L’editto delle chiudende, emanato nel 1820 dal Regno di Sardegna, fu una riforma agraria che ebbe un impatto significativo sulla struttura sociale ed economica dell’isola. L’obiettivo principale era favorire la privatizzazione delle terre comuni, consentendo la recinzione (“chiudenda”) di terreni precedentemente utilizzati collettivamente dalle comunità locali.
- LEGGI ANCHE: La Civiltà Nuragica
Contesto storico
Prima dell’editto, gran parte della terra in Sardegna era gestita in regime di uso collettivo, soprattutto per il pascolo e l’agricoltura di sussistenza. Questo sistema era fondamentale per l’economia pastorale e agricola delle comunità rurali sarde.
Contenuto e obiettivi
L’editto stabiliva che:
- I proprietari potevano recintare i terreni di loro proprietà per sfruttarli in modo esclusivo.
- Anche i terreni pubblici e demaniali potevano essere venduti o concessi a privati, incentivando il passaggio della proprietà terriera a famiglie nobili o facoltose.
L’obiettivo dichiarato era modernizzare l’agricoltura e migliorare la produttività economica. In realtà, mirava anche a consolidare il controllo statale e favorire la nascente borghesia agraria.
Conseguenze
Le conseguenze dell’editto furono controverse:
- Privatizzazione e disuguaglianza: Le terre comuni furono spesso acquistate dai grandi proprietari terrieri o dalle élite locali, mentre i contadini poveri e i pastori furono esclusi dal processo.
- Conflitti sociali: La perdita dell’accesso alle terre comuni causò tensioni sociali e alimentò il banditismo, un fenomeno che caratterizzò il XIX secolo in Sardegna.
- Impatto sulla pastorizia: La recinzione delle terre limitò le possibilità di pascolo, mettendo in difficoltà i pastori che dipendevano dalle risorse collettive.
Eredità storica
L’editto delle chiudende è oggi ricordato come uno degli eventi che più influenzarono la storia agraria e sociale della Sardegna. Molti lo considerano un esempio di riforma agraria fallita, incapace di migliorare le condizioni delle fasce più deboli della popolazione.