Mille e cinquecento anime al centro dell’Ogliastra, una vita appartata ai bordi del tacco di Osini e di un grande altopiano carsico che alterna punte alte fino a 1000 m.s.l. a una intricata foresta di lecci secolari tipici della Sardegna centro-orientale. Tra i corsi d’acqua più importanti del territorio è da citare il Rio Pardu nei pressi del quale si coltivano uliveti e orti.
Visitare Osini vecchia
Osini Vecchia si trova a 1 chilometro più a valle rispetto alla Nuova, ed è stata abbandonata nel novembre 1951 in seguito all’alluvione che sconvolse tutto il territorio, distruggendo anche la prospiciente Gairo Vecchia, che sta al di là della vallata e fu ugualmente abbandonata nell’autunno del ’51 a causa delle conseguenze dello stesso evento meteorologico. Attualmente, del piccolo abitato, composto da case diroccate e pittoresche viuzze in lastricato che richiamano la vita rurale della Sardegna ottocentesca, è rimasta quasi intatta la chiesa di Santa Susanna, costruita nel 1600. Tra gli scorci più interessanti vi sono pure quelli del cimitero e della fontanella.
L’alluvione del 1951: la più grande del ‘900
Tra il 14 e il 19 ottobre del 1951, quasi tutta la Sardegna, ma in particolar modo il suo versante orientale, fu devastata dalla più grande alluvione del ‘900, quella che flagellò, ininterrottamente, un terzo del territorio regionale per una superficie pari a 8 mila chilometri quadrati. Il diluvio seguì a un lungo periodo di scarse precipitazioni, che misero in ginocchio l’agricoltura (-35% di produzione rispetto alla media annuale). L’eccezionalità dell’evento, tuttavia, non fu individuata nei picchi d’intensità oraria delle precipitazioni, bensì nella durata delle stesse: per 4 giorni consecutivi, dal cielo, caddero dai 400 ai 500 mm di pioggia pro die. Da quegli storici momenti, la meteorologia sarda inquadrò definitivamente il settore calcareo dell’Ogliastra come una delle aree della Sardegna dove si concentrava (e si concentra), il maggiore quantitativo pluviometrico. Tra le 13 stazioni sarde che superano i 1000 mm/anno, infatti, la metà erano (e sono) di questo territorio: Arzana, Lanusei e Villagrande.
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Lo scirocco fu il presagio
L’area più colpita dall’Alluvione del ’51, fu dunque la porzione orientale della Sardegna, che fu prima battuta da un caldo scirocco il quale addensò su quei cieli, dense nubi che si concentrarono in prossimità delle cime più alte. L’inizio della fine cominciò con le piogge di prima mattina il 14 ottobre, quando l’Ente idrografico della Sardegna registrò i seguenti valori di precipitazione:
- Massonedili: 40 mm
- San Pantaleo: 46 mm
- Sinnai: 60 mm
- Montes: 70 mm
- Galtellì: 85 mm
- Muravera: 89 mm
- Burcei: 102 mm
- Serpeddì: 131 mm
- Tertenia: 160 mm
L’esodo forzato
La distruzione di Osini costrinse i suoi abitanti ad andare via dalle loro case e abbandonare il villaggio. L’esodo fu un trauma per tutti. Ci fu in primis un problema logistico sull’individuazione delle nuove destinazioni che prevedeva comunque un piccolo trasferimento di massa, non facilmente governabile dai centri limitrofi. Si fecero comunque avanti varie idee, tra cui quella di ricostruire lo stesso paese poco più a monte che divenne quella definitiva.
Osini Vecchio su Google Map