Posada, nel cuore della Baronia, è uno dei borghi medievali più belli della Sardegna. Arroccato su un colle e affacciato su un litorale incantevole, unisce storia, natura e tradizione in un paesaggio che racconta secoli di vita tra mare e pianura.
Origine del termine “Posada”
Il nome Posada ha origine spagnola e compare in documenti ufficiali già nel XIV secolo, precisamente nel 1341. Il termine deriva dal castigliano posada, che significa “sosta” o “luogo di riposo”, e indica chiaramente la funzione storica che il borgo rivestiva in passato.
Situata tra il centro e il nord della Sardegna, Posada fu per secoli una tappa intermedia strategica lungo le vie di comunicazione tra la costa e l’entroterra della Baronia. Il toponimo conserva dunque la memoria di un luogo di passaggio, di accoglienza e di incontro, dove viaggiatori e mercanti potevano sostare prima di riprendere il cammino.
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📜 Box linguistico: dall’etimo al significato moderno
L’etimologia del termine Posada risale al latino “pausare”, cioè “fermarsi, riposare”. Da questo verbo derivò il termine “posar” in catalano e spagnolo, che diede origine a posada, il luogo in cui ci si fermava durante un viaggio per riposare o rifocillarsi.
In questo senso, il nome di Posada riflette perfettamente la vocazione storica e geografica del borgo, nato come punto di sosta naturale tra mare e montagna, tra le rotte commerciali del Tirreno e le vie interne della Sardegna.

🌊 Scheda informativa: Posada
- Località: Posada, borgo della Baronia – Sardegna centro-orientale (Provincia di Nuoro)
- Altitudine: 37 m s.l.m. (borgo alto) – estensione pianeggiante verso la foce del Rio Posada
- Territorio: Pianura alluvionale e collinare dominata dal Castello della Fava; area compresa tra il mare di Orvile e l’Oasi di Tepilora
- Fiume principale: Rio Posada, che attraversa la valle fino al mare formando stagni e zone umide di grande interesse naturalistico
- Periodo storico principale: Medioevo – Posada divenne capoluogo della Curatoria durante il periodo pisano e giudicale
- Monumento simbolo: Castello della Fava (XIII secolo), fortificazione medievale e punto panoramico sul mare
- Patrimonio naturale: Valle del Rio Posada e area protetta dell’Oasi di Tepilora (Riserva MAB UNESCO)
- Popolazione: Circa 3.000 abitanti in inverno; oltre 30.000 presenze turistiche nel periodo estivo
- Riconoscimenti: Inserita tra i Borghi più belli d’Italia e premiata da Legambiente e Touring Club con le “5 Vele Blu”
- Servizi turistici: Strutture ricettive, B&B, ristoranti tipici, stabilimenti balneari, noleggio bici e kayak, guide ambientali
- Attività consigliate: Trekking, birdwatching nella valle, kayak lungo il fiume, escursioni all’Oasi di Tepilora, balneazione e snorkeling
- Periodo ideale per la visita: Primavera e autunno per escursioni e natura; estate per mare e vita di borgo
- Nei dintorni: Siniscola, Torpè, Oasi di Tepilora, Santa Lucia, La Caletta, Golfo di Orosei

Posada, borgo medievale tra mare e storia
Posada è un affascinante borgo della Sardegna orientale, adagiato in pianura e affacciato su uno dei litorali più belli d’Italia. Con il suo centro storico arroccato su un colle e la parte nuova che si distende verso il mare, il paese offre un perfetto equilibrio tra paesaggio costiero e memoria storica.
Alle porte della Baronia, subregione della Sardegna centro-orientale, Posada conserva un’identità urbanistica e architettonica ancora legata al Medioevo, epoca in cui l’area rivestiva un ruolo strategico di grande importanza per la Sardegna giudicale. Le sue viuzze lastricate, le case in pietra e i resti delle fortificazioni medievali testimoniano un passato glorioso e fanno di Posada uno dei borghi più autentici e suggestivi dell’isola.

Dalla malaria al turismo di qualità
Posada, oggi inserita tra i Borghi più belli d’Italia, è un esempio emblematico di come un territorio un tempo segnato dalle difficoltà possa rinascere grazie alla valorizzazione della propria identità. Con i suoi poco più di 3.000 abitanti in inverno e oltre 30.000 presenze durante l’estate, il paese si è trasformato in una meta turistica di primo piano della Sardegna orientale, richiamando visitatori attratti dal mare, dalla natura e dal fascino del suo borgo medievale.
Dietro questo successo, però, si nasconde una storia tormentata e resiliente. Per secoli, Posada ha dovuto affrontare saccheggi barbareschi, pestilenze, malaria, banditismo e una lunga trascuratezza politica da parte dei poteri centrali. Le popolazioni locali hanno subito povertà, isolamento e perfino lo sfruttamento della manodopera maschile nei numerosi conflitti che hanno segnato la storia europea fino alla Seconda Guerra Mondiale.
Nonostante tutto, la comunità posadina ha saputo trasformare le ferite della sua storia in forza culturale e identitaria, puntando oggi su un turismo sostenibile e di qualità, fondato sul rispetto dell’ambiente, della memoria e delle tradizioni locali.

La rinascita di Posada: patrimonio naturale e riconoscimenti internazionali
La rinascita di Posada è un esempio virtuoso di come un borgo sardo possa rigenerarsi nel rispetto del proprio ambiente e della propria identità. Dopo secoli di difficoltà economiche e isolamento, il paese ha saputo valorizzare il suo patrimonio naturale e culturale, puntando su un modello di turismo sostenibile che unisce mare, storia e ambiente.
L’area naturale che circonda Posada è oggi parte integrante dell’Oasi di Tepilora, una riserva di biodiversità che abbraccia montagne, fiumi, zone umide e un tratto di costa tra i più incontaminati della Sardegna orientale. Questo equilibrio tra conservazione e fruizione turistica ha permesso al borgo di ottenere importanti riconoscimenti ambientali, tra cui il Premio Nazionale Legambiente “Comune Riciclone” e l’inserimento tra le località insignite delle 5 vele di Legambiente e Touring Club Italiano.
Oggi, Posada rappresenta un modello di turismo di qualità, dove la cura del territorio, la valorizzazione delle tradizioni e la tutela dell’ambiente convivono in perfetta armonia. Un esempio concreto di come la Sardegna possa coniugare la sua antica storia con un futuro fondato sulla sostenibilità e sull’autenticità dei propri borghi.

Il Medioevo e il Castello della Fava
Il Medioevo rappresenta per Posada uno dei periodi più importanti e affascinanti della sua storia. È infatti intorno alla fine del XIII secolo che si colloca, in assenza di fonti documentarie certe, la costruzione del suo monumento simbolo, il maestoso Castello della Fava. Questa imponente fortezza domina ancora oggi il borgo e il paesaggio costiero, diventando un tratto distintivo di tutto l’entroterra della Baronia.
Il Castello della Fava fu la principale struttura difensiva e amministrativa durante il periodo pisano, quando Posada assunse un ruolo di rilievo strategico e politico. Divenne infatti capoluogo della curatoria, organismo territoriale che amministrava gran parte dell’Alta Baronia, comprendendo anche i territori delle odierne Siniscola, La Caletta e Torpè.
Costruito in posizione dominante per controllare le vie costiere e le vallate interne, il castello era al tempo stesso fortezza militare e residenza nobiliare, simbolo del potere esercitato sul territorio. Ancora oggi le sue torri e le mura di cinta raccontano la grandezza di un’epoca in cui Posada era uno dei centri più vitali della Sardegna giudicale.


Aragona e Arborea ignorano Posada
Durante il periodo compreso tra il Quattrocento e il Cinquecento, Posada visse uno dei momenti più difficili della sua storia. Alle già precarie condizioni igienico-sanitarie della zona, dovute in gran parte alla presenza del Rio Posada e alle aree paludose circostanti, si aggiunsero secoli di abbandono politico e amministrativo. Il territorio, privo di reali risorse economiche e considerato semplicemente una via di transito tra il centro e il nord della Sardegna, fu spesso trascurato dai poteri centrali.
Durante la dominazione aragonese e successivamente sotto il Giudicato di Arborea, la Baronia di Posada non godette di alcuna particolare attenzione. Alle epidemie ricorrenti si sommarono le disuguaglianze sociali generate dal sistema feudale, lo sfruttamento della popolazione locale impiegata come forza militare nella guerra sardo-catalana, e le devastanti scorrerie barbaresche che colpivano senza sosta la costa orientale dell’isola.
L’area, formalmente contesa tra le amministrazioni di Saragozza e Barcellona, rimase di fatto priva di un vero sistema difensivo e di una presenza stabile dello Stato. Le coste e le vallate di Posada furono così esposte per secoli a razzie e isolamento, segnando profondamente la storia sociale ed economica di questo territorio, che solo molti secoli dopo avrebbe conosciuto una rinascita.


Banditismo e peste
Tra le piaghe che segnarono profondamente la storia della Baronia e del territorio di Posada fino alla metà del Novecento, il banditismo occupa un posto di rilievo. Per secoli, bande armate depredarono le già scarse risorse locali, alimentando un clima di insicurezza, isolamento e miseria. Le popolazioni rurali, prive di protezione e sostegno politico, vissero in una condizione di costante precarietà, spesso costrette a difendersi da sole o ad abbandonare le campagne più esposte.
A peggiorare ulteriormente la situazione fu, nel Seicento, la devastante epidemia di peste, che colpì duramente la Sardegna e non risparmiò la zona di Posada. L’epidemia decimò interi villaggi, cancellando in alcuni casi comunità millenarie: fu questo il destino della vicina Torpè, completamente spopolata dall’ondata di contagio.
Il binomio tra banditismo e malattia lasciò un’impronta profonda nella memoria collettiva e contribuì a rallentare lo sviluppo sociale ed economico del territorio per diversi secoli, fino alla lenta rinascita del XX secolo.



Piemontesi e fascisti: il disordine amministrativo continua
L’arrivo dei piemontesi in Sardegna e, successivamente, l’annessione della Baronia di Posada al Regno d’Italia — ultima area dell’isola a entrare formalmente nel nuovo Stato nel 1861 — non portarono quella ventata di rinnovamento e sviluppo che molti speravano. Al contrario, il paese continuò a vivere una condizione di marginalità politica e amministrativa, lontana dai centri decisionali e priva di reali investimenti.
Il rapporto tra la popolazione locale e il nuovo potere rimase segnato da diffidenza e conflitto. Il dominio piemontese, percepito come estraneo e distante, non riuscì a integrarsi nel tessuto sociale della Baronia, aggravando le tensioni già presenti. Anche sotto il Regno d’Italia, Posada continuò a essere vista come un serbatoio di truppe e una fonte di tassazione e reclutamento, senza benefici concreti per la popolazione.
Il malcontento, già alimentato dall’Editto delle Chiudende del 1820, che aveva privato gran parte degli abitanti dell’uso collettivo delle terre, si acuì ulteriormente con il disordine amministrativo che caratterizzò prima la gestione piemontese e poi quella fascista. Le promesse di modernizzazione si tradussero in nuove disuguaglianze e nel perdurare di un ritardo economico e sociale che solo molti decenni dopo sarebbe stato parzialmente colmato.

Dopoguerra: la rinascita di Posada
Fu solo con l’arrivo dei fondi del Piano Marshall, nel secondo dopoguerra, che Posada poté finalmente avviare un percorso di rinascita dopo secoli di povertà e isolamento. Le risorse economiche provenienti dal piano di ricostruzione permisero di intervenire sulle paludi malsane infestate dalla malaria, favorendo una progressiva bonifica del territorio e un miglioramento complessivo delle condizioni di vita.
Vennero inoltre riordinati i sistemi di canalizzazione delle acque, fondamentali per restituire salubrità alle pianure circostanti e rilanciare l’agricoltura. Parallelamente, si avviò un piano di edilizia popolare per garantire abitazioni più dignitose a quella parte della popolazione che fino ad allora era rimasta esclusa dal nucleo abitato principale sorto ai piedi del Castello della Fava.
Fu l’inizio di un periodo di ricostruzione e speranza, in cui Posada, pur mantenendo intatta la propria identità storica, cominciò a guardare con fiducia al futuro, ponendo le basi per la trasformazione in uno dei borghi più vivi e apprezzati della Sardegna orientale.

La valle di Posada
Dal Castello della Fava, lo sguardo si apre su uno dei paesaggi più suggestivi della Sardegna orientale: la valle di Posada. Si tratta di un’ampia piana formatasi per sedimentazione alluvionale alle foci del Rio Posada, un ambiente che si estende tra il mare e le colline della Baronia, articolandosi in diversi rami attraversati da stagni, canali e zone umide. Questo mosaico naturale ospita una straordinaria varietà di specie botaniche e faunistiche, rendendo la valle un’area di grande interesse ecologico e paesaggistico.
Nel secondo dopoguerra, durante gli interventi di disinfezione antimalarica condotti dalla Fondazione Rockefeller nell’ambito del Piano Marshall, la zona riuscì a difendersi quasi completamente dall’impatto antropico. A confermarlo sono state analisi recenti che non hanno riscontrato tracce di contaminanti chimici come il DDT, a testimonianza della straordinaria resilienza ambientale del territorio.
Oggi, la valle del Rio Posada è un vero paradiso per gli amanti della natura. Tra le specie più rare e affascinanti che la popolano si possono osservare la tartaruga d’acqua dolce, il cavaliere d’Italia, il colorato pollo sultano, che nidifica nelle zone umide del delta, e il falco di palude, maestoso rapace riconoscibile dalla caratteristica macchia bianca sul capo.
Proseguendo verso il mare, il paesaggio si apre su spiagge lunghissime e incontaminate, alternate a scogliere di rara bellezza, che si estendono per circa venti chilometri fino a Punta Orvile, nel territorio di Santa Lucia di Siniscola. Questo tratto di costa, tra i più scenografici della Sardegna, ha ricevuto numerosi riconoscimenti ambientali e, nel 2014, è stato premiato — insieme al Golfo di Orosei — come il litorale più bello d’Italia.

Lega Ambiente e il Touring club la nominano la più bella d’Italia
A Posada, Legambiente e il Touring club italiano, anche nell’estate 2014, hanno assegnato il riconoscimento delle Vele blu (premiate pure Baunei e Bosa), premio che ha rivitalizzato il sentimento ecologista della popolazione che già negli anni ’90 aveva intravisto la possibilità di realizzare sul territorio un parco fluviale. Ipotesi poi abbandonata a favore di una politica di espansione immobiliare, superiore alle reali necessità ricettive e con risultati al limite della tollerabilità ecologica che hanno fatto dubitare sulla validità della scelta. Oggi, la Guida Blu di Legambiente e del Touring club è diventata una bussola che orienta i turisti sulle mete da visitare. Le località premiate con le 5 vele rappresentano così l’eccellenza dei distretti costieri che vanno preservati per averne un sicuro valore economico.
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