In Sardegna, durante gli anni ’20 e ’30 del secolo scorso, il regime fascista fondò tre nuove città, curiosamente tutte sulla porzione occidentale dell’isola: Carbonia, Arborea e Fertilia.
Lo scopo era di rispondere alle nuove esigenze politiche, economiche e abitative del regime instauratosi alla guida dell’Italia.
La creazione di questi centri, chiamati “città di fondazione”, divenne l’autentica celebrazione di nuovi stili architettonici e urbanistici che genericamente possono essere racchiusi nel termine “razionalismo” il quale, tuttavia, all’atto realizzativo, si tradusse in un’integrazione con altri stili allora in voga, come il macchinismo futurista di Flavio Scano della odierna città di Arborea (a quel tempo battezzata “Mussolinia”) o dell’incontro tra il neomedievalismo eclettico di Carlo Avanzini col razionalismo puro di Giovanni Battista Ceas.
Arborea fu di fatto la prima città di fondazione italiana del periodo fascista. Inaugurata nel 1928, la città fece da apri pista al più vasto fenomeno delle bonifiche integrali che sarebbero state estese fino al 1936 un po’ ovunque sul territorio dell’ “Impero”.
PIU’ BORGATE E MENO CENTRI URBANI
I nuovi insediamenti del periodo fascista non sempre si svilupparono in centri urbani veri e propri. Nella maggior parte dei casi rimasero (e questa era la filosofia costruttiva fortemente sostenuta dallo stesso Mussolini) piccoli agglomerati di marcato carattere rurale, detti più gergalmente “aree d’insediamento agricolo sparso”, che prevedevano la costruzione di case rurali poste direttamente sull’appezzamento agricolo assegnato alla famiglia colonica, come fu proprio in Sardegna il caso di Castiadas (Leggi qui). Tale soluzione prevedeva che l’insieme abitativo non doveva costituire un centro di aggregazione residenziale, bensì un luogo di lavoro permanente, dove trovava spazio giusto la presenza di edifici pubblici e religiosi essenziali, come la chiesa, la casa del fascio, l’ ambulatorio, a volte il municipio, la caserma della milizia e le scuola, ma anche servizi di base come il consorzio agrario, lo spaccio, il barbiere e la locanda. Tutte queste realtà di socializzazione organizzata si dovevano manifestare intorno ad una piazza o ad un asse viario centrale, così da amplificare l’effetto (artificioso) comunitario che era fondamentale per la dittatura al fine di controllare meglio le masse periferiche della popolazione.
L’insediamento residenziale invece, era riservato solo a specifiche aree del paese, come fu sempre in Sardegna il caso di Carbonia (Leggi qui), che prevedeva coperture territoriali di maggiori dimensioni in previsione della realizzazione di un centro urbano intensivo, separato dalla campagna, con sede di attività economiche, di luoghi di aggregazione più ampi, nonché di concentrazione e di interrelazione tra funzioni amministrative centrali ed istituzioni locali.
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LA CITTA’ DI FONDAZIONE
La definizione di “città di fondazione” rimane generica e non può essere concettualmente applicata a tutte le tipologie insediative realizzate ex novo dal Fascismo in quegli anni. Quasi ovunque comunque, l’obiettivo, era lo stesso: seguire un programma di pianificazione territoriale ed agricola di ampia scala detta “bonifica integrale” che prevedeva il risanamento idrico o il disboscamento di aree vaste; la suddivisione del territorio in appezzamenti e l’infrastrutturazione del territorio.
Fecero eccezione alcune città fondate nel Lazio, come Littoria (oggi Latina), poste all’interno di una vasta area d’insediamento, l’Agro Pontino, che necessitava di servizi di maggior scala ed altre in Sardegna, come Carbonia, sorte per finalità diverse da quelle agricole.
I PRESUPPOSTI IDEOLOGICI ALLE CITTÀ DI FONDAZIONE
La spinta motivazionale che fu alla base della realizzazione di queste importanti opere pubbliche fu per il fascismo la rispondenza diretta ad alcuni pilastri della sua ideologia, in particolare per ciò che riguardava le istanze antimodernistiche e antiurbanistiche che caratterizzavano una parte del movimento divenuto forza politica autoritaria. Si volevano quindi realizzare dei piccoli centri rurali (tranne Carbonia che invece fu un centro minerario) nell’ottica di un “ritorno alla terra” e alla “civiltà contadina“, da preferire, secondo l’ideologia fascista, alla grande urbanizzazione.
Lo stesso Mussolini si dichiarò favorevole a questa applicazione già nel 1927 in occasione del “Discorso dell’Ascensione” – pronunciato in parlamento – che pose l’accento sulla “deriva” nella crescita urbana massificata e nell’inurbamento del proletariato, nonché sul freno che bisognava tirare sullo spopolamento delle campagne. Sullo sfondo c’era il voler mettere in atto una terapia d’urto contro la denatalità , autentico incubo del fascismo che aveva mire espansionistiche internazionali, nella convinzione che l’Italia potesse anch’essa diventare una potenza coloniale, seppur con un ritardo secolare rispetto agli altri paesi europei e forze economiche e politico-internazionali ormai ridotte a periferia del continente. All’atto pratico dunque, con la creazione della città di fondazione, si volevano creare nuove possibilità di sfruttamento agricolo attraverso la fondazione di una classe sociale formata da piccoli proprietari agricoli (mezzadri).
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CASTIADAS: strada principale della frazione agricola di Castiadas. Evidente la scelta di tracciare innestare strade laterali a 90 gradi sulla via principale.
- FERTILIA: tipica costruzione razionalista di epoca fascista
- ARBOREA: Centro storico
- CARBONIA: centro storico