Su Romanzesu (toponimo romano) è il più importante complesso archeologico del territorio comunale di Bitti e si trova sull’altopiano granitico di Sa Serra, in località “Poddi Arvu“, al centro di una rigogliosa foresta di sughere.
L’area si estende su sette ettari di villaggio nuragico che ebbe il suo splendore in piena Età del Bronzo quando, questa zona della Sardegna, a pochi passi dalla sorgente del Tirso, (il fiume più lungo della Sardegna) era ben frequentata dalle popolazioni dell’interno.
Su Romanzesu è composto da:
- Un pozzo sacro
- Un centinaio di capanne
- Due templi a megaron
- Un tempio rettangolare
- Un anfiteatro ellittico a gradoni
- Un labirinto
La rovinosa scoperta del Taramelli
Fino al I° e al II° secolo d.C. le aree di Olusthes, “Sa Pathata” e “Juanne Pala”, furono occupate saldamente dai romani che costruirono delle fattorie (le “mansiones”). Ciò determinò per lunghi secoli un disconoscimento dell’identità nuragica dei luoghi, al punto che, solo nel 1919, l’archeologo Antonio Taramelli, scoprì per caso il pozzo sacro mentre effettuava dei lavori di ricerca dell’acqua. Un intervento che fu distruttivo per la tracciabilità complessiva del sito. L’intervento infatti, distrusse la scala trapezoidale che portava al pozzo; poi – con gli scavi successivi effettuati in nuove campagne – venne deviata l’acqua sorgiva ad un abbeveratoio e, infine, nel 1950, i tubi in ceramica originari, furono sostituiti da una canale granitico che coprì parzialmente le antiche scritture.
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Il pozzo sacro
Il pozzo sacro (XIII-IX secolo a.C.) rappresentava il cuore pulsante del complesso e la principale area pubblica dell’abitato. Esso si trovava (e si trova tuttora) al centro del villaggio ed è composto da alcuni filari in granito che disegnano una struttura a tholos. Le mura poggiano direttamente sulla roccia della sorgente, mentre, il vano del pozzo, si completa di una panchina che presumibilmente in origine seguiva tutta la circolarità attorno alla sorgente.
In questo punto si svolgevano le principali cerimonie di culto dell’acqua, non a caso, proprio nei pressi, sono stati rinvenuti tre betili in granito che simboleggiavano la divinità . La sorgente, è probabile che, inizialmente, fosse usata solo per l’approvvigionamento idrico.
L’anfiteatro
L’anfiteatro de Su Romanzesu era praticamente il punto di raccolta dell’acqua che arrivava direttamente dal pozzo attraverso un apposito canalone di 42 metri. Il liquido sacro riempiva il grande vascone circolare fino ad un’altezza di 1,60 metri. Attorno si trovavano le tribune, composte da comodi gradoni dove si sedevano le genti del villaggio.
Il tribunale
In questo anfiteatro si svolgevano numerosi rituali, compresi quelli per l’ordalia dell’acqua, l’antica pratica giuridica che stabiliva l’innocenza o la colpevolezza dell’accusato per reati contro la proprietà: se egli superava alcune dolorose prove senza subire danni importanti era la prova che Dio lo aveva aiutato perché realmente innocente. Diversamente la condanna a morte era emanata.
Le capanne
Le capanne del villaggio de Su Romanzesu sono tutte a pianta circolare, con pavimento lastricato e sedili perimetrali, posizionati attorno al focolare posto al centro.
I templi
Durante gli scavi archeologici, gli esperti hanno riportato alla luce tre templi, due a “megaron” e uno “rettangolare propriamente detto”. Entrambi sono di fatto rettangolari, ma la prima tipologia presentava l’ingresso sul lato corto e un vestibolo che precedeva la cella; il secondo tempio aveva invece l’accesso sul lato lungo. All’interno della struttura vi era un pavimento argilloso; mura ben rifinite; una cella interna con i banconi perimetrali e una fossa circolare dove si raccoglieva l’acqua per lo svolgimento dei riti.
Visite al sito archeologico de Su Romanzesu:
- Cooperativa Istelai via Mameli, 57 Bitti. Telefono: 0784 414314
- Orari: 9 /13 e 15 / 19.
- Il prezzo del biglietto : 3,10 Euro
- Su Romanzesu su Google Map