La mela è uno dei frutti più presenti nell’alimentazione dell’uomo sin dalla preistoria. Originaria dell’Asia Centrale (Kazakhstan) veniva coltivata già nel Neolitico (6000-3500 a. C.).
Con la diffusione dei commerci transcontinentali poi, la mela è arrivata in Europa.
Durante il Medioevo monaci e contadini già avevano moltiplicato le varità del frutto e in Età Moderna la diffusione del frutto arrivà in America, in Australia e in Nuova Zelanda.
Caratteristiche del melo selvatico
Il melo elvatico è definito come uno dei principali progenitori di tutte le specie coltivate. Utilizzato come portainnesto, ha un legno compatto, duro che ben si presta alla tornitura. Ottimo anche come combustibile.
L’ibridazione del melo
L’ibridazione del melo è stato un processo abbastanza rapido rispetto ad altri fenomeni agronomici simili, a cui ha contribuito non solo l’uomo, che ha introdotto l’innesto solo in epoche successive quando la pianta si era diffusa abbondantemente grazie alla megafauna della preistoria la quale, cibandosi dei grandi frutti, attraverso la digestione, ha fatto sì che il seme del melo potesse disperdersi nell’ambiente anche lungo grandi estensioni.
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Sette mila varietà di mele
Attualmente (2024), esistono in commercio oltre 7 mila varietà di mela. Queste varianti tuttavia derivano sempre da quattro antiche varietà che entrarono in Europa con i commerci da e verso l’Asia lungo l’antica Via della Seta.
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Alberi da frutto della famiglia del melo
Il melo appartiene alla famiglia delle Rosaceae, di cui fanno parte vari altri alberi da frutto come ad esempio: ciliegi, peri, peschi, nespoli, mandorli, cotogni, albicocchi, prugni, lamponi, fragarie (fragole), rovi (le more).
Frutti grandi e piccoli
Le mele, le pere, le pesche e gli altri frutti di grandi dimensioni, si sono diffusi nell’ambiente – tra gli altri motivi – grazie al fatto che gli animali di grosse dimensioni se ne sono cibati e hanno contribuito a disperderne i semi.
Ciliegie, more, lamponi e fragole invece, essendo frutti di dimensioni minori, sono cibo principalmente per gli uccelli che, anch’essi, hanno contribuito come vettori a diffonderne i semi al termine della digestione.
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Popolazioni isolate durante la glaciazione
Fino al termine dell’ultima glaciazione, 12.500 anni fa, la diffusione del melo attraverso l’alimentazione (specialmente orsi e cervi) è rimasta circoscritta solo alle aree in cui gli animali potevano sopravvivere.
Queste aree non erano continue, perchè intervallate da zone maggiormente interessate dai ghiacci. Le popolazioni di meli sono dunque rimaste isolate tra loro fino a quando gli esseri umani non li hanno definitivamente inseriti nel loro fabbisogno alimentare.
Api e insetti contribuiscono alla diffusione delle varietà
L’ibridazione del melo, in epoca precommerciale, è stato un processo involontario. Prima di tutto grazie al contributo delle api e degli altri insetti impollinatori che, attraverso le loro operazioni di bottinazione hanno messo in contatto varità diverse. In secondo luogo, l’essere umano, quando ancora non aveva concepito il commercio, ha cominciato a preferire gli alberi più produttivi e grandi, quindi, con l’introduzione dell’innesto è stato dato il via alla nascita di nuove piante volute esplicitamente dell’uomo. Era l’epoca dell’agricoltura.