La Tv del Dolore è un genere televisivo che, basandosi sull’uso della violenza come elemento principale degli argomenti trattati, ha registrato negli ultimi venti anni un’ascesa al successo senza precedenti. La spettacolarizzazione della violenza tuttavia è una tecnica di intrattenimento utilizzata sin dall’antichità dal sistema di potere politico per garantirsi indirettamente il consenso e consolidare la propria condizione di comando.
DAL COLOSSEO ALLA TV
“Panem et circenses” è la locuzione con cui il poeta satirico Giovenale intendeva ironizzare sulle condizioni di ignoranza in cui venivano tenute le plebi dai dittatori romani. Garantendole cibo e svago, era infatti possibile assoggettarle alle proprie volontà politiche perché la condizione di agiatezza prodotta dal soddisfacimento contemporaneo di un bisogno primario (alimentazione) e di uno secondario (intrattenimento) impediva loro di avere tempo, energie e volontà di occuparsi consapevolmente della propria sorte.
In questo modo potevano essere messe in campo di chi deteneva il potere ruberie pubbliche, trasformismi politici, nuove guerre, dirottamenti di risorse da un gruppo di potere ad un altro. Tutto ciò senza che la plebe (oggi si direbbe più genericamente la “massa”) se ne rendesse conto e potesse mettere in atto azioni di disturbo come manifestazioni, proteste, ribellioni o atti di violenza.
Chi gestiva le redini del potere economico e politico dell’antica capitale poteva quindi garantirsi una certa continuità d’esercizio. Se infatti ai sudditi fosse mancato il cibo o il divertimento, essi avrebbero avuto “di che pensare” e quindi riflettere sulla loro condizione di subalterni e sfruttati,
All’epoca di Giovenale, chi governava aveva imparato a modulare elargizioni economiche, distribuzioni di grano e organizzazione di spettacoli pubblici (i “circenses” appunto) con la garanzia di avere indietro il consenso popolare necessario a mantenere lo stato di potere.
I “circenses” a cui si riferiva Giovenale erano le lotte dei gladiatori, i combattimenti tra e con animali, le corse dei carri tirati dai cavalli. Tutte forme di intrattenimento che mettevano al centro la spettacolarizzazione della violenza
IL CIRCENSES CONTEMPORANEO: LA TV DEL DOLORE
In epoca contemporanea la spettacolarizzazione della violenza viene utilizzata dai mass media per conquistare nuovi spettatori da trasformare in fedeli consumatori di genere. Ad utilizzare la violenza come fulcro attrattivo delle principali forme di intrattenimento mediatico sono diversi generi e diversi canali:
- Piattaforme internet: con un accesso illimitato a immagini e filmati provenienti da tutto il mondo e trasmessi senza filtri in siti internet specializzati o generalisti (You Tube, Facebook);
- Produzioni cinematografiche: con particolare riferimento a generi di importazione americani che attraverso l’uso della violenza con morti ammazzati, scene di strazio e di dolore, combattimenti hanno riempito, dagli anni ’70, le trame di film più conosciuti dal grande pubblico (Rambo, Predator, Pulp Fiction, Arancia Meccanica, Platoon… solo per citarne alcuni divenuti storici del genere).
- Programmi televisivi presenti nei palinsesti italiani ormai da decenni, quali ad esempio: “L’Italia in diretta”, “Pomeriggio Cinque”, “Chi l’ha visto?”, “Quarto grado”, “Detto fatto”, “Non è l’Arena”.
- Telegiornali con le dirette sugli avvenimenti bellici internazionali (Guerra del Golfo, Primavere arabe, invasione dell’Ucraina da parte della Russia) e le ricostruzioni crude e realistiche attraverso riprese video senza filtri.
IL GRANDE CONSUMO DI CRONACA NERA E GIUDIZIARIA
Gli italiani sono molto interessati ai fatti di cronaca nera e di cronaca giudiziaria. Le iniziative editoriali che trattano questi argomenti hanno un grande successo di pubblico, al punto che registrano fatturati da indotto pubblicitario, simile ai programmi sportivi.
In queste produzioni le vittime sono il punto di partenza delle narrazioni, a cui si aggiungono particolari delle dinamiche, degli eventi, retrospettive psicologiche di protagonisti, testimoni e passanti. Nella televisione italiana quasi tutte le grandi reti generaliste riempiono i loro palinsesti pomeridiani e serali con programmi che trattano argomenti in cui la violenza è l’argomento principale: dietro alla necessità di informare sui fatti nudi e crudi, si nasconde infatti la doppia morale di spettacolarizzare il dolore per fini commerciali: vendere fasce d’orario alle grandi aziende che fanno pubblicità in quei canali. Si tratta a conti fatti di quasi tre ore al giorno di telecronache e resoconti in cui il dolore entra nella casa del telespettatore, lo attira, lo suggestiona e lo trasforma in fedele consumatore di quel programma.
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ANNEBBIARE LE RIFLESSIONI
Ovviamente, questa overdose di violenza, non viene registrata dal cervello umano senza conseguenze. Tale quantità di informazioni che stimolano l’attenzione del telespettatore porta ad uno stato di assuefazione che danneggia il principale meccanismo di difesa dalla violenza: la riflessione. Annebbiando le capacità riflessive infatti è possibile far si che le persone si liberino degli istinti repressi e, in quelle più fragili e suggestionabili, innescano un processo di emulazione che aumenta per ricaduta la moltiplicazione della violenza nella società.