Arbatax è la frazione Tortolì che presso la penisola di Bellavista si affaccia sul Mar Tirreno. Da un punto di vista storico, l’area, grazie alla sua posizione strategica fin dal medioevo è stata individuata come porta d’ingresso dal mare dell’Ogliastra. Del resto, la grande piana di Tortolì (40 km2), riconosciuta già dai Fenici per la rigogliosa produzione agricola; il legname e i prodotti caseari provenienti dalle montagne della Barbagia e la pesca, praticata sia nello specchio di mare antistante che negli stagni di Orrì e di Tortolì, hanno avuto da sempre il principale sbocco commerciale nell’area dove oggi si trova il porto di Arbatax.
AL RIPARO DALLE “MONTAGNE PAZZE” DEL GOLFO DI OROSEI
L’abbondanza delle riserve idriche e alimentari della piana di Tortolì furono sfruttate per la prima volta in epoca prenuragica e nuragica, come dimostrano gli oltre 200 monumenti presenti nell’area, tra menhir, domus de janas, nuraghi, pozzi sacri e tombe dei giganti. Con l’ingresso della Sardegna nelle tratte commerciali dei Popoli del Mare prima e dei Fenici poi, che fondarono il primo porto commerciale permanente dove attualmente si trova Arbatax, l’area alle falde del colle Bellavista diventò lo sbocco naturale a mare dei traffici tra la Sardegna centrale e il Mediterraneo. Questo posto divenne in epoca romana Sulci Tirrenica e lo scalo raggiunse progressivamente un’importanza strategica man mano che si intensificarono gli scambi tra l’Europa e l’Africa. In particolare si andò a trovare a metà strada lungo la rotta Tunisi-Marsiglia subito prima e subito dopo i terribili Montes Insani, le “montagne pazze” come le chiamavano i romani, ovvero le falesie del Golfo di Orosei tra Baunei e Dorgali che molto spesso erano teatro di tragici naufragi.
TRA SUBALTERNITÀ E CONTRABBANDO
La storia del porto di Arbatax è stata caratterizzata quasi sempre da una difficile convivenza con gli altri scali della Sardegna, Cagliari in primis, ma anche Porto Torres e addirittura Castelsardo. Le strategie commerciali e le politiche di controllo delle merci dei vari dominatori della Sardegna (dai Romani, agli Aragonesi, ai Piemontesi) hanno infatti impedito che questo scalo assumesse un’importanza commerciale paragonabile agli altri. I Carroz ad esempio, la famiglia valenziana che dal 1325 dominò quasi incontrastata l’Ogliastra (vedi Castello di Quirra) ma che insediò a Cagliari il principale ramo della stirpe, poteva usare solo in via eccezionale il porticciolo per l’esportazione dei cereali e dell’abbondante legname saccheggiato dalle montagne della Barbagia, diversamente, le autorizzazioni ufficiali erano infatti, per la maggior parte, di portare via terra le merci al porto di Cagliari ed evitare che altri porti fossero utilizzati, al fine di non perdere il controllo dei traffici. Simile trattamento di subalternità , il porto di Arbatax lo ebbe durante l’epoca sabauda che stabilì che il commercio dei cereali sardi dovesse avvenire solo dai porti abilitati di Cagliari e Porto Torres escludendo categoricamente gli scali baronali come Longosardo (Santa Teresa di Gallura, VEDI QUI), Terranova (Olbia, VEDI QUI), Posada e appunto Sulci (Arbatax). Talvolta tale restrizione poteva essere allentata consentendo i traffici a Castelsardo e ad Alghero. Lo scopo di tale politica era ancora una volta di assicurare la certezza degli introiti alle Casse Regie senza dover ricorrere a dispersivi (per le casse spagnole) frazionamenti degli scali. Come conseguenza questi scali minori rimanevano dai trafficanti di contrabbando delle merci sarde.
IL BOMBARDAMENTO DI ARBATAX
Nonostante la storia commerciale di Arbatax rimase sempre nell’ombra rispetto ai più importanti scali della Sardegna fino alla metà del ‘900 e non avesse mai avuto un’importanza strategica rilevante, il porto fu oggetto di un pesante bombardamento durante la Seconda Guerra Mondiale, il 23 aprile del 1943. Il motivo fu la presenza dello storico scalo ferroviario.
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GLI AMERICANI DISTRUGGONO LO SCALO
Arbatax infatti, nel 1890, divenne sede di una tratta ferroviaria, seppur a scartamento ridotto, che era utilizzata per lo smercio del carbone proveniente dalle montagne barbaricine: era la cosiddetta Mandas-Arbatax. Nel secondo conflitto mondiale Arbatax e l’Ogliastra diventarono bersaglio (seppur marginale) degli Alleati proprio per la presenza dello scalo ferroviario. La difesa dell’area, durante la guerra, fu molto scarsa ed era rappresentata solo da due mitragliatrici RG della Guardia di Finanza; da due piccoli cannoni posti sulla collina a nord di Cala Moresca e dalla batteria antiaerea e antinave posta sulla collina di Bellavista. La difesa passiva invece era rappresentata da un cunicolo per la raccolta delle acque piovane scavato sotto l’attuale viale Lungomare. Per il resto, il Comitato Comunale di Protezione Anti Aerea, costituito tra gli altri dal podestà e dal parroco, aveva previsto che in caso di minaccia imminente dovevano essere suonate le campane e fatte fischiare le sirene delle locomotive. Tutto ciò però non valse a scongiurare la morte di 13 persone e decine di feriti durante il bombardamento che Arbatax subì quel 23 aprile del ’43 ad opera di diciotto Martin B-26 Marauder statunitensi che, scortati dai caccia pesanti P-38 Lockeed Lightning, dopo aver sorvolato le montagne di Baunei, presero di mira, tra le 13:30 e le 14:30, il porto di Arbatax che, con ondate successive di tre aerei (tecnica del “in serie di salve”) rilasciando ciascuna 15 bombe calibro 45/60, di oltre 400 kg di peso ciascuna. L’esito fu pesante: morirono quattordici persone, tra cui tre bambini, e rimasero ferite tredici persone, tra civili e militari.
A livello infrastrutturale i danni furono ingenti, specialmente per lo scalo ferroviario. In particolare vennero distrutti durante il bombardamento di Arbatax:
- la sede dell’Agenzia Marittima;
- il ponte scorrevole;
- il magazzino del Genio Civile;
- quattro vagoni ferroviari carichi di cemento;
- la garitta della Guardia di Finanza;
- il lazzaretto;
- la casa dello spedizioniere;
- la banchina principale.
Oltre all’affondamento di diverse barche da pesca ormeggiate a Cala dei Genovesi.
I PONZESI PESCATORI DI ARBATAX
Il litorale di Tortolì divenne oggetto di frequentazioni ponzesi alla fine dell’Ottocento, quando, il pescatore Pasquale Aversano, venne in questo tratto di costa per fare le sue fruttuose battute di pesca all’aragosta. Nel 1926 nacque Ida Aversano, la prima persona di origine ponzesi a nascere ad Arbatax. Da allora i ponzesi, fecero anche qui, come in molte altre località di mare della costa orientale sarda (da La Maddalena a Santa Lucia, a Cala Gonone), la pianta stabile di una comunità di pescatori che trasformò questo litorale nella sede di lavorazione del pesce pescato direttamente nelle acque antistanti. I ponzesi pure ad Arbatax si occuparono dunque di quella risorsa che i sardi un po’ ovunque raramente avevano preso in considerazione: la pesca in mare. Da allora, l’evoluzione del litorale ebbe così un’ulteriore voce di storia che si affiancava a quella secolare del commercio e più recente della ferroviaria.
L’INDUSTRIA PESANTE E IL TURISMO DI MASSA
Arbatax tra gli anni ’70 e gli anni ’80 del secolo scorso iniziò una nuova epoca di trasformazioni economiche che stravolsero l’urbanistica e decretarono un impatto antropico sul territorio che la stravolgono. A cavallo di questi decenni, lo sviluppo industriale e il turismo di massa, si legarono alla rimodulazione del porto in attracco per grandi navi passeggeri. Nel frattempo, attorno al primo nucleo abitativo che ha identificato per secoli l’area marina di Tortolì, prima come luogo di sbocco a mare e di traffico di prodotti agricoli e poi come villaggio di pescatori ponzesi (primi del ‘900), sorsero – seppur compulsivamente e disordinate – un’area industriale di trasformazione (l’area industriale di Tortolì) posta subito alle spalle del villaggio; un’area industriale prospiciente al mare (l’ex Saipem) che produce ancora oggi piattaforme petrolifere offshore e le nuove abitazioni in cemento che si sviluppano in altezza su più piani o, talvolta, in nuovi quartieri a schiera. Quest’ultimo intervento, relativo al boom edilizio degli anni ’80 che dura fino alla metà degli anni 2000, è stata la risposta concreta alle nuove esigenze del turismo di massa che indirizza il vecchio villaggio di pescatori e traffici commerciali nel nuovo millennio in cui il turismo diventa la principale industria dell’Ogliastra e della Sardegna in genere.
ARBATAX PORTO PASSEGGERI
Accanto a industria e turismo, Arbatax, a partire dalla 1980, trovò uno spazio economico anche come porto di attracco per le grandi navi passeggeri come i traghetti della Tirrenia, la compagnia di navigazione pubblica (oggi privatizzata) che gestisce dal dopoguerra i collegamenti marittimi della Sardegna con la penisola. In quegli anni infatti, dopo la dismissione del porto di La Caletta (1981), come attracco delle navi di piccolo tonnellaggio, la costa orientale sarda poteva contare solo sui porti del nord (Olbia e Golfo Aranci). In Ogliastra nel frattempo, con l’aumento dei traffici a seguito del turismo di massa che pose questo territorio come polo attrattivo di rilevanza internazionale, si fece si che Arbatax, anche grazie all’orografia della costa che si prestava ad un ampliamento degli attracchi per le navi traghetto tipo RO‑RO dì media e grande stazza, diventasse luogo di imbarco e sbarco passeggeri da e per la penisola (Civitavecchia, Livorno oppure scalo intermedio tra Olbia e Cagliari) sebbene stagionale e di categoria inferiore rispetto agli scali principali di Cagliari, Olbia e Porto Torres.