Il distacco yogico è l’aspetto dello yoga più difficile da comprendere e da mettere in pratica. Per attuarlo è infatti necessario raggiungere un livello di consapevolezza molto alto e questo succede solo attraverso la pratica constante e intensa dello yoga nonché alla conduzione di uno stile di vita in linea coi valori yogici e con lo spirito meditativo.
Il distacco yogico non è altro che il pensiero sul “non pensiero”, ovvero l’isolamento dai disturbi esterni e interni che affollano la mente. La concentrazione deve essere sul nulla.
DALL’INDIA LA MEDITAZIONE UNIVERSALE
È chiaro che il raggiungimento di questo stato comporta una capacità di controllo mentale del cervello che è tanto più elevata quanto maggiore è il tempo che si passa a “pensare al nulla” e quanto intenso e concentrato su se stessi è questo pensiero. Noi sappiamo infatti che il cervello umano è l’organo del corpo umano predisposto naturalmente all’azione del pensiero. Ciò significa che, per natura, il cervello “pensa“. Così come il cuore, per natura “pulsa”. Praticare yoga significa letteralmente esercitarsi – attraverso le posizioni (le asana), quindi attraverso il rapporto che stabiliamo tra il nostro corpo (quindi noi stessi) e l’ambiente esterno – a controllare il cervello e disciplinarlo secondo la nostra volontà cosciente e consapevole per fare ciò che vogliamo. E nello yoga questo processo si raggiunge esercitandosi a non pensare; esercitandosi a “svuotare la mente”; esercitandosi a “staccare l’io dal condizionamento esterno”. In questo senso dunque lo yoga non è solo una delle tecniche meditative più conosciute e praticate, ma è anche una delle più efficaci che siano mai comparse nella storia del tecniche meditative, perché attinge ad un bagaglio esperienziale millenario che, in questo caso, affonda nell’interfacciamento degli antichi indiani con la natura, propria, e quella del mondo. Il suo valore è poi stato definitivamente riconosciuto dalla scienze sperimentale che ha certificato, dati alla mano, che la pratica yoga è una pratica meditativa efficace per la crescita personale dell’individuo.
LA DISTORSIONE DELLA PRATICA YOGA NEL CONSUMISMO DELLO SPORT DI MASSA
In una società consumistica e globalizzata come quella odierna, lo yoga non ha potuto, nonostante la sua base salda nella cultura millenaria indiana, evitare le interpretazioni distorsive proprie della diffusione massificata di questa pratica. Quando, a metà del ‘900, venivano aperti i primi centri yoga negli Stati Uniti sulla scia del trasferimento di molti maestri indiani nel nuovo continente, lo yoga si è fatto conoscere definitivamente al mondo occidentale. Prima di questo passaggio solo i viaggiatori d’Oriente andavano in contatto con l’esistenza di questa prativa ma, con l’introduzione dell’insegnamento accademico nelle città americane, l’interpretazione dello yoga ha rischiato di finire in mezzo al tritacarne della mercificazione dell’attività fisica tipica di molti centri sportivi odierni. Ma lo yoga non è una azione meccanica con finalità estetiche per solleticare il disturbo narcisistico del praticante. Lo yoga è prendersi cura di se stessi e imparare a volersi bene, cercando di uscire sani e salvi dal fiume impetuoso del condizionamento esterno. Ecco perché, molto spesso – oggi – la non conoscenza della pratica yoga porta ad associare una seduta di yoga al “non far niente“. Ma se è vero che lo yoga è uno “stacco consapevole”, è anche vero che il riposo yogico è il riposo operativo per eccellenza perché, durante l’esecuzione delle asana, la mente lavora per concentrarsi sul nulla, sul vuoto più assoluto. Lo yoga dunque è un processo di canalizzazione delle proprie energie verso accezioni positive, costruttive, chiare, eticamente e spiritualmente (per chi si spinge alla trascendenza) elevate. La pratica corretta dello yoga aiuta dunque l’essere umano a staccarsi dalla pigrizia dell’ignoranza, dall’ansia della frenesia, dalla turbolenza della società competitiva e alienata dai bisogni umani.
LO YOGA È PER TUTTI MA NON DA TUTTI
La pratica dello yoga è teoricamente aperta a tutti perché richiede una sola cosa: la volontà consapevole di scegliere la direzione della propria vita. Non sono pertanto richieste abilità atletiche e/o capacità meditative da guru, ma solo l’umile accettazione della condizione di partenza e la volontà consapevole di intraprendere il cammino. Senza aspettative e senza ansia da risultato, solo per il piacere immenso del gesto.