La Prima Rivoluzione Russa si svolse nel gennaio del 1905 e portò al primo vero confronto tra il malcontento operaio, contadino, studentesco e il dispotismo zarista.
Questa rivoluzione, anche se si risolse in un nulla di fatto per le istanze avanzate dai protestanti, fu un presagio a ciò che sarebbe successo pochi anni più tardi con le due rivoluzioni del 1917.
La sconfitta imprevista contro il Giappone
Nel 1903 Giappone e Russia entrarono in guerra l’uno contro l’altra per contendersi la Corea. La Russia sottovalutò l’avversario ritenendo di un grande impero continentale davanti a un piccolo paese, ma il verdetto finale, anche grazie al sostegno militare dell’Inghilterra che appoggio l’esercito nipponico, portò la grande Russia alla sconfitta.
L’antizarismo dilagante di operai, contadini e studenti
L’umiliazione di vedere il proprio “grande paese”, tanto decantato dalla propaganda zarista che solo nel 1903 aveva apertamente dichiarato l’intenzione di espandere il dominio russo in Manciuria, in Corea, in Persia e in Anatolia fino allo Stretto dei Dardanelli, fece il paio col malumore della popolazione rurale che vide sotratte le proprie risorse (cavalli) per una guerra perduta e, non ultimo, alimentò l’opposizione studentesta che, ormai aveva manifestato chiaramente l’intenzione di rovesciare il regime zarista. Anche tra gli operai il malcontento era arrivato al limite, sopratutto perché le industrie non legate all’economia di guerra erano ormai entrate in crisi.
Democrazia e Zarismo
Militari disertori, proteste studentesche, operai e contadini inferociti, portarono la situazione al limite e per lo Zar era arrivato il momento del confronto diretto col popolo. Il 19 gennaio 1905 fu presentata a Nicola II una petizione operaia per mano del pope Gapon in cui si chiedeva esplicitamente un’apertura in senso democratico per tentare di sanare il malessere sociale:
- la convocazione di un’assemblea costituente;
- la liberazione dei detenuti politici;
- la libertà di stampa e di parola;
- l’istruzione pubblica obbligatoria per tutti;
- la separazione tra Stato e Chiesa;
- l’introduzione di una tassa progressiva sul reddito;
- la distribuzione della terra ai contadini;
- la fine della guerra;
- la legalizzazione dei sindacati;
- il diritto di sciopero;
- la giornata lavorativa a 8 ore;
- le assicurazioni previdenziali gestite dallo Stato.
Tali richieste, a cui si aggiunse quella di presentarsi il 22 gennaio 1905 al Palazzo d’Inverno, per ricevere la petizione direttamente dalle mani degli operai. Per lo Zar tutto questo era inaccettabile.
Spari sulla folla
Il 22 gennaio 1905, 200 mila protestanti, si misero in marcia verso il Palazzo d’Inverno. L’impero rispose con il presidio militare della città e dette l’ordine di sparare sulla folla. La convizione operaia secondo cui lo Zar era anche per gli operai “fonte vivente del diritto e della giustizia” era ormai definitivamente sepolta.