Costa Rei è il tratto di costa meridionale del comune di Muravera (costa sud orientale della Sardegna a 70 chilometri dal capoluogo sardo, Cagliari), nella sub-regione del Sarrabus, che confina a nord col Salto di Quirra e il Massiccio del Cardiga, a ovest con il Gerrei, a sud con il Massiccio dei Sette Fratelli, il Monte Arbu, il Monte Minniminni e Capo Carbonara, e a est si affaccia nella cosiddetta Costa Rei sul Mar Tirreno.
I Comuni del Sarrabus sono:
- Burcei,
- Castiadas,
- Muravera,
- San Vito,
- Villaputzu,
- Villasimius.
ORIGINE DEL NOME “COSTA REI”
La denominazione “Costa Rei”, con cui si intende identificare il tratto di costa della Sardegna sud-orientale al confine col comune di Villasimius, ma di pertinenza di Muravera, avrebbe origini recenti, precisamente all’ottocento quando a Castiadas vi era una colonia penale e i detenuti (rei) avevano l’incarico di lavorare alla bonifiche delle varie zone paludose, che allora, erano infestate dalla malaria. La località ha attualmente un’estensione complessiva di 10 chilometri, da Porto Pirastu a Cala Sinzias, comprendendo Monte Nai (200 metri) e l’agglomerato nelle zone di Sa Perda Niedda, Sa Murta (centro), Le Ginestre, Gli Asfodeli, I Ginepri (sud), Turagri, Rei Marina e Rei Plaia (nord).
DAL BELGIO E DALLA GERMANIA
IL FIUTO PER IL TURISMO
Costa Rei è oggi famosa per il richiamo turistico della sua lunghissima spiaggia che assume diverse denominazioni a seconda del punto in cui ci si trova, e dei dintorni, con attrattive paesaggistiche di notevole pregio naturalistico, ambientale e culturale. Il suo sviluppo è iniziato negli anni settanta, grazie all’intraprendenza di due costruttori belgi Heimann Tailler ed Edgar Yvan e del tedesco Bastian Barthelmess che videro nell’area un possibile futuro turistico.
UNA VASTA ESTENSIONE DI SPIAGGE E ARENILI DI INCONFONDIBILE BELLEZZA
Il territorio costiero di Costa Rei si caratterizza per la presenza di varie spiagge, cale e calette, dislocate tra un piccolo promontorio e l’altro. Tra le spiagge, tutte di sabbia fina, c’è lo Scoglio di Peppino, in località Santa Giusta, un basso e largo scoglio visitato tutto l’anno dai turisti, da cui si può scorgere l’isola di Serpentara. Nel 2009, la località è stata insignita del “Travel blogger award” dalla prestigiosa casa editrice di guide di viaggio “Lonely Planet“, che ha incluso Costa Rei tra le 10 spiagge più belle del mondo.
Tra i siti culturali di maggior interesse vi sono:
- il vecchio carcere di Castiadas
- la Casa della Contessa
- La storia di Castiadas dal Medioevo al 1956
Nei dintorni
- LEGGI ANCHE: IL SARRABUS
NEL 1875 COMINCIANO I LAVORI DI COSTRUZIONE DELLA COLONIA PENALE AGRICOLA DI CASTIADAS
Nel 1875 si preparò la prima cartografia dettagliata dell’area per un totale di 6523 ettari, da destinare alla Colonia. L’area prescelta ricadde su una posizione elevata e arieggiata, vicino a sorgenti e lontano da vie di comunicazione, la scelta ricadde sulla località detta Praidis. Ai primi di giugno del 1875, cominciarono i lavori per la costruzione della colonia penale agricola di Castiadas, in un territorio non particolarmente ospitale a causa della massiccia presenza di zanzara Anophele e perché si riteneva crocevia di contrabbandieri.
IL CARCERE PIU’ GRANDE D’ITALIA
Sotto la guida di sette guardie carcerarie, trenta detenuti, iniziarono così a bonificare questa zona della Sardegna, rimasta disabitata per centinaia di anni. Al centro di essa fu eretta la colonia penale più grande d’Italia, che arrivò ad avere una densità abitativa intorno alle duemila persone comprese tra loro carcerati, agenti di custodia, impiegati e rispettive famiglia al seguito. La colonia penale di Castiadas era di tipo “agricola”, destinata ad ospitare i condannati meritevoli di premio e allo scopo di bonificare terreni incolti o malsani da riconsegnare alle comunità locali. Il regolamento penitenziario per queste colonie penali di fatto era meno rigido rispetto al regime penitenziario ordinario. Le attività lavorative erano quelle tipiche del settore: raccolta pietre, taglio cespugli e alberi, scasso dei terreni, zappatura, aratura, semina, sarchiatura, potatura. L’obiettivo era l’autonomia e l’autosufficienza e pertanto, accanto ai contadini, agli allevatori e mungitori, vi erano pure i casari, i macellai, i fornai, i manovali, i fabbri, i calzolai e i falegnami. La colonia di Castiadas venne così divisa in poderi, presidiati anche da Diramazioni (sorta di case coloniche attrezzate come piccoli stabilimenti carcerari) in cui venivano prodotti differenti tipi di colture, a seconda della qualità del terreno e delle risorse idriche presenti.
1956 IL CARCERE DI CASTIADAS CHIUDE
La colonia penale agricola di Castiadas rimase in vita meno di un secolo, il 30 giugno del 1956, dopo aver raggiunto importanti risultati nel campo dell’agricoltura e della pastorizia fu definitivamente dismessa. I detenuti che erano ospitati furono trasferiti altrove, tra cui nella colonia penale di Is Arenas (Arbus) e all’Asinara (Porto Torres).
AI COLTIVATORI LA CASA
L’ETFAS, Ente di Trasformazione Fondiaria Agraria della Sardegna, nato a seguito della riforma agraria approvata in quegli anni, prese in appalto il territorio di Castiadas e lo suddivise in sette aziende, assegnando ad ogni coltivatore diretto lotti da 10/15 ettari se pianeggianti o da 30/40 ettari se collinari.
ANNI ’60: GLI ITALIANI DI TUNISIA
Nel frattempo, sebbene dopo tempi lunghi che comportarono notevoli disagi per gli assegnatari, furono lentamente costruite le case coloniche. Molte di queste sono ancora oggi abitate dai discendenti di quelle prime permanenze. Il possesso della casa era subordinato all’obbligo di coltivare la terra di pertinenza e produrre un reddito annuo non inferiore a 700/800 mila lire (pari a circa 360/420 euro attuali). La provenienza degli assegnatari era variegata, ma quasi tutta limitrofa: Muravera, Villaputzu, San Vito e Villasimius. Ad essi si aggiunsero negli anni Sessanta del Novecento, i profughi italiani provenienti dalla Tunisia, costretti ad abbandonare il nord Africa a causa degli sconvolgimenti politici che si verificarono allora in quell’area. L’assetto sociale dell’area di Castiadas subì così una nuova, importante, trasformazione a cui si accompagnò un sistematico sfruttamento economico delle produzioni agricole, attraverso la nascita dell’oleificio, del caseificio, della cantina sociale, delle prime officine meccaniche e degli spacci per la vendita dei prodotti agricoli.
IERI LUOGO DI DETENZIONE
Oggi le vecchie carceri di Castiadas, rappresentano un’attrazione per il turismo culturale perfettamente inserite nel pacchetto di offerte promozionali del territorio, accanto a quelle ben più note del turismo balneare. Ai visitatori, sempre appassionati di archeologia carceraria rimane da ammirare integralmente un imponente edificio, parzialmente ristrutturato, con annesso un cortile interno; la villa del Direttore, le celle, gli uffici e la farmacia. Il plesso è spesso impiegato dal Comune di Castiadas per la realizzazione di eventi culturali di vario genere come mostre di artigianato e pittura.
- San Pietro,
- La Centrale,
- Olia speciosa,
- Camisa,
- Annunziata.