La palazzina liberty dell’ex Acquedotto cittadino (nota come palazzina Liberty dei serbatoi) è stata recentemente restaurata e inserita tra gli edifici storici della manifestazione Monumenti Aperti della città di Sassari.
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LA LOTTA SECOLARE CONTRO LE PESTI CITTADINE
La struttura che si trova in viale Adua, è un edificio di pregio culturale, perché rappresenta uno dei momenti storici più importanti della storia di Sassari, quando venne inaugurato il “Nuovo Acquedotto” cittadino, il 5 agosto 1880. Le vicende sulla potabilizzazione dell’acqua per uso pubblico a Sassari furono piuttosto travagliate durante il 19° secolo perché s’intrecciarono con la cronica minaccia della peste e delle altre malattie infettive di origine batterica che avevano colpito duramente la popolazione sassarese sino a dimezzarla, al culmine dell’epidemia.
NIENTE ACQUA CORRENTE PER MUSSOLINI
Al momento dell’inaugurazione della palazzina di viale Adua (i lavori furono svolti dalla ditta Fumagalli) i test chimici di allora misero subito in guardia le autorità e la popolazione sul fatto che quelle acque, prelevate dal bacino del Bunnari e da alcune fonti circostanti alla città di Sassari, non erano affatto potabili. Per questo motivo per circa 20 anni le acque delle condotte sotterranee di Sassari che arrivavano in viale Adua vennero utilizzate solo per l’irrigazione dei campi fino quando, nel ventennio fascista, lo stesso Mussolini, in visita ufficiale a Sassari (Il Duce il 10 giugno 1923 inaugurò il campo sportivo de “L’Acquedotto”, sito proprio a monte di viale Adua), dopo essere stato servito da brocche d’acqua anziché da acqua corrente durante il soggiorno, ordinò l’immediata ristrutturazione dell’acquedotto di Sassari.
SETTE CHILOMETRI DI ACQUEDOTTO
All’interno dell’edificio in pregevole stile Liberty, ristrutturato nel 2009, si trovano ancora oggi gli interni dove sarebbe dovuta esserci la raccolta dell’acqua proveniente dal Bunnari, dopo circa 7 chilometri di percorso sotterraneo di cui oggi sono percorribili poco meno della metà . Si tratta di due grandi vasche di raccolta che accoglievano il prezioso liquido fino ad una profondità di 7 metri e, attraverso un sistema di canalizzazione in uscita, avrebbe convogliato l’acqua dall’area del Molino a vento al centro cittadino. La Palazzina ospitava tra gli altri le abitazioni dei custodi e alcune sale di controllo.
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