Tuttavia esistono tutta una serie di fattori di rischio, la cui gravità non può e non dev’essere sottovalutata, che se sotto valutati potrebbero di minare la bellezza naturale dell’isola, mettendo a repentaglio la sopravvivenza di alcune specie floristiche e faunistiche.
In primis una minaccia è sicuramente quella rappresentata da tutta una serie di fattori geomorfologici che, attraverso frane smottamenti o altri eventi di minore entità , provoca un graduale e costante arretramento di ampi tratti costieri.
La natura fa e la natura dispone, e quando ciò si verifica difficilmente si può modificare il corso degli eventi.
Si può e si deve farlo, però, quando la minaccia viene parimenti arrecata dall’opera dell’uomo.
Opere di intercettazione delle correnti fluviali e di, presunta o reale, difesa degli argini dei fiumi attraverso la realizzazione di dighe e altre spesso esagerate opere di cementificazione, rappresentano per la fascia costiera una minaccia ancor più insidiosa, proprio perché gratuita ed artificiale, di quella determinata dagli assestamenti morfologici spontanei che avvengono in natura.
L’opera dell’uomo, che attraverso l’asporto dai fondali di ampie porzioni di sabbia al fine di determinarne il riutilizzo nel campo dell’edilizia, ha causato un gravissimo impatto ambientale.
L’arretramento delle coste, infatti, non rappresenta soltanto una minaccia per le città marinare ma, attraverso l’assottigliamento delle spiagge, si è andato ad alterare anche tutto l’ ecosistema che governa l’ambiente marino.
Basti pensare al trattamento che è stato riservato negli anni alla posidonia oceanica.
Più che un’alga vera e propria, dal momento che l’immaginario collettivo tende ad associare alle alghe la funzione di rifiuto marino, possiamo considerarla una pianta acquatica in grado di rivestire una fondamentale importanza strategica per il mantenimento dell’equilibrio dell’ecosistema costiero sardo. Per tale ragione oggi, finalmente, è stata assimilata come specie protetta.
Malgrado molti la definiscono maleodorante, la posidonia tende a spiaggiarsi laddove le acque sono particolarmente pulite, questo anche grazie all’alga stessa, che riossigena l’acqua grazie al processo di fotosintesi può essere considerato un polmone marino, inoltre attraverso la formazione delle banquettes lungo le coste insulari, tende a rappresentare una delle più preziose barriere naturali che ostacolano il fenomeno dell’erosione costiera.
Tuttavia, la gestione di queste biomasse vegetali è stata eseguita per lungo tempo senza alcun riguardo per il ruolo svolto dalla pianta a tutela dell’erosione costiera, complice probabilmente anche una grave ignoranza di fondo.
Amministrazioni locali e gestori di stabilimenti balneari, portati a considerare i banchi di posidonia spiaggiata come un potenziale deterrente all’afflusso delle masse turistiche, sovente hanno proceduto all’asportazione meccanica degli stessi; lasciando così maggior spazio in spiaggia alle attività ludico balneari (sport e giochi, concerti, etc.) ma andando a determinare un rischioso impatto sul fragile equilibrio dell’ecosistema spiaggia.
L’asporto meccanico dei banchi di posidonia, infatti, unitamente ai pregressi e sconsiderati interventi di ingegneria ed edilizia a fini turistici cui accennavamo in precedenza, ha provocato lungo le coste dell’isola una grave situazione deficitaria, con perdita di ampi sedimenti di spiaggia.
L’unica soluzione realmente valida e plausibile per prevenire e contenere l’erosione delle spiagge, è rappresentata dal mantenimento sul posto della biomassa di piante di posidonia, finalizzata a garantire un bilancio sedimentario positivo delle spiagge.
Per fare ciò è necessario rispettare il naturale processo di vita della posidonia.
Sul primo requisito sembra che ci si stia muovendo positivamente: le autorità è gli esercenti locali, infatti, stanno finalmente cominciando a comprendere l’importante valenza strategica svolta dalla posidonia oceanica.
Per il secondo aspetto, invece, occorre lavorarci su. Aiutare i flussi turistici a comprendere che i banchi di posidonia spiaggiati non denotano carenze igieniche delle spiagge ma, anzi, sono preziose per la sopravvivenza delle stesse e dell’ecosistema marino sardo.