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Home » Cultura » Mamuthones

Mamuthones

CARNEVALI DELLA SARDEGNA

di Redazione
in Cultura
Tempo di lettura: 6 minuti
Mamuthones

Il carnevale simbolo della Sardegna più arcaica

Il carnevale di Mamoiada è la rappresentazione sociale più importante del paese, che simboleggia il paese in senso assoluto ed è divenuto negli anni emblema stesso della sardità più ancestrale. Conosciuto in tutto il mondo, per la sua peculiarità che lo riconduce direttamente alle più antiche manifestazioni popolari della Sardegna. I suoi protagonisti, i Mamuthones e gli Issohadores.

LE ORIGINI
Le origini della danza dei Mamuthones non sono ancora state chiarite dall’antropologia ufficiale, tuttavia sono state più volte avanzate delle ipotesi che sembrano ricondurre addirittura all’età nuragica, ovvero all’epoca precristiana quando si faceva la venerazione degli animali come gesto di protezione dagli spiriti del male. Si tratta dunque di un chiaro richiamo a rituali pagani, sopravvissuti eccezionalmente, all’indottrinamento cristiano.

Il termine “Mamuthones” risale al greco “Maimon”, cioè “colui che smania, che vuole essere posseduto dal dio” o più volgarmente con un accezione più burlesca il “pazzo”, o il “buono a nulla“. “Issohadores” invece deriva il nome da “soha”, lunga fune di cuoio (oggi in vimini), e rappresenta il mandriano, il guardiano delle bestie, cioè dei Mamuthones. Secondo l’interpretazione antropologica più classica, alle maschere si riconosceva il potere di determinare il buon raccolto e dunque, nonostante l’aspetto spaventoso, la loro visita era gradita al punto da offrire loro cibi e bevande.

  • LEGGI ANCHE: MAMOIADA
  • LEGGI ANCHE: SA FILONZANA E IL CARNEVALE DI OTTANA

I FUOCHI DI SANT’ANTONIO ABATE
Dal 16 pomeriggio al 17 Gennaio in Sardegna alcuni dei principali paesi ancora attaccati alle feste più ancestrali, tra cui Dorgali, Bosa, Desulo, Bolotana, Budoni, Escalaplano, Samugheo, Orosei accendono dei falò in onore di Sant’Antonio Abate. Si tratta di un culto antico (primi documenti ne parlano già nel XIX secolo) e radicato che ricorda la storia Antonio Abate, importante esponente dell’ascetismo egiziano del III secolo d. C. Il santo secondo i cristiani era uno strenuo oppositore dei diavoli e delle fiamme dell’inferno. Secondo la leggenda, un misto tra devozione cristiana e tradizione pagana, egli, avrebbe rubato una scintilla al Regno degli Inferi per regalarla all’umanità , dotandole così il fuoco. I fedeli, la notte del 16 gennaio, chiedono dunque al Santo di fare miracoli per la nuova stagione dei raccolti, con la speranza che siano proficui e abbondanti per tutta la popolazione. (Leggi l’articolo su Informati-Sardegna).

LA NOTTE DI SANT’ANTONIO ABATE
A Mamoiada i mamuthones appaiono nella notte di Sant’Antonio Abate: il 17 gennaio che è ufficialmente la data d’inizio del carnevale. Durante la notte nei diversi rioni del paese vengono accesi dei falò attorno ai quali si radunano proprio i mamuthones. I mamuthones sono poi protagonisti anche la domenica di carnevale e il martedì grasso, durante il quale si celebra la processione della maschera di Juvanne Martis Sero trasportata su un carretto da uomini vestiti da “zios” e “zias” che ne piangono la morte cantando sconsolatamente.

SANT’ANTONIO ABATE
E I MAMUTHONES
Le maschere fanno la loro apparizione in occasione della festa di Sant’Antonio (detta di Sant’Antoni e su o’u, “Sant’Antonio del Fuoco”), tra il 16 e il 17 gennaio poi la domenica di carnevale e il martedì grasso.

  • Il 16 gennaio rappresenta “Sa die de su Pesperu“, e prevede l’accensione e la benedizione del grande fuoco davanti alla chiesa parrocchiale di Mamoiada. Qui i fedeli si riuniscono e recitano per tre volte la preghiera del Credo, girando tutti insieme attorno al falò. Pure negli altri rioni si accende un fuoco, con un tizzone preso direttamente dalla pira principale. Per tutta la notte e per i due giorni successivi la popolazione si riunisce intorno ai fuochi bevendo vino e mangiando dolci tipici, tra cui popassinos, coccones e caschettas.
  • Durante l’ultimo giorno, il martedì grasso, si può assistere alla processione della maschera di Juvanne Martis Sero trasportata su un carretto da uomini vestiti da “zios” e “zias” che ne piangono la morte cantando sconsolatamente.

Il carnevale di Mamoiada, come tutti i carnevali barbaricini, si lega ai cicli della morte e della rinascita della natura, che, attraverso antichi rituali di esorcizzazione si propongono, in chiave grottesca, di rappresentare il rapporto uomo-animale che era alla base del sistema economico-sociale della Barbagia premoderna, quando pastorizia e allevamento erano le uniche risorse economiche della popolazione.

IL SIGNIFICATO DELLE MASCHERE
I primi, rappresenterebbero i mori catturati dagli antichi sardi durante le loro scorribande nelle coste dell’isola: la loro cattura prevedeva tra le altre pene anche l’umiliante derisione per le vie del paese, scortati dagli Issohadores che rappresentano invece i carcerieri. La celebrazione del carnevale si svolge interamente nel centro paesano, e prevede un rituale tramandato da secoli e ancora uguale per molti tratti alle esibizioni originarie dell’epoca pre-cristiana. Parlare del carnevale di Mamoiada significa dunque parlare di un retaggio pagano che è sopravvissuto nei secoli – caso più unico che raro – alla imposizione del dogma cristiano.

IL VESTITO
I Mamuthones hanno il volto coperto da una maschera nera fatta in legno da abili artigiani locali. Il vestito è arricchito da una veste in pelle vera e uno stormo di campanacci che, pesano sulla schiena del recitante e lo costringono ad un’andatura curva: il passo durante il cammino per le strade del paese, è lento e cadenzato secondo criteri stabiliti. I mamuthones si sfilano su due file parallele, dando un colpo di spalla per scrollare tutta la sonagliera, dando un clangore particolarissimo. Gli Issohadores sono invece vestiti con sembianze più umane (e la loro origine è forse più recente): hanno una maschera bianca che spezza il corpetto rosso. Il loro compito è di gettare il laccio (la “soha“) e catturare i mamuthones.

La vestizione:

  • Gli Issohadores – indossano sul busto, alla base, una camicia bianca di lino, sopra una giubba rossa, quindi uno scialle femminile ricamato. A tracolla portano collane di sonagli in ottone (o in bronzo); alle gambe calzoni bianchi di tela e ai piedi delle ghette d’orbace sas cartzascome, copri scarpa in cui vengono infilati i calzoni; alcuni potano una maschera antropomorfa bianca o in legno. In testa hanno un cappello, sa berritta sostenuta da un fazzoletto colorato annodato sotto il mento.
  • I mamuthones – portano indosso una casacca di pelle di pecora sas peddhes, sopra un abito di velluto su belludu, mentre sulla schiena “sa carriga”, una giubbiera in cuoio di 30 kg a cui sono attaccati sonanti campanacci (“sos sonazzos”), mentre al collo portano altre campanelle. Sulla faccia invece portano la conosciutissima maschera nera, fatta in legno d’ontano o di pero selvatico, che raffigura un’espressione sofferente e impassibile.

LA SFILATA
Il carnevale di Mamoiada non consiste nella classica sfilata di maschere e costumi, bensì nella riproposizione di un rituale che richiama il più possibile la tradizione tramandata di generazione in generazione, rispettando gesti e comportamenti fatti conoscere dai più grandi ai più piccoli. I rituali cominciano alle 16, ma le porte dell’associazione Atzeni- Beccoi rimangono ancora chiuse per un’ora, fino quando il rito della vestizione è terminato: un gesto privato ed eseguito dai soli mascheranti, senza la presenza di fotografi o telecamere. Alle 17 il gruppo fa la sua comparsa nella piazza centrale del paese, con il passaggio dei Mamuthones che sfilano in due file parallele, ordinati come in una processione, in gruppi di dodici ( rappresentano i mesi dell’anno) a due file, guidati dagli Issohadores che invece sfilano in gruppi di otto (a volte anche di più) fiancheggiando i primi. Il ritmo della danza è dato dagli Issohadores e il significato è la riproduzione della transumanza dai monti alla pianura alla ricerca dei pascoli alla fine dell’inverno: i mandriani (gli Issohadores) badano gli animali (i Mamuthones) durante il tragitto lanciando le classiche funi (soha) per acchiapparli quando non ubbidiscono: nel carnevale questo gesto è in parte sostituito dal lancio per catturare qualcuno degli spettatori, soprattutto giovani donne (in segno di auspicio) o amici e parenti che per liberarsi dovranno offrire da bere. La danza eseguita dai mascheranti (mamuthones e issohadores) ha passi di notevole difficoltà che devono essere imparati da bambini: i mamuthones camminano sobbalzando in maniera ritmica, ossessiva, facendo suonare vigorosamente i campanacci che hanno addosso. Il suono è molto forte, non certo soave, quasi eccessivo e privo di melodia. Lo scopo di questo gesto è di far allontanare il maligno. Siamo infatti alla fine dell’inverno, alle porte di una primavera che misteriosamente riapre il ciclo della vita.

Tag: BarbagiaCarnevali della SardegnaCulturaMamoiadaProvincia di NuoroStoria della Sardegna
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