Il Santuario di San Costantino a Sedilo, chiamato Santu Antinu dai sedilesi, è un santuario campestre costruito intorno al XVI secolo (non si conosce la data esatta di fondazione) in località Nordai, una terrazza naturale con vista sul lago artificiale Omodeo, costituito da una chiesa centrale e un perimetro di cumbessias, i locali destinati al riparo dei pellegrini durante le cerimonie religiose. La chiesa e il santuario rivestono un ruolo importante nella storia della Sardegna e di Sedilo in particolare, perché la sua fondazione si richiama ad una leggenda tratta direttamente dal medioevo, quando l’isola era infestata dalle scorrerie saracene che battevano soprattutto le spiagge e i litorali.
Lo schiavo
Quell’epoca fu vissuta dai sardi con acceso terrore, ben riportato dai detti e dalle nenie che ancora circolano nella dialettica contemporanea. Le battaglie si svolgevano spesso in spiaggia e si concludevano quasi sempre con la sconfitta dei sardi e il rapimento di centinaia di loro, poi portati nei mercati africani e venduti come schiavi. Tra i rapiti, la leggenda narra la storia di un certo possidente di Scano Montiferro (paesino dell’oristanese a un’ora di auto da Sedilo) che fu trascinato in Africa e anch’egli venduto come schiavo: durate la prigionia ebbe la visione di un nobile personaggio aureolato che, affermando di essere Costantino Magno, gli promise la liberazione e chiesto di costruirgli una chiesetta al centro della Sardegna, vicino a Sedilo, in località Nordai. Tempo dopo la librazione avvenne e al suo rientro sull’isola si prodigò per realizzare quella promessa.
L’Ardia
Il Santuario che oggi si può ammirare al centro del territorio di Sedilo, è noto al grande pubblico perché sito di svolgimento dell’Ardia, la spettacolare corsa a cavallo che si svolge ogni anno in onore di San Costantino: un’eredità della dominazione bizantina. Il luogo sacro venne impiantato nel XVI secolo in stile gotico e ristrutturato nel XVIII secolo.
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Continui rifacimenti fino al 1940
Le murature più antiche della chiesa sono quelle della sagrestia e del presbiterio lo dimostrano la presenza della trachite rossa, le finestre a strombo e l’uso del muretto a secco, tutte tecniche costruttive che fanno supporre un’edificazione antecedente al resto dell’edificio. Al 1675 risalgono invece la facciata della navata centrale (a commissionare il lavoro pare fosse un certo don Pedro Falqui di Nurqui, sacerdote di Sedilo che allora era poco più di un villaggio), seguono, nel 1683, le migliorie all’ingresso principale del Santuario “Su portale ‘e ferru“. Bisognerà poi aspettare la seconda metà del XVIII secolo per vedere un ampliamento delle navate, l’abbassamento del pavimento di circa un metro per dare elevazione al presbiterio, la ricostruzione delle volte e la facciata. Al 1900 risalgono le modifiche alla copertura nella parte posteriore, la demolizione delle cupole del presbiterio e la loro sostituzione con l’attuale protezione piana. Nel 1908, fu ricostruito l’altare e infine, sul lato nord-est della chiesta, venne demolite il loggiato con colonne in trachite rossa per far posto all’attuale corridoio di accesso alla sacrestia.