Bosa è la storica cittadina di quasi 8 mila abitanti che si trova nella porzione occidentale della Planargia. Fino al 2005 faceva parte della provincia di Nuoro ma dal luglio 2001, è passata alla provincia di Oristano.
LE ORIGINI DEL NOME “BOSA”
Le origini del nome “Bosa” sarebbero databili intorno al IX secolo a.C. quando l’etnico collettivo “Bs’n”, occupò l’area attorno al sito dove poi sorse la città fluviale. Sebbene non esista documentazione certa che validi questa teoria, è chiaro che il toponimo è di origine mediterranea, come dimostra la presenza del nome “Bosa” nell’Itinerario di Antonino di Tolomeo e nella Cosmografia dell’Anonimo ravennate. Secondo lo studioso Massimo Pittau invece, “bosa” è un termine di origine pre-indoeuropea e si riferirebbe ad un contenitore a forma di catino, forse in riferimento alla morfologia del territorio su cui sorge la cittadina, racchiusa proprio in uno stretto fondovalle tra i monti.
DAI FENICI A SAN PIETRO
È certo che il territorio di Bosa fu abitato già in epoca preistorica, lo dimostrano le varie domus de janas sparse nei dintorni (Coroneddu, Ispilluncas, Monte Furru, Silattari, Tentizzos) e i nuraghi (Monte Furru). I Fenici usarono la foce del Temo come approdo, esattamente all’altezza di Terrìdi, dove l’Isola Rossa poteva riparare dalle mareggiate e il colle di Sa Sea ammorbidiva le raffiche di maestrale. Seguì la fondazione dei primi nuclei abitativi, inizialmente in località Messerchimbe, sulla riva destra del Temo, mentre su quella sinistra si sarebbero concentrate l’area sacra e la necropoli. In età bizantina, proprio sulla riva sinistra, venne creato un nuovo agglomerato intorno al sito della cattedrale di Bosa, San Pietro extra muros. In età romana, la città , pur mantenendo l’ordinamento punico con la magistratura dei suffeti, divenne, forse dalla prima età imperiale, un municipio sotto l’ordine dei decurioni. Bosa rimaneva dunque un importante centro della costa occidentale sarda, ben collegata tramite il Pont’ezzu sul Temo, con gli altri due grandi centri commerciali romani: Cornus a sud (Cuglieri) e Carbia a nord (Alghero).
ALLO SCISMA ORTODOSSO, BOSA SCELSE ROMA
La città , a causa della sua vicinanza al mare, subì per tutto il medioevo le scorrerie degli Arabi, ma non perdette mai la sua importanza politica, diventando addirittura capoluogo della Curatoria di Planargia, nel Giudicato di Logudoro e sede vescovile. Durante il medioevo fu edificata la Cattedrale, che il vescovo Costantino de Castra fece intitolare a San Pietro forse in riferimento ad un sostegno della sede al pontefice romano dopo lo scisma ortodosso del 1054. Con l’edificazione del castello dei Malaspina sul colle di Serravalle, posizionato due chilometri più a valle e sulla riva destra del fiume, la popolazione cominciò a trasferirsi sulle pendici dell’altura, per avere una maggior protezione dalle incursioni arabe e abbandonando il sito iniziale attorno alla cattedrale di San Pietro (zona di Calameda) che rimase a lungo isolata da questo nuovo agglomerato.
IL TEMO
Il fiume Temo nasce a circa 500 m s.l.m. dalle falde del monte Calarighe (comune di Villanova Monteleone). Nel primo tratto prende il nome di rio Lacanu, poi scorre verso il lago Temo, dove cambia denominazione diventando appunto Temo. Dopo aver attraversato la cittadina di Bosa, il Temo sfocia nel mar di Sardegna. Dalla frazione di Bosa Marina, il fiume è navigabile con imbarcazioni a basso pescaggio per circa 5-6 km.
IL PERIODO ARAGONESE E SPAGNOLO
Con la conquista dei territori pisani appartenuti ai Giudicati di Cagliari e di Gallura, la Sardegna entrò definitivamente sotto l’orbita geopolitica degli Aragonesi e, dal 1297, con l’istituzione di Papa Bonifacio VIII del Regno di Sardegna e Corsica, gran parte del territorio isolano fu ufficialmente assegnato alla Corona d’Aragona, mancava solo la Repubblica di Sassari che cadde nel 1324. Per i Malaspina di Bosa questo nuovo assetto fu il preambolo alla subalternità dal nuovo padrone. Per tale ragione il loro castello fu prontamente rinforzato nelle strutture difensive, con la creazione, nel 1330, ad opera di Giovanni Capula, già realizzatore delle torri dell’Elefante e di San Pancrazio a Cagliari, della torre maestra del Castello dei Malaspina. Passarono solo otto anni e l’edificio fu prima ceduto a Giacomo II, poi passò al Giudicato d’Arborea e, in seguito dell’alleanza tra l’Arborea e l’Aragona, Pietro Ortis ne prese possesso per conto dell’infante Alfonso d’Aragona, col consenso degli Arborensi. I Malaspina uscirono così definitivamente dalla storia bosana nel 1326, quando parteciparono alle trattative col re d’Aragona per la cessione di Bosa e della Curatoria di Planargia. Seguì la rottura dell’alleanza, nel tentativo di unificare la Sardegna, sogno che si spense definitivamente nel 1409 quando gli Aragonesi sconfissero Guglielmo III di Narbona a Sanluri e il Giudicato d’Arborea, ultimo dei regni sardi indipendenti, cessò di esistere consegnando anche Bosa definitivamente al controllo della Corona.
BOSA CAPITALE DELLA PLANARGIA
Con la conquista aragonese, il 15 giugno 1413, a Bosa fu riconosciuta la centralità istituzionale nel territorio della Planargia. La città fu organizzata come un comune catalano, con il consiglio generale che aveva il potere di deliberare, cinque consiglieri, uno per ogni classe di censo, che formavano l’organo esecutivo: il primo consigliere aveva anche la funzione di sindaco e rappresentava la città . C’era il doganiere o maggiore del porto (nominato dal re) il mostazzaffo (ufficiale incaricato di sorvegliare il commercio) e il podestà , che amministrava la giustizia e controllava per conto della corona l’operato dei consiglieri. A Bosa funzionò anche una zecca, che emetteva monete di mistura del valore di un minuto, destinate a una circolazione locale. Tutte queste riconoscenze pubbliche, faceva di Bosa un centro di notevole importanza nella storia della Sardegna occidentale, tanto che acquisì sempre maggiori favori commerciali, spesso anche ai danni della vicina e rivale Alghero.
BOSA CITTÀ REALE
L’apice dello splendore, Bosa lo raggiunse nel 1499, quando una prammatica di Ferdinando il Cattolico, la inserì tra le città reali, concedendole i privilegi connessi a tale titolo. Una floridezza che si mantenne fino all’arrivo dei Francesi che nel 1527, durante la guerra tra la Francia di Francesco I e l’Impero di Carlo V, misero le mani su Sassari e costrinsero Bosa a chiudersi nell’oltretemo ostruendo tutti i canali di accesso. Un’operazione che se da un lato permise alla città di essere risparmiata dalla furia della flotta francese comandata da Andrea Doria, dall’altro costituì la fine degli scambi commerciali e l’inizio della fine. Inoltre, il Temo, a seguito dei massi posizionati sulla foce, fu protagonista di numerose inondazioni che resero malsano e invivibile tutto l’areale attorno, comprese le strutture abitative della città . Bosa in seguito, sebbene rimase a tutti gli effetti una città regia, cessò di essere autorità feudale, perdendo di fatto tutti i privilegi politici, economici e culturali che l’avevano resa grande, a cominciare, nel 1565, per ordine del re, e su richiesta dello stamento militare, alla riconversione in lingua catalana degli Statuti di Bosa, che originariamente erano stati scritti in lingua sarda.
NEL 1580, LA TORRE DELL’ISOLA ROSSA
Nel frattempo, nel 1580, nell’ambito del progetto di fortificazione delle coste sarde, fu costruita anche a Bosa una torre costiera, la Torre dell’Isola Rossa, amministrata da un alcalde che vi risiedeva insieme alla sua guarnigione composta da un artigliere e quattro soldati.
IL BUIO DEL ‘600: BOSA RIDOTTA
A MENO DI UN QUARTO
Agli albori del nuovo secolo iniziò un periodo di grande decadenza con un aprofonda recessione economica e un impressionante calo demografico che portò la principale città della Planargia a passare da 9 mila abitanti nel 1609 a poco più di 2 mila nel 1688. Le cause furono molteplici ma potrebbero essere sintetizzate in alcune principali:
- 1606 – inondazione
- 1610 – intensificarsi delle incursioni ottomane
- 1629 – perdita dei contributi in grano dell’entroterra
- 1652-1656 – peste
- 1663 – grosso incendio che distrusse parte della città
- 1680 – grande carestia
I CORALLIERI NAPOLETANI PORTANO UN PO’ DI INDOTTO
Con l’ingresso dei Savoia in Sardegna, dopo il passaggio di mano dagli Asburgo, Bosa riprese un po’ di prosperità economica. A cominciare dal traffico marittimo, incrementato dai corallieri napoletani che furono autorizzati a fare quarantena nel porto presso il lazzaretto di S. Giusta (edificato ad hoc in quel periodo proprio a risposta di questa esigenza).
I GRECI A MONTRESTA FURONO CACCIATI VIA
A metà del 1700 già si segnalavano interessanti aumenti demografici con la città che superò i 4 mila abitanti e nel 1750 furono sostenuti dal gruppo di coloni veneziani, provenienti dal Peloponneso (Grecia) e autorizzati da Carlo Emanuele III ad insediarsi nei dintorni di Bosa, la dove poi nacque il paese di S. Cristoforo, in seguito chiamato Montresta. Una convivenza tra bosani e nuovi arrivati che non fu affatto pacifica, in quanto i terreni loro assegnati erano fino a quel momento usati dai pastori bosani e la sottrazione di quelle aree fu mal tollerata: le ostilità tra bosani e coloni si tradussero spesso in violenti scontri di sangue che costrinsero i greci ad abbandonare quasi del tutto Bosa e dintorni nel giro di un secolo.
IN PROVINCIA DI BOSA, SASSARI E NUORO
Il 4 maggio 1807 Bosa divenne capoluogo di provincia per un decreto del re Vittorio Emanuele I e nel 1848, in seguito all’abolizione delle province, fu inclusa nella divisione amministrativa di Nuoro. Nel 1859 le province furono ripristinate e Bosa entrò a far parte della Provincia di Sassari fino a quando, nel 1927, istituita la Provincia di Nuoro, venne nuovamente accorpata a questa.
IL RINASCIMENTO URBANISTICO CHE DIVENTA STORIA UNICA
La storia di Bosa è profondamente legata alla sua identità urbanistica e architettonica che l’ha resa unica nel suo genere. Il risultato che si può ammirare oggi, è la conseguenza di una lunga serie di rivoluzioni urbanistiche che rimasero sullo sfondo di un nuovo aumento della popolazione inizato dalla metà dell’800 e concluso solo nel 1901 con l’ambito traguardo di 6.846 bosani. È a questo periodo che risale lo sviluppo dell’attività conciaria delle pelli, come dimostrano ancora oggi, Sas Conzas, gli storici edifici ubicati sulla riva sinistra del Temo e messi sotto tutela dalle recenti politiche di salvaguardia dei beni archeologici, architettonici e urbanistici storici. Pochi decenni prima, vennero abbattute le mura perimetrali, che aprirono la città al mare, secondo le indicazioni del piano d’ornato di Pietro Cadolini (1867). Furono poi rinforzati il ponte sul Temo (1871), costruito l’acquedotto e la rete fognaria (1877), che posero rimedio all’ambiente insalubre della città , e infine fu realizzata la strada ferrata a scartamento ridotto per Macomer. Le nuove opere pubbliche di questo rinascimento bosano si sarebbero dovute concludere con la creazione del porto che ormai era un’infrastruttura assente da oltre trecento anni. Il progetto però di unire l’Isola Rossa con la terraferma rimase ancora un miraggio e non si ottennero risultati apprezzabili in termini di robustezza e fruibilità infrastrutturale. Il progetto fu rinviato a tempi più moderni.
ARCHITETTURA BOSANA
Architettura religiosa
- CONCATTEDRALE DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE
- CHIESA DI NOSTRA SIGNORA DE SOS REGNOS ALTOS
- CHIESA DI SAN PIETRO EXTRA MUROS
- CHIESA DI SANT’ANTONIO EXTRA MUROS
- CHIESA DI SANTA MARIA STELLA MARIS
- IL CONVENTO DEI CAPPUCCINI
Architettura civile
- LE CONCERIE
- MUSEO DELLE CONCE
- FUNTANA MANNA
- IL RIONE MEDIOEVALE DI SA COSTA
Architettura militare
- CASTELLO DI SERRAVALLE O DEI MALASPINA
- LE TORRI COSTIERE
Architettura religiosa
CONCATTEDRALE DELL’IMMACOLATA
CONCEZIONE – Antica costruzione religiosa risalente al XII secolo, ha subito nel corso dei secoli vari rifacimenti, nel 1829 fu consacrata dal vescovo monsignor Murro. L’edificio si articola su un’ampia navata voltata a botte che dà spazio a quattro cappelle sul lato sinistro e tre sul destro. Il presbiterio è ampio e posto in posizione rialzata, coperto da una cupola a tamburo ottagonale. Subito a destra dell’ingresso, si apre il Cappellone, un edificio autonomo dotato di altari e di un presbiterio rialzato coperto da una cupola. Il vescovo Eugenio Cano, negli anni 1873-75, abbellì la chiesa con decorazioni pittoriche, di Emilio Scherer, i fabbricanti modenesi Tommaso Piacentini e Antonio Battani di Frassinoro furono invece incaricati di rifare l’organo, originariamente costruito dal lucchese Giuseppe Crudeli nel 1810 e del quale si conserva la cassa neoclassica.
CHIESA DI NOSTRA SIGNORA DE SOS REGNOS ALTOS – Antica cappella palatina del castello di Bosa, ospita al suo interno un ciclo di affreschi del XIV secolo.
CHIESA DI SAN PIETRO EXTRA MUROS – Si tratta dell’antica chiesa romanica sita lungo le sponde del fiume Temo, a breve distanza dal centro abitato.
CHIESA DI SANT’ANTONIO EXTRA MUROS – Edificata fuori delle mura cittadine nel XVI secolo si trova oggi ancora all’ingresso di Bosa, vicino al Ponte Vecchio. La facciata è in trachite rossa e il campanile seppur modesto, completa l’esterno della figura. L’interno invece si compone di una sola navata voltata a crociera, divisa in quattro campate. L’altare, oltre all’ancona lignea e alla statua del Santo, risalenti al 1600, fa segno di presenza il Cristo gotico cinquecentesco che riempie la parete. Di notevole pregio i capitelli dell’arco trionfale che separa il presbiterio dalla navata, caratterizzati da una spettacolare decorazione vegetale con allegato – sul lato destro – lo stemma degli Aragona, mentre su quello opposto il Moro Bendato che rappresenta invece il popolo Sardo.
CHIESA DI SANTA MARIA STELLA MARIS – L’edifico fu costruito nel 1686 e dedicato a Santa Maria, in richiamo ad una leggenda secondo cui, la statua della Santa sarebbe stata trasportata a terra dalla corrente marina nel 1675. L’architettura è semplice, con un’unica navata, quattro cappelle a sinistra e tre a destra. L’altare maggiore è in stile barocco e risale al 1815. La chiesa ha subito pesanti rifacimenti e, rispetto all’architettura originaria, ha abbandonato la fisionomia a capanna come riporta il dipinto di Emilio Scherer.
IL CONVENTO DEI CAPPUCCINI – Si trova a fianco del Municipio, in pieno centro di Bosa. Oggi ospita gli uffici della Polizia Municipale, dell’Amministrazione Comunale. L’inizio dei lavori di costruzione risalirebbe al 1608 e ad esso si accede da un piccolo portico che porta direttamente al chiostro su cui poi si aprono gli ambienti più interni. Al piano terra ci sono gli spazi comuni, mentre al primo, sono state ricavate le celle, arredate ancora con la mobilia originale, compreso uno spettacolare lavabo monumentale. Il convento ospita al suo interno la Chiesa di Santa Maria degli Angeli, un edificio rettangolare con volta a botte e tre cappelle. La chiesa è sconsacrata e chiusa al culto, ma è possibile visitarla in occasione di eventi speciali in cui viene utilizzata come location.
LE CONCERIE – Si trovano lungo la sponda Sud del fiume Temo, “Sas Conzas” (le concerie), sono tra i monumenti bosani più noti, che rappresentano sia un pezzo importante della storia economica della città sia un esempio di architettura industriale sarda. L’attività conciaria a Bosa, comincia già nel ‘600 e raggiunge il picco di produttività due secoli dopo, quando in città sono attive ben 28 imprese. L’ultima resterà operativa fino al 1960 e trent’anni dopo, il Ministero dei Beni Culturali riconoscerà l’insieme di questi edifici, Monumento Nazionale. Dal punto di vista strutturale si tratta di fabbricazioni con facciata in trachite rossa, costruiti su due piani, disposti a schiera sulla sponda sinistra del fiume, a pochi passi dal Ponte Vecchio. Al pianterreno si trovano, il pozzo e le presse, le vasche di immersione delle pelli. Al piano superiore, c’erano gli uffici amministrativi.
MUSEO DELLE CONCE – A qualche minuto a piedi dalle concerie, in via Sas Conzas, si trova il Museo Civico delle Conce. Gli orari delle visite è il seguente: tutti i giorni dalle ore 10.00 alle ore 13.00 e il pomeriggio dalle 15.00 alle 17.00. Per informazioni su visite di gruppo, telefonare al numero 0785 377043.
FUNTANA MANNA – Si trova nel cuore del centro storico, sulla parte bassa a ridosso del corso del fiume, la dove tradizionalmente si svolgevano la vita pubblica, sociale e commerciale della città . In Piazza Costituzione, c’è “Sa Funtana Manna“, la grande fontana in trachite rossa e marmo bianco, costruita nel 1881 in omaggio all’inaugurazione dell’acquedotto pubblico, avvenuta nel 1877. La fontana si articola su tre livelli e quattro alzate, con in cima un mazzo di rose a foro centrale da cui esce lo zampillo dell’acqua.
IL RIONE MEDIOEVALE DI SA COSTA – Siamo sulle pendici del colle di Serravalle e questo rione, cuore storico della città , si è adattato perfettamente alle rigide pendenze formando un avamposto urbanistico al Castello dei Malaspina, che dalla cima del colle lo sovrasta. I viottoli sono in pendenza, scalinate trasversali in trachite che spezzano l’orientamento orizzontale delle stradine acciottolate. Le case sono a schiera, disposte verso mezzogiorno, ma tenendo sempre una costante distanza dalla torre più avanzata del castello. Hanno solitamente due ingressi, uno che dà l’accesso dalla strada a valle e uno da quello a monte. Le facciate, sono in trachite rossa con architravi che richiamano l’età spagnola.
Architettura militare
CASTELLO DI SERRAVALLE O DEI MALASPINA – Il castello è stato costruito in varie fasi e si caratterizza prima di tutto per la lunga cinta muraria, ben 300 metri, all’interno della quale, oltre alla struttura abitativa, si trova pure la piccola chiesa di Nostra Signora de Sos Regnos Altos (Il Castello dei Malaspina).
LE TORRI COSTIERE – Le torri costiere bosane furono costruite durante l”occupazione spagnola della Sardegna, all’interno del piano di difesa territoriale che la Corona volle attuare su tutti i suoi possedimenti sottoposti al rischio di invasioni arabe (vedi: Le Torri costiere della Sardegna). Sono di pertinenza di Bosa la torre omonima, edificata sull’Isola Rossa e la Torre Argentina ubicata lungo la litoranea in direzione di Alghero. Entrambe facevano parte della rete di controllo e sorveglianza spagnola, collegate visivamente con tutte le altre torri.