Il classico piatto della cucina pastorale sarda, noto come il “porcetto sardo” sta vivendo in questi anni uno dei momenti più difficili della sua storia.
Le normative igienico sanitarie, imposte dall’Unione Europea, che in parte sono un adeguamento alle nuove conoscenze in materia di protezione della salute e in parte sono pilotate dalle industrie multinazionali alimentari che gestiscono il business mondiale dell’alimentazione umana, impongono a paesi membri disciplinari in linea con moderni (e spesso discussi) parametri di qualità, e, a livello locale, condizionano la commerciabilità di questa importante risorsa della gastronomia sarda.
La peste suina, emergenza sanitaria o ostruzionismo commerciale?
La lotta alla peste suina che bandisce definitivamente l’allevamento dei maiali a pascolo brado, l’introduzione sul mercato di prodotti contraffatti, e, non ultimo, il divieto al porcetto sardo di presentarsi per tanti anni al di fuori dei mercati regionali, hanno indebolito la linea di produzione del più noto piatto della cucina sarda. Molti allevatori non hanno retto la rigidità della restrizione e hanno chiuso l’attività.
Nel 2023 si contano in Sardegna 164.000 maiali da allevamento e 12.900 aziende attive nel settore.
La normativa di restrizione
L’11 novembre del 2011 alla Sardegna è stata vietata, con apposito provvedimento comunitario, l’esportazione di suini vivi o macellati fuori dai propri confini. La peste suina, comparsa nell’isola nel 1978 probabilmente a seguito di un inquinamento della filiera con prodotti di scarto provenienti dalla Spagna, ha determinato una perdita del valore commerciale del porcetto sardo sopratutto nel territorio extraisolano (Italia continentale e territorio comunitario in genere). Le limitazioni mirarono a vietare anche la macellazione e la lavorazione delle relative carni lavorate in Sardegna.
La specificità territoriale del porcetto sardo
La peculiarità del porcetto sardo sta in tre fattori che sono l’identità del prodotto, frutto di una tradizione secolare tramandata da generazioni di allevatori sardi:
- Allevamento del maiale in un pascolo semibrado, quindi con una libertà di movimento entro un areale di diversi ettari, con a disposizione tutto ciò che un bosco sardo in condizioni ambientali uniche può offrire.
- Macellazione seguendo protocolli di lavoro in parte provenienti dalla antica tradizione agropastorale sarda, unica nel suo genere.
- Scelta di un maialino da latte del peso compreso tra 4 e 5 chilogrammi
- Una lenta procedura di cottura, rigorosamente davanti ad un fuoco vivo, con le parti dell’animale opportunamente frazionate, messe allo spiedo su graticole apposite e aromatizzate con erbe locale tipo mirto o rosmarino.
- Insaporimento finale con sale e gocce di grasso ricavate dal lardo stesso del maiale spennellate sulla crosta a fine cottura per fornire croccantezza e doratura finale.
Cosa è il porcetto sardo
Su proceddu o “porceddu”, è il maialino sardo da latte che pesa al massimo 5 chili e ha un’età che non supera i venti giorni. Il porcetto sardo è dunque il piccolo suino di razza sarda, allevato da secoli in Sardegna e riconosciuto ufficialmente come razza autoctona nazionale (identificazione arrivata solo nel 2006 grazie all’attività del Dipartimento per la ricerca nelle produzioni animali dell’Agenzia Agris-Sardegna).
Il maiale sardo
è una razza autoctona
L’allevamento del maiale in Sardegna
Le caratteristiche peculiari della razza e delle carni, sono dovute all’aspetto fisico, geografico, socio-culturale e antropologico del territorio (fonte: Sardegna Agricoltura), in cui questi animali sono allevati e che distinguono nettamente il porcetto sardo dagli altri maiali di altre regioni.
Il porcetto sardo è infatti allevato principalmente all’aperto, e ciò crea il pregiudizio che compromette la commerciabilità del prodotto. Nonostante i continui attacchi all’immagine di questo piatto, simbolo della Sardegna, i trasformatori hanno continuato a credere sulla validità della loro proposta, e il mercato ha sempre dato risposte più che lusinghiere (tanto che il porcetto sardo è entrato nella lista dei prodotti italiani più contraffatti).
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Il porcetto sardo rimanga unico
Osservando il fenomeno da un altro lato, è piuttosto evidente che il porcetto sardo, non ha resistito all’impatto col mercato globale, che richiede ritmi di produzione insostenibili per un prodotto tipico, tanto che la vendita, spesso, risente della scarsa disponibilità di animale da macellare (falla in cui si sono comodamente inserite di buon grado le contraffazioni). Oggi, la maggiore contestazione che si fa all’allevamento sardo del suino è la carenza di nozioni riguardo le prestazioni produttive e i costi di produzione. La realtà è che però un prodotto tipico non può (e non deve, pena la sua scomparsa) diventare un prodotto globale. Qualità e quantità non possono andare di pari passo nel settore gastronomico.