circa 360/420 euro attuali).
La provenienza degli assegnatari era variegata, ma quasi tutta limitrofa: Muravera, Villaputzu, San Vito e Villasimius. Ad essi si aggiunsero negli anni Sessanta del Novecento, i profughi italiani provenienti dalla Tunisia, costretti ad abbandonare il nord Africa a causa degli sconvolgimenti politici che si verificarono allora in quell’area.
L’assetto sociale dell’area di Castiadas subì così una nuova, importante, trasformazione a cui si accompagnò un sistematico sfruttamento economico delle produzioni agricole, attraverso la nascita dell’oleificio, del caseificio, della cantina sociale, delle prime officine meccaniche e degli spacci per la vendita dei prodotti agricoli.
Museo a cielo aperto
Oggi le vecchie carceri di Castiadas, rappresentano un’attrazione per il turismo culturale perfettamente inserite nel pacchetto di offerte promozionali del territorio, accanto a quelle ben più note del turismo balneare.
Ai visitatori, sempre appassionati di archeologia carceraria rimane da ammirare integralmente un imponente edificio, parzialmente ristrutturato, con annesso un cortile interno; la villa del Direttore, le celle, gli uffici e la farmacia.
Il plesso è anche impiegato dal Comune di Castiadas per la realizzazione di eventi culturali di vario genere come mostre di artigianato e pittura.
1986, Castiadas comune italiano
- San Pietro,
- La Centrale,
- Olia speciosa,
- Camisa,
- Annunziata.