Eccidio di Buggerru : quando l’esercito sparò sui minatori in sciopero
Il 4 settembre 1904, a Buggerru, presso gli impianti minerari della società francese “Société des Mines de Malfidano”, si consumò una delle pagine più tragiche della storia del lavoro in Sardegna e in Italia. Oltre duemila minatori, stremati dalle durissime condizioni lavorative e da un trattamento economico iniquo, si ribellarono contro l’azienda. In risposta, il governo inviò l’esercito per sedare la protesta. Al loro arrivo, i militari vennero bersagliati da una fitta sassaiola, ma la reazione fu sproporzionata: aprirono il fuoco sui lavoratori, uccidendone due sul colpo (un terzo morirà poco dopo) e ferendone tredici. Questo evento, noto come eccidio di Buggerru, rappresenta il primo caso in Italia in cui l’esercito aprì il fuoco su operai in sciopero, segnando un punto di non ritorno nella storia del movimento operaio e anticipando la nascita della coscienza sindacale nazionale.
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📜 Cronologia delle rivolte sociali in Sardegna
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- 1820 – Editto delle Chiudende
Promulgato dai Savoia, consente la recinzione delle terre comuni, privando le classi più povere del libero uso delle terre per pastorizia e agricoltura.
- 1820 – Editto delle Chiudende
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- 1868 – Rivolta de Su Connottu (Nuoro)
Ribellione popolare contro l’applicazione dell’Editto. I barbaricini rifiutano il “diritto nuovo” e si oppongono all’esproprio delle terre comuni.
- 1868 – Rivolta de Su Connottu (Nuoro)
- 1904 – Rivolta di Buggerru
Oltre 2.000 minatori protestano contro le durissime condizioni di lavoro nella miniera di Malfidano. L’esercito apre il fuoco: tre morti e tredici feriti.
Le proteste testimoniano un lungo processo di esclusione e sfruttamento delle classi popolari sarde tra Ottocento e Novecento.

Dalla rivolta de Su Connottu alla strage di Buggerru
La protesta di Buggerru del 1904 non fu un episodio isolato, ma l’ultimo anello di una lunga catena di rivendicazioni sociali e popolari che in Sardegna avevano già avuto espressioni violente decenni prima. Tra queste, una delle più emblematiche fu la Rivolta de Su Connottu, scoppiata a Nuoro nel 1868. In quell’occasione, i barbaricini si sollevarono contro gli effetti dell’Editto delle Chiudende (1820), che legalizzava la recinzione delle terre comuni e assegnava il possesso esclusivo ai nuovi proprietari, in gran parte appartenenti al ceto medio emergente.
Questo provvedimento, sebbene allineasse la Sardegna alle riforme agrarie già in vigore nella penisola e in Europa, fu percepito come un atto di esproprio ai danni delle classi popolari, che per secoli avevano usufruito collettivamente di quelle terre per la pastorizia e l’agricoltura. Ne seguì un forte malcontento che sfociò in rivolte contro le autorità e le forze dell’ordine.
A distanza di oltre trent’anni, quel senso di esclusione sociale ed economica era ancora vivo nelle nuove classi proletarie sarde, questa volta non più legate alla terra, ma impiegate nelle miniere e nell’industria. Anche a Buggerru, come a Nuoro, le motivazioni erano chiare: sfruttamento del lavoro, assenza di tutele, mancanza di prospettive. Le classi subalterne, in entrambi i casi, lottavano per la dignità e il diritto a un futuro migliore.

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Sfruttamento schiavistico nelle miniere di Buggerru
A Buggerru, come in molte altre miniere sarde del primo Novecento, le condizioni lavorative dei minatori erano disumane. Gli orari di lavoro erano estenuanti, incompatibili con una vita sana, e le misure di sicurezza pressoché inesistenti. L’obiettivo delle aziende era massimizzare la produttività, accelerando i tempi di estrazione anche a costo di esporre i lavoratori a rischi gravi per la loro salute e incolumità. Incidenti invalidanti e mortali erano purtroppo frequenti.
Il trattamento economico era misero, del tutto sproporzionato alla fatica e al pericolo quotidiano. Di fronte a questa situazione, i minatori tentarono di reagire organizzandosi in strutture sindacali: tra queste, la Lega di Resistenza di Buggerru, che in breve tempo superò le 4.000 adesioni.
Fu proprio grazie all’azione della Lega che i lavoratori riuscirono a promuovere scioperi e manifestazioni, capaci di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica, delle autorità regionali e persino dei vertici aziendali.
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La verità parziale dello Stato: la commissione parlamentare guidata da Quintino Sella
Le condizioni di sfruttamento nelle miniere sarde erano talmente gravi da indurre lo Stato italiano a istituire, nel 1869, una commissione parlamentare d’inchiesta. A presiederla fu Quintino Sella, ingegnere minerario e deputato, affiancato da Eugenio Marchese, già direttore del distretto minerario della Sardegna. L’indagine mise in evidenza la drammatica condizione dei lavoratori delle miniere e dell’industria sarda, denunciando in particolare la disparità rispetto ai colleghi del resto d’Italia.
Tuttavia, si trattò di una verità solo parziale: la commissione escluse completamente il comparto agro-pastorale, ignorando di fatto la condizione della maggior parte della popolazione rurale dell’isola, anch’essa vessata da miseria e sfruttamento.
La tensione sociale a Buggerru esplose definitivamente nel 1904, quando, il 7 maggio, un incidente in miniera causò la morte di quattro operai. La rabbia dei minatori, già esasperati, crebbe ulteriormente il 2 settembre, quando la direzione comunicò con una circolare ufficiale la riduzione della pausa pranzo.
Due giorni dopo, la protesta raggiunse il culmine. L’azienda chiese l’intervento dell’esercito. I soldati vennero accolti da una sassaiola tra gli stessi lavoratori, divisi tra chi accettava di collaborare e chi si rifiutava. Fu questo gesto a scatenare la tragica risposta armata da parte dei militari.
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Dall’eccidio di Buggerru allo sciopero generale del 1904
L’eccidio di Buggerru, avvenuto il 4 settembre 1904, segnò una svolta nella storia del movimento operaio italiano. Nonostante la limitata diffusione dei mezzi di comunicazione dell’epoca, la notizia delle tre vittime tra i minatori raggiunse rapidamente le Camere del Lavoro del nord Italia, suscitando indignazione e una reazione senza precedenti.
L’11 settembre, la Camera del Lavoro di Milano proclamò uno sciopero generale nazionale in segno di protesta. La risposta delle istituzioni fu ancora una volta violenta: il 14 settembre a Castelluzzo (Trapani) i carabinieri aprirono il fuoco sui contadini che manifestavano contro lo scioglimento forzato di un’assemblea sindacale, aggravando ulteriormente la tensione sociale.
Fu così che, per la prima volta nella storia italiana, dal 16 al 21 settembre 1904 si tenne un sciopero generale su scala nazionale, che coinvolse operai, minatori, contadini e lavoratori di diversi settori produttivi. Il sacrificio dei lavoratori sardi, e in particolare di quelli di Buggerru, divenne un simbolo della lotta per i diritti sindacali e per la dignità del lavoro.
