La storia biogeografica della Sardegna, come noto ormai da tempo tra gli studiosi, è unica e per molti aspetti del tutto particolare. La condizione di insularità , materializzatasi in seguito a processi geologici importanti nel Miocene, le ha conferito un patrimonio endemico faunistico e floristico unico e abbondante. In particolare, sul versante degli insetti, e più specificamente su quello delle formiche, è interessante notare come siano state censite 50-60 specie, alcune delle quali classificate come “primitive”.
Questa rigogliosa biodiversità della Sardegna, tipica per altro di tutte quelle zone del pianeta che, per ragioni geografiche, hanno vissuto una condizione di isolamento fisico per lunghissimo tempo, ha fatto sì che, fino ad oggi, si conservassero ed evolvessero nell’isola numerosi esempi di naturalità rara e in certi casi unica.
PRE E POST SAPIENS
Tuttavia, purtroppo, anche in Sardegna, dopo secoli di impatto antropico, man mano che l’essere umano ha sviluppato la sua società sempre più complessa e capace di sfruttare e alterare, grazie anche allo sviluppo tecnologico e ai cambiamenti economici e sociali, lo “stato delle cose”, si è determinata una loro trasformazione – per molti aspetti uno stravolgimento in senso peggiorativo – rispetto a come erano prima della comparsa dell’Homo sapiens sulla Terra.
Sul versante “insetti” e nello specifico caso quello delle “formiche” la minaccia alla biodiversità ha avuto un’accelerazione negli ultimi due secoli e ancor di più nell’ultima metà del ‘900 quando, il processo di globalizzazione e di aumento degli scambi commerciali, ha portato anche in Sardegna, altre specie di formiche, alcune delle quali, dotate di una capacità di adattamento e di sfruttamento ambientale che pian piano ha messo in difficoltà la coabitazione con quelle autoctone fino, in certi territori, a sostituirle completamente.
LE FORMICHE SARDE
Tra le numerose specie presenti in Sardegna, due sono endemiche e tre, invece, sono invasive. Con la consulenza scientifica dell’entomologo Elia Nalini, descriviamo singolarmente questi insetti.
“In Sardegna vi sono approssimativamente 50-60 specie – dice l’entomologo Elia Nalini – , numero non facile da calcolare considerando le continue pubblicazioni di nuovi dati e le perpetue scoperte di nuove specie a livello europeo, molte di queste identificabili solo attraverso analisi genetiche o tramite metodi statistici lunghi e complessi”.
DUE SPECIE ENDEMICHE IN SARDEGNA
“Essendo un’isola, la fauna endemica sarda (unica ed esclusivamente presente in Sardegna) abbonda: tra tritoni, orecchione sardo, coleotteri e molti altri animali davvero peculiari, tra gli insetti, anche le formiche presentano degli esponenti interessanti. Tra le forme più bizzarre e primitive troviamo il genere Leptanilla, comprendente due specie in Sardegna (su 70 specie mondiali), una delle quali al momento considerata endemica (Leptanilla doderoi). Queste microscopiche formiche, la cui dimensione è inferiore al millimetro, sono molto affusolate, cieche e totalmente depigmentate, in quanto abitano ambienti sotterranei e di grotta”.
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A SANT’ANTIOCO UN ENDEMISMO SARDO SOTTOTERRA
“Un altro esponente endemico sardo è Myrmecina melonii, formica descritta nel 1999 e rinvenuta per la prima volta a Sant’Antioco. Questa specie è stata, tuttavia, poco osservata per via delle sue abitudini ipogee (ossia che vive perennemente sottoterra). Non mancano, comunque, specie a distribuzione apparentemente circoscritta, come Tetramorium brevicorne, al momento nota solo per Sardegna e Corsica”.
LE SPECIE ALIENE
“Il traffico commerciale – continua Nalini – che ha interessato la Sardegna in epoche storiche, ha comportato anche l’arrivo di specie di formiche alloctone (aliene, non originare del posto). Tra le più comuni, Linepithema humile, nota come “formica argentina” (per via delle sue origini), è forse la più fastidiosa. E’ molto piccola, 2-3mm al massimo, ma non sono le dimensioni a renderla pericolosa: essa crea nidi poliginici (che ammettono più regine), la cui estensione può proseguire ininterrottamente per chilometri e chilometri. Le operaie producono iridoidi, sostanze tossiche e repellenti utili per scacciare qualsiasi altra formica tenti di competere con loro. La loro presenza comporta spesso una perdita di biodiversità delle formiche e degli altri insetti in generale, con una ricaduta anche sulla presenza di animali predatori, come rettili, uccelli
e anfibi”.
DALL’AFRICA CERCA UNO SPAZIO TUTTO PER SE
“Un’altra specie altrettanto presente è Cardiocondyla mauritanica, di origine africana. Per quanto la sua presenza sia consistente nelle aree sabbiose, sembra occupare zone poco preferite dalle formiche autoctone”.
LA DINAMICA DELL’INVASIONE ALIENA
L’invasione delle specie aliene, anche per quanto riguarda le formiche dipende da molti fattori. Talvolta questi fattori convergono tutti verso il successo dell’invasione che si realizza in pochissimo tempo. “Per rendere l’idea – conclude l’entomologo – sembra che 9 regine di L. humile, arrivate dal Sudamerica, bastarono per consentire a questa specie di invadere l’Europa in un secolo circa“.
LA GLOBALIZZAZIONE MINACCIA LA BIODIVERSITA’
Non sempre una specie alloctona riesce a perpetuarsi nel tempo e a diffondersi in un nuovo territorio e questa è una fortuna: il fenomeno della globalizzazione è uno dei principali motori dell’insediamento di specie aliene sui territori e se tutte le specie che sbarcano a nostra insaputa avessero sempre l’occasione di espandere il proprio areale, sarebbe ancor più disastroso per i già sovrasfruttati ecosistemi del nostro territorio.
Autore dell’articolo: Pierpaolo Spanu
Consulenza scientifica: Elia Nalini, entomologo
Archivio fotografico: Elia Nalini
Foto in copertina: esemplare di Crematogaster scutellaris
Terza foto in pagina: esemplare di Linapithema humile
Quarta foto in pagina: esemplare di Messor capitatus