La Diga di Santa Chiara a Ula Tirso è una delle opere di ingegneria idraulica più significative della Sardegna e dell’Italia del primo Novecento.
Costruita tra il 1918 e il 1924 sul fiume Tirso, nel cuore del Barigadu, fu progettata dall’ingegnere Angelo Omodeo con l’obiettivo di regolare le piene del fiume, fornire energia elettrica e irrigare il Campidano di Oristano.
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Caratteristiche tecniche e primati
La diga, lunga 260 metri e alta 70, fu realizzata con una struttura a gravità rinforzata da contrafforti in muratura di pietrame e archi in calcestruzzo. Al momento della sua inaugurazione, il 28 aprile 1924 alla presenza del re Vittorio Emanuele III, era la più alta del mondo e diede origine al lago Omodeo, che all’epoca divenne il più grande bacino artificiale d’Europa, con una capacità di oltre 400 milioni di metri cubi.
Impatto sociale e culturale
La costruzione coinvolse circa 16.000 operai, tra cui molte donne, e causò la morte di 56 persone, tra cui Emma Gramsci, sorella di Antonio Gramsci. Per consentire la formazione del bacino, il borgo di Zuri fu demolito e ricostruito più a monte, compresa la chiesa romanica di San Pietro, smontata e riedificata pietra per pietra.

Declino e sostituzione
Negli anni ’60 furono riscontrate lesioni strutturali, e nel 1997 la diga fu sostituita dalla nuova diga di Eleonora d’Arborea, più a valle, che raddoppiò la capacità del lago Omodeo. La diga di Santa Chiara fu quindi dismessa e oggi giace semisommersa nel lago che essa stessa contribuì a creare.
Eredità e memoria
Oggi, la diga è considerata un monumento di archeologia industriale e un simbolo della modernizzazione della Sardegna nel XX secolo. Nel 2024, Ula Tirso ha celebrato il centenario della sua inaugurazione con eventi e mostre, tra cui una esposizione a Cagliari che racconta le fasi della sua costruzione.