La sera del 10 aprile 1991, alle 22.03, il traghetto passeggeri Moby Prince, in uscita dal porto di Livorno direzione Olbia, ha una collisione con la petroliera Agip Abruzzo. Lo scontro determina un incendio che avvolge completamente la nave e uccide 140 passeggeri, risparmiando una sola persona, uno dei mozzi.
Il mayday viene lanciato alle 22.25 e il primo soccorso arriva alle 23.00. Al momento attuale (2025) non esistono condanne per il disastro, ufficialmente la colpa del disastro è stata attribuita alla fitta nebbia che quel giorno stazionava nella rada del porto di Livorno.

La Moby Prince
La Moby Prince è stata una nave traghetto della compagnia privata di navigazione Navarma. Era un traghetto ro-ro (Roll-on/Roll-off), progettato per il trasporto di veicoli e passeggeri.
Da Navarma a Moby
Navarma, oggi Moby, nel 1991 aveva già contratti con lo Stato per il trasporto di passeggeri da e per la Sardegna.
Nonostante la Moby sarà poi indagata per la tragedia della Prince, otterrà ugualmente, successivamente, dei contratti con lo Stato.
Questo tipo di nave aveva una caratteristica fondamentale: è dotata di rampe che consentono ai veicoli di salire e scendere direttamente senza necessità di gru o altre attrezzature di carico.
Dettagli principali:
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Costruzione: Fu costruita nel 1987 dai cantieri navali Vancouver Shipyards in Canada.
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Dimensioni:
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Lunghezza: 141 metri
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Larghezza: 22,8 metri
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Portata: circa 20.000 tonnellate.
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Capacità: La nave poteva trasportare circa 1.500 passeggeri e un numero significativo di veicoli (circa 250-300).
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Equipaggiamento: Era dotata di moderne facilities per i passeggeri, tra cui cabine, ristoranti, e aree comuni, ma il suo scopo principale era il trasporto di persone e merci via mare tra porti italiani, tra cui quello di Livorno e Olbia (Sardegna), rotta che percorreva frequentemente.
Design e struttura:
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La Moby Prince aveva un design a doppio scafo per resistere a urti e garantire una certa sicurezza, ma questo non impedì che la nave fosse danneggiata gravemente nell’incidente con la petroliera Agip Abruzzo.
Nel momento del disastro, il traghetto era in partenza da Livorno e, poco dopo aver lasciato il porto, avvenne la tragica collisione che causò un incendio devastante, portando alla morte di 140 delle 141 persone a bordo.

La più grande tragedia della marineria civile italiana
Il disastro del Moby Prince, è una delle tragedie marittime più gravi nella storia italiana del dopoguerra.
L’incidente avvenne la sera del 10 aprile 1991, quando il traghetto Moby Prince, partito da Livorno e diretto a Olbia, entrò in collisione con la petroliera Agip Abruzzo nella rada del porto di Livorno.
140 morti e un sopravvissuto
L’impatto causò un incendio devastante alimentato dal petrolio fuoriuscito, che avvolse il traghetto e provocò la morte di 140 persone tra passeggeri ed equipaggio.
L’unico sopravvissuto fu il giovane mozzo napoletano Alessio Bertrand.

Giustizia non fatta
No mafia o eversione
Attualmente (2025), non ci sono persone formalmente indagate per il disastro del Moby Prince. Le indagini più recenti, condotte dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Firenze, si sono concluse con una richiesta di archiviazione presentata al giudice per le indagini preliminari (GIP) nel febbraio 2025.
La DDA ha dichiarato di non aver trovato elementi concreti che supportassero l’ipotesi di una strage dolosa con finalità eversive o mafiose.
Reati colposi in prescrizione
Parallelamente, la Procura di Livorno sta ancora esaminando una dettagliata informativa di oltre 1.400 pagine redatta dalla Guardia di Finanza di Firenze.
Tuttavia, il procuratore Maurizio Agnello ha sottolineato che, a causa del tempo trascorso (34 anni), i reati colposi sono ormai prescritti. Pertanto, l’attenzione si concentra su eventuali reati dolosi, per i quali è necessario dimostrare l’intenzionalità nell’azione che ha causato la morte di 140 persone.
Mancano prove
In sintesi, al momento non ci sono indagati attivi per il disastro del Moby Prince, e le possibilità di nuove imputazioni dipendono dall’emergere di prove significative che possano sostenere l’accusa di reati dolosi non ancora prescritti.
Ipotesi di una terza nave
Le indagini successive hanno sollevato numerosi interrogativi sulle cause dell’incidente e sull’efficacia dei soccorsi.
Nel 2022, una commissione parlamentare ha ipotizzato il coinvolgimento di una terza nave che avrebbe costretto il Moby Prince a una brusca virata, portandolo alla collisione con la petroliera .
Tuttavia, nonostante le varie inchieste, molte domande rimangono senza risposta, e i familiari delle vittime continuano a chiedere verità e giustizia.

Tre commissioni parlamentari
Ad oggi – 2025 – sono state istituite tre Commissioni parlamentari di inchiesta sulla strage del Moby Prince, avvenuta il 10 aprile 1991 al largo del porto di Livorno, causando la morte di 140 persone.
1. Prima Commissione (XVII Legislatura)
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Istituzione: 22 luglio 2015, con deliberazione del Senato della Repubblica.
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Presidente: Silvio Lai (Partito Democratico).
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Durata: dal 4 novembre 2015 al 22 gennaio 2018.
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Obiettivo: indagare sulle cause del disastro e sulle eventuali responsabilità.
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Esito: la relazione finale ha evidenziato incongruenze nella ricostruzione ufficiale e ha sollevato dubbi sull’efficacia dei soccorsi.
2. Seconda Commissione (XVIII Legislatura)
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Istituzione: 12 maggio 2021, con deliberazione della Camera dei Deputati.
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Presidente: Andrea Romano (Partito Democratico).
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Durata: fino al 15 settembre 2022.
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Obiettivo: approfondire le indagini precedenti, esaminare nuovi elementi e accertare eventuali responsabilità.
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Esito: la relazione finale ha ipotizzato il coinvolgimento di una terza nave nella collisione e ha escluso l’ipotesi di un’esplosione a bordo del Moby Prince.
3. Terza Commissione (XIX Legislatura)
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Istituzione: marzo 2024, con deliberazione della Camera dei Deputati.
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Presidente: Pietro Pittalis (Forza Italia).
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Obiettivo: proseguire le indagini per fare piena luce sulle cause del disastro, esaminare le comunicazioni intercorse e verificare le procedure di soccorso.
Queste commissioni rappresentano gli sforzi istituzionali per accertare la verità su uno dei più gravi disastri marittimi della storia italiana.
Le sentenze della magistratura sono state riconosciute
come infondate dalle commissioni parlamentari d’inchiesta e da Mattarella che in veste di Presidente della Repubblica è anche Presidente del CSM

La maggior parte sardi
I passeggeri del Moby Prince provenivano da diverse regioni italiane, con una significativa presenza di cittadini sardi, in particolare dalla provincia di Sassari.
Tra le vittime si ricordano:
- Maria Mela di Buddusò
- Salvatore Scano di Alà dei Sardi
- Raimondo Brandanu di San Teodoro
- Umberto Bartolozzi di La Maddalena
- Gavino Bianco originario di Ossi
- Giuseppe Congiu di Oliena
Questi nomi rappresentano solo una parte – esemplificativa della provenienza – delle 140 vittime del disastro.
L’elenco completo, che include anche l’età e il ruolo a bordo (passeggero o membro dell’equipaggio), è disponibile su vari archivi dedicati alla tragedia.
Nessun monumento a Olbia
La presenza significativa di sardi tra le vittime è legata alla rotta del traghetto, che collegava Livorno a Olbia, rendendo il Moby Prince un mezzo di trasporto frequente per i residenti della Sardegna.
Nonostante ciò, a Olbia non esiste ancora un monumento ufficiale in memoria delle vittime, una mancanza che è stata più volte sottolineata dai familiari e dalle comunità locali.
Il docufilm per la Rai
Nel 2022 viene trasmesso il film documentario di Salvatore Gulisano prodotto da Simona Ercolani e Stand by me per Rai Documentari che cerca di far luce su uno dei tanti misteri italiani, sull’ennesima strage impunita.

La tragedia della Moby Prince in sintesi
- Data del disatro: sera del 10 aprile 1991
- Al comando della nave c’è Ugo Chessa, un ufficiale cagliaritano di provata esperienza che ha percorso parecchie volte quella tratta.
- Il traghetto Moby Prince, partito da Livorno alle 22.03 e diretto a Olbia, entrò in collisione alle 22.25 con la petroliera Agip Abruzzo nella rada del porto di Livorno
- L’Agip Abruzzo era all’ancora a circa 3 miglia a sud del porto di Livorno e trasporta Iranian Light e crude oil
- Dinamica: il traghetto infila la prua dentro una tanica della nave cisterna contenente greggio altamente infiammabile.
- La Moby penetra nella cisterna n°7 della Agip Abruzzo che conteneva 2.600 tonnellate di greggio.
- L’impatto causò un incendio devastante alimentato dal petrolio fuoriuscito insieme ai vapori liberati dallo squarcio. I vapori sono tutti idrocarburi gassosi che appartengono alla famiglia degli alcani e che sono altamente infiammabili.
- L’incendio verrà innescato dalle scintille prodotte dall’attrito delle lamiere che in pochi secondi avvolge il traghetto
- Alle 22.25 dalla Moby Prince parte il mayday sul canale di emergenza Livorno Radio
- La richiesta di soccorso però non riceve immediata risposta
- Alle 22.26 anche la Agip Abruzzo chiede aiuto “Siamo incendiati, c’è venuta una nave addosso”. Il comandante crede di essere stato speronato da una bettolina
- Purtroppo all’arrivo dei soccorsi alle 23.00 nessuno si rende conto che c’è una seconda nave, la Moby Prince e tutti si concentrano sulla Agip Abruzzo.
- L’equipaggio della Agip Abruzzo riesce così ad abbandonare la nave e a mettersi in salvo
- Per un’ora intera la nave Moby Prince, avvolta dalle fiamme, gira su se stessa senza controllo a velocità sostenuta.
- Durante questa danza macabra peredenno la vita 140 persone
- L’incendio e prima ancora il fumo sprigionato dalle combustioni uccise in 30-40 minuti 140 persone tra passeggeri ed equipaggio
- L’unico sopravvissuto fu il giovane mozzo napoletano Alessio Bertrand che riesce ad aggrapparsi per 45 minuti ad una ringhiera di poppa, fino a quando, all’arrivo del primo soccorso (una barca di ormeggiatori) si lancia in mare e viene immediatamente recuperato.
- La tragedia della Moby Prince è la più grande tragedia della marineria civile italiana.
- Varie inchieste, molte domande rimangono senza risposta, e i familiari delle vittime continuano a chiedere verità e giustizia.
- Fino ad oggi (2025) ci sono state 3 commissioni parlamentari di inchiesta di cui, le prime due, che hanno ormai concluso i lavori hanno messo in discussione la veridicità della ricostruzione ufficiale.
- Il sospetto è che le cose non siano andate come riferito.
- Secondo la ricostruzione ufficiale, stabilita da due sentenze assolutorie e altrettante richieste di archiviazione, la causa dello scontro sarebbe stata «una nebbia fittissima» e la negligenza del comandante Chessa che sarebbe passato in mezzo tra due luci distanti 200 metri ma che invece erano la luce di prua e di poppa della Agip Abruzzo.
- L’Avvistatore Marittimo – Romeo Ricci – invece ha però dichiarato che quella sera la nebbia non c’era e che la visibilità era discreta. Lui controllava coi propri occhi tutti i movimenti in entrata e in uscita dal porto e in un’intervista alla Rai, pochi giorni dopo la tragedia, ha chiaramente detto di aver visto coi suoi occhi la petroliera Agip Abruzzo ancorata in rada.
- La Prima Commissione Parlamentare di Inchiesta ha invece chiarito che non ci fu nebbia e non ci fu negligenza da parte del comandante.
- L’allora sottosegretario all’Interno Valdo Spini in una intervista parla della presenza della nebbia in quel tratto di mare.
- L’allora Comandante della Capitaneria di Porto di Livorno Sergio Albanesi dichiara che l’area attorno al luogo dell’incidente è avvolta da una fitta nebbia che definisce addirittura “oscurità assoluta” che è da aggiungere all’errore umano (il comandante della Moby Chessa sarà accusato ufficialmente di “negligenza”).
- Se di nebbia non si poteva parlare, di cattiva visbilità perà sì, perché questa si verificò effettivamente dopo la collisione delle due navi, con i fumi e i vapori che hanno velocemente invaso l’area.
- Si disse che il comandante della nave Chessa vide due luci rosse a distanza di 200 metri l’una dall’altra e che decise di passarci dentro. Ma quelle luci erano la poppa e la prua della petroliera.
- Nel verdetto ufficiale si legge che non ci fu soccorso perché le vittime morirono pochi minuti dopo la collisione.
- Le sentenze della magistratura sono state riconosciute come infondate dalle commissioni parlamentari d’inchiesta
- I parenti delle vittime, in primis i figli del comandante, Angelo e Luchino, non hanno mai creduto, e che li ha portati a lottare in tutti questi anni per fare chiarezza sull’ennesimo «mistero d’Italia» (hanno impegnato tutto quello che avevano, hanno speso più di mezzo miliardo di vecchie lire per rendere giustizia alle vittime).
- Attualmente, non ci sono persone formalmente indagate per il disastro del Moby Prince. Le indagini più recenti, condotte dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Firenze, si sono concluse con una richiesta di archiviazione presentata al giudice per le indagini preliminari (GIP) nel febbraio 2025. La DDA ha dichiarato di non aver trovato elementi concreti che supportassero l’ipotesi di una strage dolosa con finalità eversive o mafiose.
- Parallelamente, la Procura di Livorno sta ancora esaminando una dettagliata informativa di oltre 1.400 pagine redatta dalla Guardia di Finanza di Firenze. Tuttavia, il procuratore Maurizio Agnello ha sottolineato che, a causa del tempo trascorso (34 anni), i reati colposi sono ormai prescritti. Pertanto, l’attenzione si concentra su eventuali reati dolosi, per i quali è necessario dimostrare l’intenzionalità nell’azione che ha causato la morte di 140 persone.
- In sintesi, al momento non ci sono indagati attivi per il disastro del Moby Prince, e le possibilità di nuove imputazioni dipendono dall’emergere di prove significative che possano sostenere l’accusa di reati dolosi non ancora prescritti.
- Cosa c’è dietro la «nebbia fittissima», inadeguatezza o malafede?
- FILM nel 2022 – Il film documentario di Salvatore Gulisano prodotto da Simona Ercolani e Stand by me per Rai Documentari cerca di far luce su uno dei troppi misteri del nostro Paese, sull’ennesima strage impunita.
- La presenza significativa di sardi tra le vittime è legata alla rotta del traghetto, che collegava Livorno a Olbia, rendendo il Moby Prince un mezzo di trasporto frequente per i residenti della Sardegna. Nonostante ciò, a Olbia non esiste ancora un monumento ufficiale in memoria delle vittime, una mancanza che è stata più volte sottolineata dai familiari e dalle comunità locali.