L’Era dei Giudicati in Sardegna è stata l’epoca storia compresa tra la fine del dominio bizantino e l’inizio di quello aragonese-spagnolo (1000 – 1420)

Siamo in pieno medioevo quando la Sardegna, caduta la Sicilia in mano araba, perde il contatto con Bisanzio ed entra in un breve periodo di relativa autonomia politico-amministrativa, prima che ritorni ad essere terra di conquista (Pisa, Genova, Aragona, Spagna).
Durante l’era giudicale i Sardi riorganizzano l’amministrazione dei territori recuperando in parte l’impronta nuragica e riadattando quella bizantina alle nuove esigenze di controllo, soprattutto per rispondere con efficacia alla minaccia saracena che, dopo la caduta della Sicilia, punta a prendere anche il controllo Sardegna.
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La difesa della Sardegna dagli arabi-musulmani avverrà con successo: l’isola non cadde mai sotto il controllo saraceno. Gli attacchi arabi si limiteranno a qualche rovinosa incursione sulle coste (Caralis, Sulcis, Gallura, Oristano) senza mai degenerare in occupazione permanente.
Nel frattempo che la Sardegna perde il contatto con Bisanzio la Chiesa ricomincia a introdurre la sua influenza, mentre la parte settentrionale dell’isola (Gallura, Anglona, Logudoro), grazie alla vicinanza con la Corsica e con la Toscana subisce le prime influenze carolinge, genovesi e pisane.
L’età giudicale è stato dunque un periodo di relativa indipendenza della Sardegna, perche, in un momento di riorganizzazione dei grandi poteri italici ed europei, riesce a non subire influenze condizionanti esterne.
Quello giudicale è un periodo di discreta prosperità seppur caratterizzata da lotte intestine tra i giudicati che, nati da una stessa matrice bizantina-aristocratica, sviluppano pian piano una loro autonomia e indipendenza che inevitabilmente porta a conflitti per la contesa di potere, territorio e prestigio.
L’età giudicale si conclude ufficialmente nel 1420 con la caduta dell’ultimo giudicato (Arborea) in mano agli Aragonesi.
Nel frattempo altre interferenze (Genova, Pisa, Chiesa) avevano già minato la stabilità socio-culturale e politica dei giudicati con influenze di vario tipo, fino a portarli ad un progressivo indebolimento e frantumazione.
I giudicati erano Stati indipendenti, ciascuno con un sovrano chiamato giudice (iudex), che aveva poteri simili a quelli di un re. Erano:
- Giudicato di Caralis – Capitale: Santa Igia
- Giudicato di Torres (o Logudoro) – Capitale: Ardara
- Giudicato di Arborea – Capitale: Oristano
- Giudicato di Gallura – Capitale: Civita (Olbia)
Giudicati sardi
1000 – 1420

Era dei Giudicati, Indice degli argomenti:
- La conquista araba della Sicilia e l’isolamento della Sardegna
- Allontanamento da Bisanzio e rientro della Sardegna nell’orbita occidentale
- L’organizzazione politica della Sardegna giudicale
- I Regni giudicali
- La società giudicale
- Specificità dei giudicati sardi
- Giudicati sardi e feudalesimo europeo
- Glossario dell’era giudicale
La conquista araba della Sicilia
e l’isolamento della Sardegna
Bizantini in Sardegna
Nel 534 la Sardegna fu strappata al dominio vandalo dai Bizantini che la occuparono stabilmente per circa due secoli, durante i quali, sebbene si trattasse di una terra lontana e periferica, riuscirono a modellarla culturalmente e politicamente secondo le loro identità.
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Il dominio bizantino nel mediterraneo, ereditario ufficiale dell’Impero romano, nel ‘600 oltrepassò lo Stretto di Gibilterra e si estese a occidente sino alle coste marocchine e portoghesi. Oltre alle coste africane i bizantini misero sotto controllo anche le grandi isole del mediterraneo, come Cipro, Creta, Sicilia, Sardegna e le Baleari.
Arabi nel mediterraneo
A mettere in discussione il potere bizantino nel mediterraneo fu l’avvento dell’Islam e degli Arabi che, tra il 622 e il 740 da stato regionale circoscritto nella penisola arabica, si trasformarono in stato coloniale capace di scalzare qualsiasi dominio preesistente nelle coste nord africane e nelle maggiori isole del Mediterraneo.
A differenza dei bizantini gli Arabi non riuscirono a penetrare nella penisola italiana ma conquistarono quella iberica fino alle pendici dei Pirenei.
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Gli Arabi in Sardegna
Gli Arabi non conquistarono mai completamente la Sardegna, ma ci furono incursioni e tentativi di invasione nel corso del periodo medievale.
705 – Prima incursione araba nelle coste dell’isola di Sant’Antioco. La spedizione partì dall‘Egitto.
La Sardegna, che era sotto il controllo bizantino, subì alcune incursioni arabe. Alcuni storici riferiscono che, nel 700, dopo la conquista della Spagna, gli Arabi avrebbero fatto delle incursioni anche nelle coste sarde, ma non riuscirono a stabilirsi nell’isola.
Gli Arabi in Sicilia
Nell’827 d.C. gli Arabi, quando già avevano conquistato gran parte dell’Africa mediterranea, sbarcarono in Sicilia (a Marsala) con un contingente e iniziarono la conquista dell’isola. Le operazioni di penetrazione nella più grande isola del mediterraneo vennero completate poco meno di trent’anni dopo nel 902.
La presa della Sicilia determinò da parte degli arabi determinò un isolamento della Sardegna da Bisanzio e costrinse i Sardi a provvedere autonomamente alla difesa dell’isola dalle scorribande straniere.
Debisantizzazione della Sardegna
Scollegata la Sardegna da Bisanzio con l’avvento degli Arabi in Sicilia, l’isola iniziò a sviluppare un’autonomia e un progressivo affrancamento culturale, politico e sociale dall’Impero romano d’Oriente.
E’ in questo periodo che i funzionari imperiali, un tempo rappresentanti in terra di Sardegna di Bisanzio, diventarono pian paino sovrani indipendenti.

Sardegna confine meridionale dell’Europa cristiana
A dimostrazione dello smarcamento della Sardegna dall’Impero fu il passaggio nell’838 di una spedizione militare franca che dalla Corsica, dove Carlo Magno era possessore dell’isola, si diresse verso le coste nordafricane.
La concessione avvenne in autonomia, senza interpellare Bisanzio. Dimostrando chiaramente che la Sardegna doveva provvedere da sola a difendersi dagli assalti arabi e non poteva più contare sulla protezione bizantina.
L’uso della Sardegna come testa di ponte con l’Africa per combattere gli arabi, fu riconosciuta dal conte Bonifacio come dimostrazione di amicizia anti araba e al tempo stesso indicò chiaramente come l’isola fosse uno dei confini meridionali dell’Europa cristiana.
Allontanamento da Bisanzio
e rientro della Sardegna
nell’orbita occidentale
Bisanzio reintroduce l’arconte
In Sardegna l’arconte aveva inizialmente la sua sede a Cagliari. In seguito furono individuate anche altre sedi dell’isola (Tharros, Turris, Civita) dove installare un presidio di tale importanza, perché Bisanzio temeva che gli Arabi le potessero portare via anche la Sardegna.
Il Papato riporta la liturgia cattolica sull’isola
Nel frattempo la Sardegna, man mano che il rapporto con Bisanzio si sfilacciava, diventava oggetto di interesse per il papato romano che pian piano reintrodusse la liturgia e la cultura cattolica in sostituzione di quella greca.
Ripresa delle relazioni con Roma
I rapporti della Sardegna con Roma inoltre (mai del tutto interrotti anche durante il dominio bizantino) si arricchirono di nuove relazioni commerciali e militari, come ad esempio la richiesta di Papa Leone IV che nell’851 chiese ai giudici sardi l’invio di un contingente militare e di una fornitura di lana marina.
Matrimoni incestuosi
Terzo elemento di rottura con l’impero bizantino la Sardegna lo ebbe con il trasferimento familistico dei poteri da una generazione all’altra. In questo modo il presidio di matrice bizantina perse pian piano forza e venne sostituito da quello di famiglie aristocratiche che introdussero la trasmissione dei potere solo all’interno del proprio ramo parentale.
Questa operazione avveniva anche attraverso la pratica – stigmatizzata dal papa Nicolò I nell’864 – dei matrimoni tra consanguinei.
Dall’impero all’aristocrazia
Il passaggio del potere dalle formali figure imperiali bizantine alle dinastie aristocratiche che si erano radicate sul territorio avvenne man mano che l’Impero Bizantino perdeva il controllo delle regioni.
Ciò che successe in Sardegna era già successo a Venezia e a Napoli.

In Sardegna un ceppo originario per i 4 giudicati
In Sardegna in particolare i quattro giudicati che si suddivisero il territorio appartenevano nel loro ceppo originario ad una stessa dinastia originaria – quella dei Lacon-Gunale di Caralis – e la pratica dei matrimoni consanguinei serviva a mantenere la linea di successione all’interno della stessa famiglia.
A sostenere la tesi secondo cui la famiglia Lacon-Gunale di Caralis fosse il ceppo originario di matrice bizantina/autoctona da cui sarebbero discese le altre famiglie che si spartirono la Sardegna nei quattro giudicati è, tra gli altri, il medievalista sardo Francesco Ciusa Romagna.
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Tra l’800 e il 1100
la Sardegna contava
circa 300.000 abitanti

L’organizzazione politica
della Sardegna giudicale
Specificità dei Giudicati sardi
L’organizzazione politica dei giudicati sardi aveva elementi di specificità propri non assimilabili al contemporaneo feudalesimo europeo.
I Giudicati sardi erano delle monarchie elettive semi-ereditarie, mentre i Feudatari erano dei concessionari delle terre del Re che amministravano in maniera privatistica-ereditaria.
I Giudicati sardi da punto di vista politico-istituzionale erano un preludio agli Stati nazionali che sorgeranno in seguito in Europa.
Giudici maschi in primis
I giudici venivano scelti all’interno della famiglia ereditaria seguendo primariamente la linea maschile e in alternativa quella femminile qualora la discendenza maschile fosse assente.
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Parlamento giudicale
I Giudicati avevano a capo il Giudice che veniva scelto secondo le indicazioni presenti nel testamento di successione del predecessore, ma l’assegnazione formale dell’incarico veniva siglato dal parlamento giudicale, la Corona de Logu.
Distinzione tra beni del giudice e beni pubblici
I regni giudicali sardi inoltre, erano strutturati in modo che il patrimonio personale del giudice fosse separato da quello pubblico. Pertanto, il Giudice fungeva da “curatore” del bene pubblico (terreni, imposte…) per conto del parlamento giudicale.
Apparato burocratico
Ad assistere il Giudice nell’espletamento della sua complessa funzione e al fine di evitare abusi di potere o derive privatistiche, esisteva una complessa macchina burocratica che metteva in compartecipazione il potere centrale con quello periferico.
Nessun documento sulla nascita dei giudicati
Sulla data di nascita dei giudicati sardi non esistono documenti che la certificano. Le stime sono solo delle ricostruzioni ipotetiche sulla base di documenti risalenti al 900 che descrivono però una Sardegna già organizzata in giudicati.
Feudalesimo coi catalani
L’epoca giudicale sarda durò poco meno di cinquecento anni, dal 1000 al 1420, quando cadde nelle mani degli aragonesi l’ultimo giudicato, quello di Arborea.
Con l’arrivo dell’amministrazione catalana prima e spagnola dopo, fu introdotto anche in Sardegna il feudalesimo che sostituì i giudicati nella organizzazione e nella amministrazione del territorio.
La Corona de Logu e il consiglio centrale
La Corona de Logu era il parlamento giudicale composto dai rappresentanti aristocratici dei distretti territoriali, le Curatorie, che detenevano formalmente il potere amministrativo del giudicato il quale consisteva in molti compiti, come ad esempio:
- ratificare accordi
- dichiarare guerra
- firmare trattati di pace
- detronizzare il giudice
- condannare a morte il giudice
Il Giudice invece era il curatore delle operazioni amministrative e non poteva ratificare accordi, atti autonomamente o dichiarare guerra, mansione questa sempre di competenza della Corona.
Il Giudice poteva essere detronizzato nei casi gravi di abuso di potere (tentativi di tirannide) e poteva essere sottoposto a giustizia capitale per decisione popolare. La trasmissione ereditaria dell’incarico tuttavia rimaneva.

Corona de Logu
Consiglio aristocratico
Il giudice
Sebbene nei sigilli in piombo era scritto il nome di Rex che seguiva quello del giudice, questi non era un re assoluto, ma un curatore / supervisore delle operazioni amministrative della Corona.
La successione al trono era dinastica per diritto, ma poteva essere introdotta, in casi particolari, una parentesi di “reggenza di fatto” per via elettiva da parte della Corona.
La successione al giudice veniva designata quando ancora questi era in vita, seguendo però sempre la stessa linea dinastica. Nella scelta dei successori priorità veniva data alla eredità maschile.
I Giudici sebbene non disponessero del patrimonio pubblico, avevano a disposizione rilevanti ricchezze ereditate. Una parte di queste potevano essere cedute per via demaniale ai militari e ai funzionari più fedeli al fine di garantirsi una maggiore stabilità personale. Con gli altri rappresentanti distrettuali i giudici avevano tuttavia rapporti di parentela.
Le corti giudicali, ovvero le sedi di dimora dei giudici, erano inizialmente itineranti e variavano da una curatoria all’altra.
- coordinamento nelle operazioni militari
- garante degli ordinamenti giuridici e amministrativi
- nomina dei Majores de villa
Le cancellerie giudicali

Le milizie giudicali
Il corpo militare dei giudicati sardi era costituito da un esercito regolare composto da soldati professionisti, cittadini liberi che si alternavano periodicamente nella mansione e, nei casi di emergenza, nell’arruolamento forzato dei servi.
I vertici militari erano costituiti dai soldati professionisti, ovvero i cavalieri scelti, che rappresentavano i Bujakesos, detti guardiani del giudicato. Molti di questi cavalieri, proprietari terrieri, prestavano liberamente il loro servizio, erano i cosiddetti “lieros de caballu“.
I cavalieri si alternavano settimanalmente (Kita de bujakesos → Settimana dei guardiani) nella mansione militare e fornivano assistenza anche alle truppe locali al servizio del Curatore, le Iskolka.
A comandare le truppe scelte vi era l’addetto alla sicurezza del giudice, il Majore de janna, ovvero il comandante.
Per quanto riguarda la fanteria questo compito era affidato ai Birrudos.
Altri soldati venivano poi reclutati attraverso una coscrizione direttamente dalla libera cittadinanza maschile che veniva reclutata in caso di emergenza. Erano i cosiddetti Lantzeris che si muovevano solo a piedi o i Caddigatores se avevano un cavallo e costituivano una cavalleria leggera.
Armatura dei cavalieri giudicali
I bujakesos disponevano di un armamentario personale costituito da 4 elementi:
- la spada
- la cotta di maglia
- lo scudo
- l’elmo
- il birrudu lungo per i cavalieri che era un’arma da lancio e da taglio derivata dal giavellotto romano, il pilum o verutum
- il birrudu corto per le milizie a terra (i Birrudos)
- la virga sardesca – giavellotto pesante consegnato ai cittadini coscritti in momenti di urgenza
- la leppa – sciabola a lama ricurva con manico d’osso, lunga tra i 50 e i 70 cm
- l’arco di tasso – un arco realizzato in legno di tasso
- la balestra – usata dai Balisteris


Truppe mercenarie
Nei casi di conflitti più difficili i giudici sardi ricorrevano anche a truppe mercenarie ingaggiate da altri territori extraisolani, come ad esempio i temutissimi balestrieri genovesi, noti per la loro efficacia in moltissime operazioni militari del medioevo, che prestavano la loro professionalità ad eserciti stranieri.
Le Curatorie
Le Curatorie erano i distretti amministrativi con cui era organizzato il giudicato.
Attraverso di esse il giudice controllava i territori (sos logos) decidendo in materia di:
- prelievo fiscale,
- azioni giudiziarie,
- polizia,
- arruolamento al servizio militare.
Ogni curatoria aveva un capoluogo, la sede dove risiedeva il Curatore ( o curadore), il consiglio assembleare (Corona de Curadoria) e il gruppo di giudici (i jurados) che aiutavano il curatore a districarsi nella giustizia amministrativa.
A nominare il Curatore era il Giudice, su proposta però del judike. La nomina era temporanea.

Governo assembleare
L’organizzazione territoriale dei giudicati, rappresentati da apposite assemblee locali, secondo alcuni osservatori riprendevano lo spirito parlamentare dell’antico villaggio nuragico.
Curatorie uguali per popolazione
L’estensione territoriale delle curatorie non era fissa, ma si definiva di volta in volta in base all’andamento demografico del territorio, in modo che le aree avessero un numero uguale di abitanti.
Major de bidda
Altra figura amministrativa sottostante al curadore era il major de bidda, il responsabile di ciascun villaggio in materia amministrativa e giudiziaria.
Questa figura può essere assimilabile a quella dell’odierno sindaco.
Gli insediamenti
La popolazione della Sardegna giudicale ebbe un lieve incremento rispetto all’epoca precedente raggiungendo la quota di 300 mila abitanti, e subì un calo in quella successiva a causa della peste e della guerra sardo-catalana.
Si può dire quindi che l’età giudicale fu un periodo di relativo benessere per gli abitanti dell’isola che si organizzavano per vivere sia nei grandi centri urbani che nei piccoli borghi rurali.
Tipologie di insediamento abitativo
Nella Sardegna giudicale esistevano 6 tipi di insediamento organizzato, che erano:
- Il capoluogo giudicale – tipo Caralis, Torres, Ardara, Arborea, Tharros o Civita, che erano sedi giudicali, religiose e soprattutto i più grossi centri commerciali.
- Le ville – agglomerati più piccoli del capoluogo sede delle curatorie
- Le domus – complesso di abitazioni rurali – di proprità del donnu – sparse dove abitavano i servi che curavano le coltivazioni e gli allevamenti
- Le domestiche – frazionamenti delle domus ma con le stesse caratteristiche e le stesse funzioni di queste
- Le curtis – ulteriore frazionamento delle domus sempre con le stesse funzioni e caratteristiche
- I saltus – terreni incolti lasciati a libero pascolo amministrato come un latifondo.
Uso del territorio
Il territorio della curatoria – chiamato “fundamentu” – era suddiviso in due macro-aree:
- quella più vicina alla villa era sottoposta a privatizzazione (aristocratici, militari)
- quella restante, periferica e più lontana dalla villa era un demanio di libero utilizzo da parte della cittadinanza.
Questa parte periferica del territorio era però disciplinata da due usi che potevano essere concessi, l’allevamento (la paberile) o l’agricoltura (la biddatzone): le aree venivano quindi divise e alternativamente destinate ad usi diversi.
La specificità dello sfruttamento rurale richiamava, secondo alcuni studiosi, quello messo in atto già in epoca nuragica.

La moneta
In Sardegna i traffici commerciali interni avvenivano soprattutto attarverso il baratro.
Non esistono documenti ufficiali in grado di sostenere che circolasse una monetazione autoctona.
Solo con l’arrivo gli aragonesi, dei pisani e dei genovesi si ebbe una fluidità monetaria anche nell’isola sebbene ristretta solo a certe zone: la Gallura, il Logudoro, alcuni centri del Campidano (Arborea e Caralis).
I regni giudicali
La suddivisione della Sardegna in quattro regni giudicali fu una scelta politica dettata dalla necessità di amministrare meglio l’isola, troppo grande per essere tenuta sotto controllo solo da Caralis, come il mandato bizantino aveva designato.
Dividersi per controllare gli invasori

Quattro stati
- Giudici di Caralis – Cagliari – Santa Igia e Pluminos
- Giudici di Torres – Porto Torres – Torres e Ardara
- Giudici di Arborea – Tharros e Oristano
- Giudici di Gallura – Civita
Alle soglie dell’anno Mille gli stati giudicali sardi erano ormai definiti territorialmente, indipendenti e con propri apparati legislativo-amministrativi, ricalcando in parte le precedenti circoscrizioni territoriali bizantine.
La società giudicale
Nella Sardegna Giudicale la società era suddivisa così:
- Il Donno majorales – Il donno era il “signore”, il proprietario concessionario di un territorio e rappresentava il vertice locale dell’aristocrazia fondiaria
- I servos – I servos erano la popolazione servile che coltivava le terre e allevava il bestiame del signore. Il loro lavoro dedicato al signore era di 4 giorni. Altri 2 invece erano destinati al lavoro per se stessi e spesso serviva a raggiungere l’autonomia economica e l’affrancamento dalla condizione di servo.
- Ilivertados – I livertados erano i cittadini liberi che avevano conquistato l’affrancamento dalla condizione servile accumulando una ricchezza propria.
- I lieros de cavallu – I lieros de cavallu erano i cavalieri sardi che prestavano servizio militare per conto del signore e in cambio ottenevano un piccolo terreno ed una esenzione dal pagamento dei tributi.
Servi
Un terzo della popolazione sarda apparteneva alla classe servile ed era sottoposta ad una dura condizione di subalternità rispetto al signore che decideva non solo sulle condizioni economiche, ma anche sulle libertà personali dei servi, decidendo sui loro matrimoni e impedendo che si allontanassero dal territorio.
La classe servile rimase tale in Sardegna fino all’epoca della giudicessa Eleonora di Arborea che aprì ad una quasi totale libertà dei cittadini.
Con l’arrivo del dominio catalano tuttavia la condizione servile di gran parte della popolazione tornò nuovamente ed essere imposta.
Aristocrazia fondiaria
L’aristocrazia fondiaria della Sardegna giudicale era dunque costituita dai Donnos majorales che erano le famiglie latifondiste, imparentate coi giudici e concessionarie dei territori.
L’aristocrazia fondiaria oltre a tenere sotto controllo le terre per conto del giudice, reclutava coloro che poi costituivano il corpo militare a cavallo del giudice. Alcuni di questi, forse i più esperti e i più bravi, riuscivano ad arrivare alla carica di guardie giudicali, che era la cerchia militare più stretta del giudice.
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Giudicati sardi
e feudalesimo europeo
Differenza col feudalesimo
L’Era dei Giudicati potrebbe ad una prima lettura assomigliarsi al feudalesimo, periodo storico quasi parallelo che rappresentò la più diffusa organizzazione amministrativa del medioevo in Europa occidentale. Le differenze
Giudicati e Bizantini
Tuttavia, le differenze tra le due forme statali furono importanti, perché i Giudicati sardi possono essere imparentati con le esperienze amministrative dell’Impero bizantino, in quanto è da questa influenza che trassero fonte di riferimento.
Re di Sardegna
Il sommo potere del giudicato sardo era costituito dalla figura del “giudice” (“judikes” in lingua sarda), assimilabile a quella del “re”, da cui però si differenziava perché non era proprietario del territorio per “nomina divina”, bensì
Differenza tra re feudale e re giudicale
Il re giudicale (detto giudice) era una figura elettiva o ereditaria, ma il suo potere era meno gerarchico rispetto al re feudale.
Il re feudale era al vertice della gerarchia ed formalmente proprietario di tutte le terre del regno. Proprietà che gli era riconosciuta per diritto ereditario o “divino”.
Re proprietario
Gli stati europei, durante l’epoca feudale, furono concepiti come “stati patrimoniali”. La terra in quel periodo tuttavia non era una “proprietà privata” intesa in senso moderno, bensì un beneficio (o un feudo) concesso ai vassalli. Questi, a loro volta, potevano concedere porzioni di terra ai loro subordinati.
Feudo = Concessione
Il feudo era una porzione di terra o un diritto concesso da un signore feudale (il suzerano) a un vassallo in cambio di servizi, solitamente di carattere militare o amministrativo. Questa concessione era basata su un rapporto di mutuo obbligo.
Il ruolo del re nel feudalesimo
Nel feudalesimo, il potere del re derivava dalla sua posizione come capo supremo della gerarchia feudale. Era considerato il sovrano legittimo per diritto divino o eredità.
- Il re possedeva formalmente tutte le terre del regno, ma non in senso assoluto. Distribuiva ampie porzioni di terra ai suoi vassalli (nobili, duchi, conti, ecc.) in cambio di fedeltà, sostegno militare e tributi.
- I vassalli non possedevano le terre in senso assoluto, ma le gestivano sotto l’autorità del re, mantenendo un rapporto di reciproco obbligo.
- Il re era più un simbolo di unità e un arbitro tra i suoi vassalli che un governante diretto di un territorio centralizzato.
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