Calasetta è il piccolo agglomerato di 2.926 abitanti che si trova all’estrema propaggine settentrionale dell’isola di Sant’Antioco (arcipelago del Sulcis), nel mare prospiciente l’isola di San Pietro, con cui è collegata attraverso un periodico servizio traghetto.
Calasetta, sita a soli 9 metri sopra il livello del mare, dispone di un territorio dove il rapporto col mare è d’obbligo ovunque: basse colline, coste e falesie nella porzione occidentale, costa bassa e acque poco profonde verso est, nello specchio di mare che separa l’Isola di Sant’Antioco alla Sardegna. Gli arenili per una piacevole balneazione si trovano ovunque ma, sul lato ovest, l’esposizione al maestrale e alle mareggiate invernali hanno determinato un paesaggio sicuramente più interessante.
POCA ACQUA: RESISTE SOLO LA PALMA DI SAN PIETRO
Fra i tratti salienti di questo territorio dell’estremo sud sardo, c’è sicuramente la bassa piovosità , soprattutto se ci si riferisce alla stagione estiva. Tale condizione riduce lo sviluppo della vegetazione e seleziona le più resistenti specie mediterranee: rosmarino, lentischio, ginepro, mirto e la poco conosciuta “palma di San Pietro“. Tipica arecaceae che i greci chiamavano “phoenix chamaeriphes”, ovvero “pianta gettata per terra”. Si tratta di un cespuglio perennemente di colore verde alto pochi metri e ricercatissimo come pianta ornamentale già dall’800 ( vedi i giardini romantici).
SANT’ANTIOCO SEMIDESERTA NEL MEDIOEVO
Dal punto di vista storico le origini del paesino affondano in epoca prenuragica e nuragica, perché è attestata la presenza dell’uomo nelle domus de janas (Tupei) e nei numerosi resti nuragici ma, sebbene non manchino le tracce degli insediamenti fenici, punici e romani, il territorio rimase disabitato nel medioevo fino a quando gli spagnoli, nel 1572, non decisero di costruire alcune torri costiere vista l’esposizione al mare aperto della costa, frequentemente minacciata dalle incursioni saracene.
CALASETTA NASCE DA UN’IMMIGRAZIONE FORZATA DI ESULI LIGURI IN TUNISIA
Era intorno al 1540 quando, un cospicuo gruppo di famiglie liguri provenienti da Pegli (Genova), fu invitata a salpare il Tirreno e dirigersi verso sud alla ricerca di qualche nuovo lido dove insediarsi e impiantare la sua principale risorsa economica: la pesca. La rotta di navigazione portò all‘isola di Tabarka, in Tunisia, al confine con l’odierna Algeria e a 180 chilometri dalla capitale Tunisi. Qui, il bey di Tunisi, dette in concessione (ufficialmente alla famiglia genovese dei Lomellini), il diritto alla pesca del corallo. Il permesso in realtà fu un riscatto per la liberazione del corsaro turco Dragut, catturato proprio quell’anno dai Doria. Dragut fu uno dei più noti assalitori di navi del mediterraneo, capace di mettere in ginocchio intere flotte mercantili e di causare danni economici e perdite umane ingenti nel mediterraneo cristiano, tanto da piegare grossi centri marinari come Rapallo, San Fruttuoso e Portofino. Il temibile corsaro venne alla fine catturato da Giannetto Doria (giovane nipote di Andrea Doria) quando stava per attaccare la Corsica, uno dei principali domini genovesi.
IL RE DI SARDEGNA OFFRE AI LIGURI CALASETTA E CARLOFORTE
La comunità pegliese nel frattempo visse a Tabaraka fino al 1700, quando, le popolazioni locali pretesero di ritornare padrone di quel mare e delle sue ricchezze. Per i coloni genovesi, visto lo stato di tensione, fu d’obbligo andare via, ma ottennero dal Re di Sardegna, Carlo Emanuele III di Savoia, la concessione di istituire dei loro insediamenti nelle isole semidisabitate della Sardegna meridionale, San Pietro (Carloforte,1738 ) e Sant’Antioco (Calasetta, 1770).
AI LIGURI SI AGGIUNGONO I PIEMONTESI: NASCE IL CARIGNANO DEL SULCIS
Dal primo sbarco alla fondazione di Calasetta il passo fu relativamente breve. L’insediamento urbano venne disegnato ricalcando l’insenatura di Cala de Saba, l’area su cui doveva giacere. I primi coloni furono 38 famiglie a cui vennero assegnati alcuni terreni usufruendo di agevolazioni fiscali in cambio del divieto di abbandono. L’orientamento della cittadina fu scelto davanti a Carloforte e all’isola di San Pietro, proprio per sfruttare l’eccezionale area di transito dei tonni, la cui pesca divenne, ben presto, il bene economico più importante. Negli anni a seguire il processo immigratorio proseguì, ancora una volta, con genti provenienti dall’alta Italia, perché, nel 1773, fu il turno dei coloni piemontesi di Carignano (Torino) che giunsero in queste terre per impiantare la loro tradizionale coltivazione della vite. Un esperimento agronomico che però non ebbe lo stesso successo di quello demografico, perché le nuove genti furono subito decimate da un’improvvisa quanto terribile epidemia. I carignanesi tuttavia fecero a tempo a trasmettere alcune loro tradizioni che sono giunte quasi intatte fino ai giorni attuali, lo testimoniano l’attuale produzione del vino di alta qualità che è un’identità di Sant’Antioco, il Carignano del Sulcis e, non ultimo, il costume tipico di Calasetta che riprende numerosi tratti dell’originale vestiario piemontese. Dal punto di vista linguistico invece la parlata piemontese ha perduto il confronto con quella ligure e quest’ultima è rimasta la sola lingua identitaria di Calasetta, al punto che, la cittadina è oggi riconosciuta ufficialmente – come Carloforte a San Pietro – isola linguistica ligure. Nel maggio del 2006, Calasetta è diventata comune onorario dalla Provincia di Genova ed ha ottenuto il gemellaggio con la frazione di Pegli.
PIEMONTESI E LIGURI DISEGNANO LA CITTÀ
ISPIRANDOSI AI FORTINI ROMANI
Nell’abitato di Calasetta è stato realizzato sul progetto del dottor Pietro Belly, ingegnere militare piemontese che fece partire l’edificazione dei primi lotti dall’incrocio di due assi viarie: via Grande (oggi via Roma) e via Guglielmo Marconi, ricalcando il modello del castro romano nel rispetto di un’esigenza difensiva contro le penetrazioni dei pirati. Il risultato fu un abitato regolare che ancora oggi è possibile osservare e contemplare nella sua essenzialità e funzionalità , in cui, il fulcro dell’abitato rimase la piazza del Municipio (piazza Pietro Belly). A questo primo impianto, di chiaro riferimento sabaudo, ne seguì un allargamento ad opera dell’ingegnere Francesco Daristo che, invece, riprese i tratti delle cittadine liguri del settecento.
CALASETTA PIÙ SARDA DI CARLOFORTE
Davanti a tutto questo dominio nordico, c’è da chiedersi dove siano finiti i sardi, quelli che geograficamente e culturalmente dovrebbero essere gli abitanti più autentici dell’isola di Sant’Antioco che, altro non è, che un piccolo pezzo di Sardegna. A differenza di Carloforte e dell’isola di San Pietro, Calasetta e Sant’Antioco hanno una vicinanza geografica con la terra madre maggiore e ciò ha consentito un’influenza della sardità certamente maggiore ma, la corta distanza, non è stata sufficiente a far diventare la cultura sarda più pregnante di quella ligure in quest’ultimo lembo di Sardegna.