I Fortini di Sardegna sono le costruzioni in calcestruzzo e laterizi che furono realizzate dal Regno d’Italia durante la Seconda Guerra Mondiale per difendere le coste della Sardegna da un possibile attacco alleato proveniente dal mare.
Diffusi sopratutto a Ovest
I Fortini erano diffusi in modo particolare lungo la costa occidentale dell’isola, con una maggiore concentrazione nel tratto tra Oristano e Arborea. Questo punto di sbarco era infatti vicino alla principale via di collegamento stradale della Sardegna, la Carlo Felice e alla ferrovia che collega Cagliari a Macomer.
Piccoli e male equipaggiati
Questi manufatti, altro non erano che delle piccole stanze in grado di ospitare uno o due militari contemporaneamente i quali, equipaggiati con mitragliatrice o al massimo cannone, dovevano sorprendere il nemico in avvicinamento o attaccare navi nemiche troppo vicine alla costa.
Solo poche schermaglie
Sebbene come sistema difensivo i Fortini non fossero teoricamente in grado di fermare invasioni tecnologicamente avanzate come quelle che gli Alleati potevano organizzare sul finire della Seconda Guerra Mondiale, non furono mai realmente protagonisti di battaglie, ma solo di sporadiche schermaglie non degne di nota: non esistono infatti documenti che riportano scontri in tal senso.
Dimenticanza e abbandono
I Fortini, oggi, dopo decenni dalla fine del conflitto, in parte sono stati distrutti per far posto a strade o nuove infrastrutture, mentre nella maggior parte dei casi sono finiti in stato di abbandono e degrado, oggetto di atti vandalici e incuria.
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La guerra aerea dal primo conflitto
La Prima Guerra Mondiale segna, dal punto di vista tecnologico-militare, una svolta epocale nel modo di combattere. Gli eserciti più all’avanguardia infatti si dotano dei primi aerei da combattimento, dei sottomarini e dei gas asfissianti.
Le vere rivoluzioni che però determineranno la maggior parte delle battaglie fu l’introduzione del filo spinato e della mitragliatrice. Due sistemi, di attacco e difesa, che nella guerra di trincea si integrarono perfettamente: mentre il primo serviva a impedire o ritardare l’assalto della fanteria, la seconda era in grado di bloccarla definitivamente con il cosiddetto “innaffiatoio del diavolo“, ovvero una raffica di fuoco a velocità e intensità mai viste prima di allora.
La mitragliatrice e il filo spinato rivoluzionano la Prima Guerra Mondiale
I Monoarma e i Pluriarma
Le coste della Sardegna Occidentale e in parte minore anche gli altri tratti costa (Gallura, Sarrabus, Sulcis), furono interessate durante la Seconda Guerra Mondiale, dall’installazione di numerose Postazioni di Difesa Costiera, dette “Postazione Circolare Monorama” o “Postazione Circolare Pluriarma”.
Il punto debole di Oristano
La linea difensiva delle coste sarde fu particolarmente rinforzata nel tratto di mare tra Oristano e Arborea. Il motivo era che questo punto di sbarco era molto vicino alla principale strada della Sardegna, la Carlo Felice e alla ferrovia Cagliari – Macomer.
Le fortificazioni furono dislocate sia lungo le coste che in posizioni arretrate. Queste ultime erano destinate al controllo delle strade.
La funzione delle torrette
La funzione dei fortini era di contrastare cannoneggiamenti navali, sbarchi o sorprendere il nemico in caso di avanzata nell’entroterra grazie alla mimetizzazione.
Tali strutture avevano per lo più lo scopo di frenare eventuali sbarchi nemici, in attesa arrivassero gli aiuti dall’interno.
Presenti già da tempo nell’Italia meridionale
Tra il 1942 e il 1943 furono costruiti anche in Sardegna, dopo che tale politica aveva interessato le altre regioni meridionali.
Le torrette si trovano ancora oggi, sebbene la maggior parte in stato di abbandono, disseminate lungo le coste sarde. Erano ovviamente dotate, già da prima, anche altri tratti costieri italiani, specialmente al sud: Molise, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia.
Descrizione dei Monoarma e Pluriarma
I Monoarma e Pluriarma erano semplici strutture circolari in calcestruzzo, seminterrate o addossate direttamente sul declivio roccioso al cui interno ospitavano un’unica arma, solitamente una mitragliatrice treppiede o un fucile.
Nelle Pluriarma invece poteva trovare spazio anche Cannone anticarro 47/32 utilizzata più frequentemente come “arma d’accompagnamento” alla fanteria.
All’esterno emergevano solo la copertura e le quattro feritoie. In molti casi per aumentare la mimetizzazione fu utilizzata la vegetazione locale, in particolare il verdissimo lentischio che in Sardegna, come noto, è capace di produrre fittissime e intricate sottoboscaglie.
Il lentischio sardo
fu un eccezionale alleato di copertura
Alcune torrette furono realizzate con laterizi nelle pareti (mattoni) e nelle coperture (tegole) come in alcuni casi a Santa Giuusta. Lo scopo era di simulare l’esistenza di un’abitazione civile. Altre realizzazioni furono messe in piedi adiacenti a siti archeologici, come ad esempio nel Cirras nei pressi del nuraghe di Nuragheddu.
Ad Arborea, una delle località maggiormente considerate luogo di sbarco, i fortini vennero realizzati anche all’interno di giardini privati, a simulare le forme di un ricovero attrezzi.
Altra soluzione strategica fu la costruzione dei Monoarma nelle adiacenze delle torri spagnole (Torredda, Marceddì) che in questo caso furono rimesse in funzione con pesanti interventi di rinforzo.
Talvolta i bunker avevano delle strutture adiacenti per il ricovero di eventuali feriti e/o il deposito di armi e munizioni.
A costruirli furono commissionati imprese locali con centinaia di operai civili impiegati per la manovalanza e i reparti militari incaricati di fornire tutte le direttive tecniche relative al sistema di difesa. Grazie infatti all’apporto delle competenze militari le torrette furono dotate di feritoie rinforzate con tondini in ferro di oltre cinquanta centimetri e un apposito svasamento verso l’esterno, al fine di proteggere i soldati che stavano all’interno dal rimbalzo delle schegge.
Un sistema di difesa precario
Le postazioni purtroppo, nonostante gli intenti, non erano in grado di essere particolarmente efficaci in caso di attacco. Erano molto deboli le blindature e all’interno, potevano ospitare solo piccole armi di modesto calbro e al massimo due soldati per volta.
Le feritoie inoltre erano a cielo aperto, senza chiusure e in caso di tiro d’accerchiamento potevano essere facilmente disarmate.
Le armi in dotazione potevano essere varie: fucili, fucili mitragliatori, mitragliatrici e, in pochi casi, cannoni anticarro 47/32.
Nei progetti iniziali le strutture dovevano essere dotate di porte metalliche, ma in realtà, a causa delle ristrettezze di bilancio, furono dotate solo di portoncini in legno.
Mai entrati veramente in guerra
I fortini di Sardegna durante il secondo conflitto mondiale solo in pochissimi casi fu necessario vederli all’opera. Non vi sono documenti ufficiali che certifichino battaglie nell’isola che abbiano coinvolto sia i Monoarma che i Pluriarma. Solo nel Cirras ci sono alcuni fortini con evidenti segni di mitragliatrice, ma si è trattato di episodi marginali dovuti passaggi straordinari di velivoli alleati a bassa quota. In nessun caso fu comunque ingaggiata una battaglia vera e propria.
Tra Oristano-Arborea la maggior concentrazione di bunker
La linea difensiva delle coste sarde fu particolarmente rinforzata nel tratto di mare tra Oristano e Arborea. Il motivo era che questo punto di sbarco era molto vicino alla principale strada della Sardegna, la Carlo Felice e alla ferrovia Cagliari – Macomer.
Le fortificazioni furono dislocate sia lungo le coste che in posizioni arretrate. Queste ultime erano destinate al controllo delle strade.
Un patrimonio storico dimenticato
I bunker Monoarma e Pluriarma rappresentano una testimonianza storica della Seconda Guerra Mondiale in Sardegna. Purtroppo le ristrettezze di bilancio dei Comuni; la poca sensibilità alla cultura della memoria e il gran numero di esemplari che dovrebbero essere teoricamente salvati ha fatto sì che questi monumenti storici entrassero, appena finito il conflitto, nel dimenticatoio.
Attualmente, nella maggior parte dei casi, i bunker sono in stato di abbandono. Alcuni sono stati rimossi per allargare le strade, altri sono rimasti coperti dalla vegetazione.
L’unica pubblicazione sull’argomento
A salvaguardare la memoria di queste torrette, ci ha pensato solo l’Associazione Studi Storici Fortificazioni Sardegna che ha pubblicato il libro “Fortini di Sardegna,1940-1943. Storia di un patrimonio da salvaguardare e valorizzare” di Cironi e Carro (2014).
Fortini di Sardegna
Anni di costruzione: 1942 / 1043
Dislocazione: la maggiore concentrazione di Monoarma e Pluriarma si trovano nella costa occidentale sarda da Porto Conte a Porto Paglia. Diversi esemplari ancora in buone condizioni si trovano in Gallura (Palau, La Maddalena, Golfo Aranci, Olbia) e nel Cagliaritano.
Materiale costruttivo: calcestruzzo, laterizi, legno, ferro
Personale che ospitava: un soldato nei Monoarma; due nei Pluriarma
Armamentario che ospitava: Fucile, Fucile mitragliatore, Mitragliatrice su treppiede, Cannone anticarro 47/32
Mimetizzazione: a ridosso dei declivi costieri; nei pressi di nuraghi o torri spagnole; in giardini privati; nei centri abitati; ai bordi delle strade principali.
Infrastrutture complementari: in pochi casi venivano realizzati dei locali esterni di ricovero per eventuali feriti e per il deposito di munizioni.