Il “pistiddu” è il dolce, unico nel suo genere, che fa parte del patrimonio culinario dorgalese. Si tratta di due sfoglie di pasta frolla (detta “pasta de tzambella“) o di semola con strutto (la”pasta suitta“), messe l’una sull’altra e in mezzo ad esse viene spalmata una marmellata di vincotto e scorza di arance. Il nome del dolce deriva proprio dal ripieno, denominato in sardo “su pistiddu.
UNA PREPARAZIONE TRADIZIONALE
La preparazione di questo dolce è particolarmente laboriosa e richiede maestranze domestiche che si possono trovare tra le mani laboriose delle donne dorgalesi, oppure presso le migliori pasticcerie del posto che hanno recuperato la tecnica e le materie prime della tradizione. Il dolce si completa anche di una cura estetica tutt’altro che secondaria, come la forma circolare a perimetro spezzettato che dà al dolce una praticità di consumo tutt’altro che secondaria al giorno d’oggi quando si parla di “snack” (“spuntino” in italiano). Le decorazioni floreali o geometriche che si trovano sulla parte superiore della forma di pistiddu riprendono le rappresentazioni grafiche della tradizione dorgalese.
DOLCE D’INVERNO E UN BICCHIERE DI VINO
In occasione delle feste di Sant’Antonio Abate (17 gennaio) e di San Sebastiano (19 gennaio), il “priore” (l’organizzatore) incarica alcune donne del vicinato o della immediata parentela di “fare in casa” alcune forme di pistiddu, perché sarà questo il dolce principale da servire il “giorno del fuoco” a tutti gli invitati, assieme a un buon bicchiere di vino cannonau, possibilmente proveniente anch’esso da una produzione domestica.
DISTINGUERSI DAGLI ALTRI
Vino e pistiddu sono infatti la carta di identità dell’organizzatore della festa del fuoco rispetto a ciò che producono le altre famiglie e, non ultimo, sono strumenti “marcatori” rispetto alla produzione gastronomica commerciale.
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