I ghetti ebraici erano dei quartieri in cui gli abitanti di etnia ebraica di una città, venivano allocati per legge.
Questi quartieri, nati per la prima volta, a Venezia durante il medioevo e poi riprodotti con alcune varianti in altre città del mondo nel corso dei secoli fino a poco dopo la metà del ‘900, prevedevano una separazione fisica netta degli ebrei, dagli altri cittadini.
Questa condizione di seperazione imposta portava alla discriminazione arbitraria di un popolo e all’innesco dei processi di segregazione razziale tipici dell’antisemitismo.
Gli ebrei a Venezia
Venezia, quando era il cuore propulsore dell’omonima Repubblica che per circa 1000 anni è stata una delle più importanti potenze economiche, politiche e commerciali del Mediterraneo, una delle etnie presenti tra le fila degli abitanti era certamente quella ebrea.
Agli ebrei il compito di prezzare le merci
Agli ebrei, come era tradizione nel Medioevo, vennero affidati anche a Venezia il compito di svolgere mansioni legate alla “finanza”, un’attività ritenuta degradante così come del resto erano ritenuti ignobili e indecorosi i mestieri legati al commercio e finalizzati alla generazione di denaro.
Aristocrazia e Chiesa minacciate cercano un nemico
La finanza, intesa già allora come disciplina che serviva a determinare le soluzioni di finanziamento e investimento come la prezzatura dei beni immessi in commercio, la copertura finanziaria necessaria ai trasporti e alla produzione, era considerata dalla Chiesa e dall’aristocrazia una delle peggiori degerazioni della società che minava, per altro, la solidità politica e culturale, dando anche ad altre fette di popolazione strumenti di riscatto economico e quindi politico.
- Nel 1555 ordinò l’istituzione del ghetto di Roma
Il Ghetto di Venezia
A Venezia la comunità ebraica si era già stanziata prima del 1000, ma solo dopo il 1300 gli insediamenti cominciarono ad essere più rilevanti e consistenti.
Fino ad allora dunque, sebbene le restrizioni a loro carico erano presenti, era concesso di vivere liberamente ovunque in città.
Cinquecento anni di tolleranza
Già nel 1200 Venezia cominciò ad adottare delle politiche discriminatorie nei confronti degli “stranieri” che venivano in città per mercanteggiare.
Esistevano infatti già da allora edifici specifici in cui mercanti provenienti dall’Europa orientale (Ungheresi, Boemi), venivano rinchiusi di notte nel cosiddetto Fondaco dei Tedeschi (che ancora oggi si trova nei pressi del Ponte di Rialto); analogalmente i mercanti porvenienti dal Medio Oriente, dall’Anatolia e dal Mar Nero venivano rinchiusi durante la notte nel Fondaco dei Turchi.
Venezia, per quanto riguarda la discriminazione verso gli ebrei, era nel Medioevo, una delle città più tolleranti.
In Inghilterra (1290), in Francia (1394), in Germania (1470), in Spagna (1492) e in Portogallo (1497) infatti erano già sorte persecuzioni massicce contro di essi.
La tolleranza veneta tuttavia cominciò ad essere veramente alla prova a seguito della guerra della Lega di Cambrai (1508-1516) che determinò una fuga di ebrei dall’Europa centro-meridionale proprio verso la Laguna.
Sinagoghe e mestieri agli ebrei
Nel ‘500 i governi veneziani cominciano a riconoscere l’entità della presenza ebraica in città e a consentirle una più definita collocazione sociale ed economica.
Vennero così dati i via libera alla costruzione di varie sinagoghe (Scuola di Canton, Scuola Grande Tedesca, Sola Spagnola, Scola Italiana, Scola Levantina) che contribuirono, tra le altre cose, a dare lustro urbanistico e architettonico alla città.
Nel frattempo venne consentito agli ebrei, oltre che di potersi occupare di medicina, di dedicarsi alla strazzeria.
Agli ebrei l’attività creditizia
Ai cristiani, per motivi religiosi, veniva impedito di svolgere il mestiere di “prestatori di denaro”. Questo compito tuttavia, fondamentale in una città a vocazione commerciale come Venezia, era necessario che qualcuno lo esercitasse affinché il meccanismo di compravendita delle merci non subisse intoppi o rallentamenti dovuti all’insolvenza temporanea degli acquirenti.
Il mestiere di “prestatori di denaro“, cioè quello di svolgere di fatto un’attività creditizia, fu dunque ufficiosamente consentito agli ebrei che, liberi dal vincolo religioso, poterono esercitarlo liberamente.
In breve tempo quindi, gli ebrei, da venditori di merce usata (strazzeria), si specializzarono anche in attività creditizia, diventando di fatto, un anello fondamentale della lunga catena che cosentiva lo svolgimento degli affari commerciali, dal produttore, all’acquirente, passando per il venditore e il finanziere.
L’emancipazione economica che genera invidia e pregiudizio
Gli ebrei in poco più di cinquecento anni da poveri emigranti diventarono una comunità riconosciuta all’interno della società veneziana.
Un riconoscimento che, quando gli affari e l’economia andava bene, si trasformava in tolleranza, mentre, quando andava male, degenerava nella discriminazione e nel pregiudizio.
Alla comunità ebraica, alle loro tradizioni religiose, alle loro abitudini di vita così a tratti diverse da quelle cristiane, vennero accollate etichette discriminatorie.
Gli ebrei vennero accusati di essere speculatori al limite dello strozzinaggio quando si verificavano i tracolli economici che portarono alcuni ricche famiglie al fallimento, in seguito, di fatto, ad investimenti sbagliati o a operazioni commerciali in perdita.
Al pregiudizio economico-finanziario si sommò ben presto quello religioso-militare, quando i predicatori francescani chiesero espressamente alle autorità veneziane che venissero adottate politiche di “contenimento” della libertà degli ebrei, in quanto “negatori della divinità cristiana”.
Nel 1516 la svolta, nascono i Ghetti ebraici
Sulla scia del malcontento sociale prodotto dalle difficoltà economiche che proprio in quegli anni stava attraversando Venezia, a seguito, di fatto, delle sconfitte militari, gli ebrei vennero ufficialmente messi al confino, ovvero, non potevano più scegliere di vivere liberamente in qualsiasi quartiere della città, ma la loro residenza poteva essere solo nel cosiddetto “Ghetto Nuovo”.
A dare ufficialità a questa politica fu il Senato, che, il 29 marzo del 1516 con 130 sì su 44 no, stabilì che tutti gli ebrei dovevano risidere unicamente nel Getto Nuovo.
Secondo la nuova disposizione dunque:
“Li Giudei debbano tutti abitar unidi
in la Corte de Case,
che sono in ghetto appresso San Girolamo”.
Ghetto Vecchio e Ghetto Nuovo
La prima collocazione rionale legalmente riconosciuta agli ebrei, con la legge del 1516, fu il Getto Nuovo. Il Ghetto era una parte della città di Venezia dove fino ad allora venivano concentrare le fonderie che producevano tra le altre cose le famigerate “bombarde” veneziane, i pezzi di artiglieria a tiro parabolico che venivano installati nelle navi da guerra, nei castelli o nei bastioni.
Ghetto, dal veneziano “ghèto” = fonderia
Dai ghetti veneziani a quelli europei
Le politiche dei ghetti dopo Venezia vennero poi riprodotte in numerose altre città europee, come Roma, Praga o Francoforte, dove la discriminazione verso gli ebrei era una costante secolare della vità sociale e politica.
A Venezia i ghetti ebraici furono una realtà urbanistica definita dal 1516 al 1797.
Per i nazisti furono l’anticamera della soluzione finale
La stessa operazione, con un’ulteriore accentuazione del carattere razzista e discriminatorio, venne poi adottata durante la dittatutura nazista, in particolare nella Seconda Guerra Mondiale, quando il confinamento degli ebrei avveniva utilizzando anche recinizioni invalicabili.
Hitler scelse di adottare questa misura andando oltre la discriminazione cinquecentesca. I ghetti nazisti erano infatti delle “misure temporanee” di contenimento degli ebrei in vista della “soluzione finale”, ovvero l’uccisione e l’eliminazione fisica totale in chiave di “pulizia etnica”.