San Salvatore di Sinis è una suggestiva borgata medievale situata nella Penisola del Sinis, all’interno del territorio comunale di Cabras. Il nome deriva dalla chiesa centrale che domina l’agglomerato, uno dei monumenti più importanti dell’area sia dal punto di vista storico sia per il suo valore turistico-culturale.
Il vero tesoro del sito si trova però nei sotterranei della chiesa, dove è conservato un antichissimo santuario pagano di origine nuragica, interamente dedicato al culto delle acque. Questo ambiente ipogeo rappresenta uno dei più affascinanti esempi di stratificazione religiosa del Sinis: sulle sue strutture originarie si sovrappongono testimonianze nuragiche, romane e islamiche, segno della continua frequentazione del luogo nel corso dei secoli.
Nei dintorni:

Fondazione nuragica
La fondazione nuragica è attestata dalla presenza di due pozzi con betilo, elementi sacri legati ai culti dell’acqua. In età romana il santuario fu trasformato in tempio, mentre l’area circostante venne utilizzata come horreum, un grande granaio destinato allo stoccaggio delle derrate. Il periodo islamico ha lasciato un’impronta altrettanto significativa: sulle pareti del sotterraneo sono ancora visibili raffinatissimi graffiti a carboncino, tra cui un’iscrizione araba che invoca Allah, memoria di una incursione saracena medievale avvenuta lungo questa costa.
Accanto ai segni islamici, numerosi graffiti di epoca romana rappresentano scene di vita quotidiana: un ippodromo, animali, simboli e un probabile esercizio di scrittura con alcune lettere dell’alfabeto greco. San Salvatore di Sinis si presenta così come un luogo unico nel panorama archeologico della Sardegna, dove millenni di storia convivono in pochi metri quadrati.
Il quadrilatero delle cumbessias e la struttura del villaggio
L’attuale chiesa di San Salvatore, edificata probabilmente intorno al 1780 (una data non ancora del tutto confermata dagli studi), si trova al centro di un caratteristico quadrilatero delimitato dalle cumbessias. Si tratta delle piccole abitazioni a un piano, usate dai fedeli durante la Novena e durante le celebrazioni religiose che animano il villaggio. Questo impianto urbanistico, unico nel suo genere, definisce ancora oggi l’aspetto della borgata e la sua forte identità devozionale.
All’esterno del quadrilatero si trovano i ruderi del Domu ’e Cubas, un antico complesso termale di epoca romana imperiale. Tra i resti sono ancora visibili tratti di pavimento in mosaico geometrico policromo, preziosa testimonianza della vita urbana e delle pratiche termali romane nella Penisola del Sinis.
L’assetto definitivo del villaggio è il risultato della dominazione spagnola in Sardegna: fu infatti nella seconda metà del Seicento, quando la Chiesa istituì ufficialmente il rito della Novena, che San Salvatore acquisì la forma architettonica e religiosa che ancora oggi lo caratterizza.
La ricostruzione e la valorizzazione del sito
La parte più antica del complesso, il santuario sotterraneo, fu ricostruita nel VI secolo, mentre la chiesa superiore assunse la forma attuale in epoca moderna. Oggi il sito è visitato ogni anno da centinaia di persone attratte dal suo straordinario patrimonio storico, archeologico e religioso.
Grazie al servizio di guardiania e apertura al pubblico garantito dalla Soprintendenza di Cagliari, è possibile accedere all’area sia al mattino sia al pomeriggio (esclusa la pausa pranzo). I visitatori possono così esplorare liberamente la chiesa, il sotterraneo e l’intero villaggio, ammirando un insieme architettonico e artistico che non ha eguali in Sardegna.
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La festa del 1° settembre e la Corsa degli Scalzi
La chiesa di San Salvatore sorge al centro di un piccolo villaggio composto da tipiche abitazioni rurali chiamate cumbessias: semplici casupole o logge che, come in molti altri santuari campestri della Sardegna, circondano l’edificio sacro e vengono utilizzate dai proprietari durante l’estate o nel periodo delle novene.
A San Salvatore di Sinis, ogni anno, il sabato e la prima domenica di settembre si celebra la festa dedicata al Santo. I riti religiosi iniziano nove giorni prima della prima domenica di settembre, da cui il nome Novenario, e coinvolgono l’intero villaggio con preghiere, funzioni e momenti di aggregazione.
Il culmine della festa è la celebre Corsa degli Scalzi, una delle tradizioni più spettacolari e sentite del Cabrarese: i giovani del paese, completamente scalzi e vestiti di bianco, riportano di corsa la statua di San Salvatore dal villaggio fino a Cabras, lungo un percorso carico di simbolismo religioso e identitario. Questo rito, che unisce fede, storia e comunità, rappresenta uno degli eventi più iconici della Penisola del Sinis.
San Salvatore e il cinema: il borgo degli spaghetti western
Il borgo di San Salvatore di Sinis, con il suo paesaggio arido e le sue architetture essenziali, richiama in modo sorprendente gli scenari dell’Arizona e del Messico ottocentesco. Proprio per questa atmosfera unica, dagli anni ’60 in poi il villaggio è stato scelto più volte come set dai più noti registi del filone spaghetti western, che vi ambientarono diverse pellicole di grande successo.
Le strade polverose, le case basse e il silenzio quasi desertico offrivano infatti un’ambientazione perfetta per le storie di pistoleri, sceriffi e banditi che caratterizzarono il western all’italiana. In alcuni casi, le produzioni cinematografiche modificarono temporaneamente le facciate delle abitazioni con elementi scenografici—decorazioni oggi completamente scomparse—per rendere il borgo ancora più simile alle città di frontiera del Far West.
Spaghetti western girati a San Salvatore di Sinis
Tra i film più celebri girati nel borgo si ricordano:
“Bill il taciturno” (1966) diretto da Massimo Pupillo, con Liana Orfei, George Eastman e Luciano Rossi.
“Giarrettiera Colt” (1968) diretto da Gian Rocco, con protagonista Nicoletta Machiavelli.
“Dio perdoni la mia pistola” (1969) diretto da Mario Gariazzo, con Wayde Preston, Loredana Nusciak, Dan Vadis e Giuseppe Addobbati.
Queste produzioni contribuirono a rendere San Salvatore di Sinis un luogo iconico non solo per la religiosità e l’archeologia, ma anche per la sua inaspettata identità cinematografica.




La chiesa di San Salvatore di Sinis
La chiesa di San Salvatore di Sinis è il cuore spirituale dell’omonimo villaggio ed è uno dei luoghi sacri più affascinanti della Penisola del Sinis. L’edificio visibile oggi risale con ogni probabilità alla fine del XVIII secolo, ma sorge sopra un’area sacra molto più antica, utilizzata ininterrottamente fin dall’età nuragica. La chiesa si presenta con una facciata semplice, intonacata, e un impianto a navata unica che riflette la tipica architettura rurale sarda: essenziale, compatta, priva di eccessi decorativi.
Il suo valore storico e religioso è però legato soprattutto al santuario sotterraneo, un ipogeo straordinario che custodisce un antico luogo di culto dedicato alle acque, successivamente trasformato in tempio romano e, nei secoli successivi, frequentato anche in epoca bizantina e islamica. La sovrapposizione di fasi religiose diverse rende questo complesso uno dei più emblematici esempi di stratificazione culturale della Sardegna.
All’esterno, la chiesa è circondata dal caratteristico quadrilatero delle cumbessias, le piccole abitazioni utilizzate durante la novena e durante la festa del 1° settembre. Questo impianto urbanistico, ancora perfettamente conservato, contribuisce a creare un’atmosfera unica, sospesa nel tempo, che ogni anno attira visitatori, fedeli e appassionati di storia.
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