In un mondo in cui Internet è diventato mainstream diventa determinante, da una prospettiva business, capire cosa caratterizza il comportamento del consumatore social.
Mainstream = main (principale) è stream (flusso)
è la corrente più tradizionale e anche più seguita dal grande pubblico
La cultura generazionale
Ogni generazione elabora e agisce secondo valori specifici, credenze, convinzioni, modelli culturali, a seconda del periodo storico-sociale che vive, delineando poi una propria filosofia di vita, e potenziando capacità e competenze.
Comportamenti tipici
Molti comportamenti online quindi sono interpretabili come tipici di culture generazionali, come è oggi in particolare vero per le azioni e le aspettative della generazione Z.
Comportamenti trasversali
Molti altri comportamenti, invece, sono trasversali alle generazioni e influenzati sia dai cambiamenti in corso nella società e nella comunicazione, ma anche dalla personalità, dalla scala di valori e dagli stili di vita degli individui.
Comportamenti del consumatore social
I consumatori possono essere distinti in macro cluster in base alla loro generazione di appartenenza. Ogni cluster presenta caratteristiche diverse, sia in funzione dell’uso fatto della tecnologia, sia delle modalità di comunicazione utilizzate.
Cluster = ammasso, raggruppamento
Per comodità di illustrazione, usiamo una classificazione delle tipologie di consumo sui social, andando ad individuare quattro personas, ossia quattro stereotipi di consumatori appartenenti ai seguenti macro cluster:
- Baby Boomers,
- Generazione X,
- Generazione Y
- Generazione Z.
I cluster dei consumatori
Tale pratica ci permetterà di dare un volto, oltre che un profilo tipico, ai nostri consumatori. Vi presento Marta, appartenente al cluster dei Baby Boomer, Alex alla Generazione X, Chiara Generazione Y, e Benny, Generazione Z.
Ora andiamo a conoscerli più da vicino.
La generazione Baby Boomer (1950/1970)
La generazione dei Baby Boomer ha vissuto il secondo dopoguerra, il boom economico degli anni cinquanta, le lotte femministe e le rivoluzioni per il riconoscimento dei diritti.
Boomer = Appellativo ironico e spregiativo con cui si definisce una persona che ha atteggiamenti e modi di pensare ritenuti ormai superati dalle nuove generazioni.
È una generazione caratterizzata da persone molto dedite al lavoro, con redditi medio alti e una buona capacità di risparmio. Fanno della tecnologia un uso pragmatico, perlopiù finalizzato all’invio di mail e comunicazioni di lavoro. Questo almeno il 95 per cento di loro.
Prediligono inoltre l’interazione face to face; la loro presenza sui social network è però in crescita: le statistiche ci dicono che il 54 per cento degli appartenenti a questo cluster ha uno smartphone, l’84% ha un account su Facebook, 73% usa YouTube, 49 usa regolarmente WhatsApp e il 5% usa Twitter. Hanno comportamenti passivi sui social e questi consumatori in rete cercano comodità e sicurezza; per loro l’assistenza in tempo reale è cruciale e apprezzano i brand con un customer care continuativo, 24 ore al giorno, 7 giorni su 7.
La generazione X (1970/1990)
La Generazione X vive il peso dei successi della generazione precedente e la crisi economica della successiva, di cui fanno parte i propri figli. È la generazione con il più alto numero di laureati e aspiranti a ricoprire posizioni di lavoro prestigiose. Sono stati i pionieri delle chat di gruppo, della costruzione di ambienti virtuali e dell’uso dei videogiochi. Padroneggiano social network come Facebook, Twitter e Linkedin facendone un uso consapevole e mirato, conoscendone le dinamiche e le potenzialità degli stessi. Acquistano spesso on line, ma sono molto attenti alle opinioni degli altri utenti.
La generazione Y (1990/2010)
Chiara è il tipico stereotipo dei cosiddetti Millennials o Net Generation, una generazione di iper connessi. Anche a causa dei fenomeni di precariato, è la generazione degli startupper, che inventa possibilità di lavoro spesso proprio collegate alla rete.
I dati del report, pubblicato da Ogilvy, mettono in luce alcuni aspetti chiave di questa generazione: i Millennials sono convinti di essere speciali, esprimono liberamente le loro idee e criticano senza remore quelli altrui, se pensano di averne di migliori. Usano i social media per far sentire la loro voce e si aspettano di ricevere costruttivi feedback quotidiani all’interno della propria rete sociale.
Con una forte propensione al networking e alla personalizzazione dei contenuti, credono fermamente nella potenza comunicativa dello storytelling e nella sharing economy.
I social sono il palcoscenico in cui si esibiscono ogni giorno e il mezzo che usano per dimostrare ai loro contatti di essere informati sugli ultimi trend di mercato e ottenere risposte. Sono impazienti e vogliono tutto e subito; sono narcisisti e credono di poter piacere a chiunque.
La generazione Z (2010…)
Benni è il tipico stereotipo della Generazione Z. C’è chi li chiama i nativi digitali, perché sono cresciuti con la tecnologia e con Internet, chi Gamer perché hanno giocato con i videogames sin da quando erano bambini. Al di là del nome però, quello su cui le organizzazioni si stanno interrogando sono i loro comportamenti, valori, atteggiamenti, pratiche sociali in rete.
Sono realisti, pragmatici, ottimisti e spinti dalle proprie ambizioni personali; sono però consapevoli delle forze che sfuggono al loro controllo. Le persone di questa generazione sono cresciute in un continuo bombardamento di informazioni e hanno imparato a valutarne velocemente qualità e utilità; comunicano in real time soprattutto attraverso immagini condivise nei social media e vogliono farlo anche con i brand. È da questa modalità d’interazione visual che scaturisce la crescente popolarità di pubblicità video da 10 secondi o addirittura ancora meno.
On demand = su richiesta
Servizi o beni che vengono subito resi disponibili sul mercato
su richiesta di un consumatore.
Sono una generazione on demand e preferiscono i servizi in streaming come Netflix e Spotify. Possono fare a meno di TV e PC, ma non di smartphone e laptop (tablet) su cui passano più di 35 ore alla settimana. Sono esperti nell’effettuare ricerche online e sono shopper omnichannel. Non considerano la visita al negozio come una parte necessaria dell’esperienza di acquisto: amano il social commerce. Gli appartenenti alla Generazione Z hanno l’imprenditorialità nel proprio Dna e sono molto consapevoli e preoccupati per l’impatto dell’uomo sul pianeta e ciò li spinge ad aggregarsi in rete. Per questo dalle aziende esigono trasparenza in merito ai processi di produzione. Parole come “naturale”, “sostenibile”, “organico” hanno un forte impatto su di loro; si preoccupano della sicurezza dei propri dati, perché la loro presenza online è importante tanto quanto la presenza fisica nel mondo reale. Danno importanza soprattutto all’equità della retribuzione, alle prospettive di carriera esplicitata in modo chiaro e a ricevere feedback frequenti e brevi.
Il social intelligence
In questa sessione affrontiamo il tema della social intelligence.
I social media sono ambienti di comunicazione ricchi di potenzialità di interazione e collaborazione tra marche e consumatori/clienti, ma anche di dati e informazioni strategiche per l’azienda.
La social intelligence è un’area del social media marketing che si occupa di usare strumenti e modelli di management dei dati e degli insight a supporto delle decisioni sia strategiche sia operative di marketing.
Sfruttamento commerciale delle interazioni
Ogni comportamento attivo e interazione nei social media è tracciata da sistemi di analytics che rendono disponibili questi dati in tempo reale ai decisori. Sono dati che possono essere utilizzati per:
- capire in profondità i propri mercati,
- raccogliere reazioni e sentimenti dei propri follower,
- identificare più precisamente i target di campagna (hypertargeting),
- identificare possibili influencer
- capire la complessità delle dinamiche di queste influenze
- ottimizzare le performance di contenuto e interazione.
Tecniche etnografiche per capire
La social intelligence non si limita alla raccolta di dati strutturati. Ha l’obiettivo di immergersi in profondità, spesso anche con tecniche etnografiche, nella comprensione di questi comportamenti individuali e sociali, ma anche delle nuove culture di consumo costruendo insight dai testi e dai dati non strutturati. La social intelligence non si limita nemmeno al monitoraggio di questi fenomeni, ma si pone l’obiettivo di offrire questi insight a chi deve prendere decisioni di marketing e business
Dagli insight alle decisioni
La social intelligence nel marketing si riferisce alla capacità di creare conoscenza a supporto delle decisioni utilizzando dati e informazioni che hanno come fonte i social media.
La storia del marketing sui social media è ricca di esempi su come trasformare questi insight in nuove idee di prodotto o servizio.
Trasformare gli insight dei Social
in nuove idee di prodotto o servizio
Sul piano più strategico, attraverso l’analisi di contenuti e commenti dei concorrenti diventa possibile costruire mappe dinamiche di analisi competitiva.
La Social intelligence nel marketing si riferisce alla capacità di creare conoscenza a supporto delle decisioni, utilizzando dati e informazioni che hanno come fonte i social media.
La costruzione degli insight
Social Listening, più nello specifico, si riferisce all’ascolto e interpretazione delle conversazioni anche a scopo dicrowdsourcing, cioè di generazione di nuove idee per l’innovazione. La social sentimentanalysis misura e analizza le attitudini verso il brand; la social analytics si riferisce, invece, ai dati prodotti in automatico dai sistemi di management delle diverse piattaforme.
In marketing abbiamo storicamente costruito conoscenza, capacità di segmentazione e targeting sui mercati attraverso le metodologie delle ricerche di mercato. Ma oggi ci servono più dati, più precisi e più velocemente di prima che ci aiutano a costruire ipersegmentazioni, insight rilevanti, sulle dinamiche e opportunità di mercato, e supportare quindi le strategie e le azioni più opportune.
Per fare del buon marketing è necessario non solo tracciare e capire i comportamenti, ma anche capirne le motivazioni più intime, capire non solo il cosa, ma anche i perché, per poter disegnare offerte di esperienza che possano essere apprezzate.
La Netnography
Le marche sono tutte social per definizione perché generano occasioni e necessità d’interazione nei mercati e la performance di business è influenzata da fattori non solo funzionali, ma anche emozionali e socioculturali. Assumendo questa prospettiva, le culture e subculture di consumo e le pratiche sociali in rete possono essere esplorate indagando i valori, le norme sociali, i simboli e i miti che creano senso per l’individuo e per i gruppi, sia nelle interazioni con gli altri, sia negli incontri con la marca. Per questo diventa necessario non solo raccogliere dati strutturati, ma anche utilizzare tecniche di insight-building più di carattere qualitativo e etnografico, come la Netnography.
Attraverso questa metodologia, il ricercatore stabilisce una relazione partecipata con la comunità che studia, che richiede attenti protocolli etici d’ingresso e comportamento. È anche importante provare a immaginare e prevedere i comportamenti e i desideri futuri, cosa resa possibile dalle nuove tecnologie di predictive analyticse il Machine learning.
Da insight a nuove idee di prodotto/servizio
Con la Social Intelligence ci poniamo queste domande:
- chi sono le persone e le comunità che mostrano maggiore interesse per la nostra area di business e per quello che possiamo offrire con i nostri prodotti e servizi?
- Quali sono i profili di comportamento e le attese nei confronti di questi prodotti e servizi?
- Quali sono i contenuti che sono considerati più interessanti e che producono maggiore engagement cioè like, share e commenti?
- Quali sono le opinioni, i desideri e i sentimenti che caratterizzano le conversazioni attorno alla nostra marca, oppure attorno a temi di rilevanza per il nostro business?
- Ci sono richieste esplicite d’aiuto?
- Quali sono le idee scambiate dai nostri clienti sulle possibilità di cambiamento/innovazionedei nostri prodotti?
L’esperienza di L’Orèal
“In passato raccoglievamo questi dati in modo episodico e a campione sulle diverse piattaforme. Oggi con i Big Data tracciamo le conversazioni continuativamente e senza dover fare campionamenti. I dati entrano nelle nostre organizzazioni in tempo reale e da tutte le fonti che ci sembrano rilevanti”.
La storia del marketing sui social media è ricca di esempi su come trasformare questi insight in nuove idee di prodotto o servizio. Tra gli altri, L’Oréal fu in grado di lanciare un nuovo prodotto per la colorazione casalinga dei capelli, inserendo nella confezione uno strumento per la posa del colore che, attraverso i social media, aveva capito avrebbe risolto un problema serio alle sue clienti, soprattutto più giovani e meno abituate alla colorazione.
Piattaforme di social intelligence
Sul piano più strategico, attraverso l’analisi dei contenuti e commenti resi disponibili sui social da esperti, da concorrenti, incluso le conversazioni dei dipendenti dei concorrenti, e da società di ricerca specializzate, diventa possibile costruire mappe dinamiche di analisi competitiva. In un caso anonimo citato in un report di McKinsey, un’azienda è riuscita a costruire una mappa molto precisa dei piani di sviluppo di un concorrente, attraverso l’analisi delle conversazioni e contenuti resi disponibili su Linkedin dai dipendenti del concorrente in questione.
L’ascolto in rete
Ci sono diversi strumenti e software che supportano le organizzazioni in questa attività, ma anche servizi e piattaforme che mettono le imprese, anche di minori dimensioni, in grado di utilizzare le tecniche e le tecnologie più sofisticate. Le più importanti piattaforme del settore, come ad esempio Brandwatch di Hootsuiteo TalkWalker hanno accesso a trilioni di social post contemporaneamente in tempo reale. Giganti aziendali come Unilever, Procter & Gamble e L’Oréal, ma anche aziende di minori dimensioni, come Vibram, hanno fatto dell’ascolto in rete una leva potente di supporto alle decisioni, su cosa fare e cosa dire nei mercati dei loro prodotti. Hanno trasformato l’ascolto in capacità di business.
Focalizzarsi sull’obiettivo di marketing
Essere sempre molto focalizzati proprio sull’obiettivo di marketing, l’obiettivo di business. Quindi, uscire da quest’idea che il volume di dati sia più importante della rilevanza e direi “rilevanza batte quantità 4 a 0, ma forse anche 10 a 0″.Quindi, la prima cosa da perseguire è interrogarsi su quali possano essere le informazioni utili per poi portare a delle azioni di marketing concrete, quali costruire un servizio più personalizzato per il nostro cliente, poter fare out-selling, poter fare cross-selling.
Dal Big Data allo Smart Data
Passare un po’dall’ottica dei Big Data a quella degli Smart Data, tant’è vero che le ricerche ci dicono che tra le professioni del futuro non ci sono solo i data scientist, i data engineer, i data architect, ma ci sono anche i cosiddetti business translator, cioè coloro che riescono a dare un senso alla mole di dati e capire quale può essere l’utilizzo concreto in ottica di business.
La qualità dei dati quindi aumenta nel momento in cui noi abbiamo la capacità di collegare questi dati al business. Ma, parlando di qualità dei dati dal punto di vista proprio della natura e della capacità di interpretazione del dato, cosa mi dici?
La veridicità dei dati
Questo è un altro tema importantissimo, tanto che oltre alle tre V, solitamente associate al tema dei Big Data, cioè volume, varietà e velocità, si parla oggi di altre V, tra cui proprio la veridicità che va a toccare tutti i temi di accuratezza, completezza e precisione del dato. Allora, su questo vedo che le aziende che lavorano meglio sono quelle che da un lato riescono a definire dei processi di data governance strutturati e quindi riescono a prendersi carico, magari con strutture proprio dedicate, di tutto il ciclo di vita del dato, dalla sua raccolta fino al suo trattamento e il suo utilizzo.
Dall’altro lato ci sono delle piattaforme che ci possono aiutare ma basandosi sul machine learning e l’Artificial Intelligence per rendere comunque più veloce anche questo processo di pulizia che oggi occupa più o meno l’80% del tempo dei data sciencetist. Quindi, le piattaforme, ad esempio le datamanagement platform, ci possono aiutare molto in questo, nel rendere più veloce e comunque accurato questo processo di integrazione dei dati che provengono da fonti diverse.
I dati non strutturati
Noi utilizziamo la tecnologia infatti anche per interpretare quelli che chiamiamo i dati non strutturati, cioè ad esempio le conversazioni nei social media online. Abbiamo la capacità attraverso il deeplearning di interpretare le conversazioni. Ma con quale qualità? Con quale capacità di andare nel profondo? Noi sappiamo che stiamo continuando a usare ricerche qualitative e metodologie diciamo più etnografiche, proprio perché il dato da solo e la tecnologia da sola non arriva a quel livello di profondità. Voi come fate?
Integrazione fra la ricerca quantitativa e qualitativa
Da un lato le piattaforme di Data Analysis sono fondamentali perché ci consentono innanzitutto di esplorare e quindi individuare nelle reti dei sistemi che poi possiamo andare anche a validare e a confermare con le stesse piattaforme.
Però esiste tutto un mondo relativo alle emozioni, alle opinioni, al contesto, che è più difficilmente esplorabile, diciamo, attraverso un’analisi quantitativa ed è qua che entra in gioco l’analisi qualitativa, anche con metodi cosiddetti tradizionali, diciamo.
I Thick data
Qua arriviamo a parlare ad esempio proprio di thick data, cioè questi dati densi di tutte queste informazioni di contesto, che però rendono alla fine la nostra indagine veramente, come dire, focalizzata e che ci permettono anche di individuare un po’ quel lato umano che sta nascosto dietro il big data.
WhatsApp Business
Alcune ricerche di Morning Consult riportano che il 69% delle piccole e medie imprese italiane considera WhatsApp Business uno strumento in grado di agevolare l’interazione con i propri clienti. È proprio questo, infatti, l’obiettivo dell’applicazione che punta, sin dalla sua progettazione, nel rispetto della formula “niente pubblicità e niente giochi”, ad aumentare l’interazione all’interno del proprio network sociale. Da metà gennaio 2018 l’applicazione è disponibile anche nella sua versione Business che ha il compito di semplificare la comunicazione tra brand e cliente: un passo importante per le piccole e medie imprese italiane che intendono sfruttare l’instant messaging per dialogare con le proprie audience. In questa sessione ci soffermeremo dunque su come creare valore insieme al cliente attraverso WhatsApp.
WhatsApp è l’applicazione di messaggistica più usata al mondo e sempre di più diventa importante anche per fini economici.
Meglio messaggi che chiamate
Questo strumento, nella sua versione Business, funziona soprattutto all’interno del mondo delle Piccole e Medie Imprese. Statistiche di mercato testimoniano come oggi, la maggioranza dei clienti, preferisca inviare un messaggio via WhatsApp al brand piuttosto che chiamare il numero del servizio clienti. Lo strumento può essere utilizzato dall’azienda per scopi diversi.
L’applicazione più usata al mondo
Con oltre 2 miliardi di utenti attivi al mese e 70 miliardi di messaggi scambiati al giorno, WhatsApp è l’applicazione di messaggistica più usata al mondo. A partire dal 2018, è disponibile la versione business, dato il crescente utilizzo di quest’app all’interno delle aziende.
- Caratteristiche generali
Nielsen, azienda globale di misurazione e analisi dei dati, sottolinea che il 67% degli utenti di applicazioni di messaggistica farà un uso crescente, nei prossimi anni, di chat virtuali per comunicare con le aziende. Inoltre, il 53% degli intervistati ha dichiarato di essere più propenso ad acquistare da un brand con cui è possibile comunicare in maniera diretta, trasparente ed in realtime.
Se l’obiettivo dell’azienda è dunque quello di vendere un prodotto, offrire un servizio ad una clientela giovane, a maggior ragione dovrà essere in grado di utilizzare applicazioni di messaggistica, integrandole nella propria struttura aziendale, essendo ormai parte integrante della loro quotidianità. Uno studio del Pew ResearchCenter mostra che il tasso di interazione raggiungibile con applicazioni come WhatsApp è davvero sorprendente: in termini di reach, dell’audience, recenti statistiche ci dicono come:
-
il 98% dei messaggi da mobile sono aperti e letti dai clienti
-
il 90% di essi vengono aperti nei primi 3 secondi dopo essere stati ricevuti.
WhatsApp Business permette ai brand di interagire con i propri clienti in maniera trasparente e veloce. Ciò è possibile anche grazie a strumenti automatizzati che danno modo alle aziende di organizzare e rispondere in tempo reale ai messaggi ricevuti, aumentando l’interazione con la propria audience.
Una cosa importante da tenere a mente è che l’instant messaging non utilizza quel codice di comunicazione cui i consumatori sono abituati nei social. In questo caso, ciò che crea valore per i consumatori è la percezione del trasferimento di un contenuto unico e individuale.
Qual è il principale take away che apprendiamo quindi da quanto appena detto, assumendo una prospettiva business?
- Le comunicazioni non automatizzate devono essere quindi quanto più informali possibile, naturali e non forzate.
- Le risposte al tempo stesso devono essere rapide, come nello stile dell’applicazione nella sua versione standard.
Come usare WhatsApp Business
Cerchiamo ora di vedere come usare WhatsAppBusiness per aumentare il valore che un brand è in grado di creare per la propria target audience. L’applicazione permette di attivare un dialogo autentico e spontaneo con il cliente, grazie a:
- alla facilità con cui è possibile inviare immagini, file audio, video di prodotti e servizi aziendali e messaggi di testo a utenti di tutto il mondo.
Attenzione, però. Affinché questa tipologia di messaggistica brand-consumatore funzioni, le aziende devono essere brave nel targetizzare i contenuti tra le diverse audience a cui si rivolgono e aver già instaurato un dialogo precedente con questi clienti. Per tal motivo questo strumento, almeno per ora, funziona soprattutto all’interno del mondo delle piccole e medie imprese per rafforzare un dialogo volto alla creazione di maggiore valore tra quella parte di clienti fedeli già in portafoglio e il brand. Non è dunque uno strumento efficace per fare scouting nei nuovi profili da servire e per fini puramente promozionali.
Crescente il numero di piccole e medie imprese che usano WhatsAppper aumentare le engagement con la propria audience. Questa tipologia di messaggistica genera valore non solo relativamente alla possibilità di segnalare nuove offerte e prodotti, tramite un invio multiplo a destinatari diversi, ma nella prospettiva del dialogo One to One, la piattaforma permette anche di instaurare chiacchierate informali come tra veri e propri amici. Pertanto è usata dalle aziende anche in concomitanza delle festività, per fare gli auguri ai propri clienti più cari. L’interazione con quest’ultimi può essere inoltre accresciuta grazie a un loro coinvolgimento tramite le storie WhatsApp, che danno modo ai brand di effettuare in diretta streaming, ad esempio, l’unboxing delle loro nuove campagne prodotto.
Altri usi di WahatsApp Business
WhatsApp Business può essere uno strumento di grande aiuto per il customer care aziendale. Statistiche di mercato testimoniano come oggi la maggioranza dei clienti preferisca inviare un messaggio via WhatsApp al brand piuttosto che chiamare il numero del servizio clienti. Ovviamente, offrire supporto al cliente attraverso WhatsApp può non essere una buona opzione per tutte le aziende.
La cosa peggiore che si possa fare è usare WhatsApp, ma poi non rispondere per ore. Inoltre, tramite questa piattaforma, è possibile inviare dei reminder agli utenti circa ordini in sospeso o dare la possibilità ad un cliente di chiedere o modificare un appuntamento.
WhatsApp fino ad ora non è stato utilizzato per i sondaggi, ma è una piattaforma che per la sua immediatezza e semplicità, potrebbe supportare l’azienda nel migliorare la profilazione dei propri clienti.
È possibile chiedere ai consumatori cosa amano o far loro esprimere il livello di gradimento tra opzioni diverse di prodotto, che il brand pensa di introdurre all’interno del mercato. Numerosi sono i vantaggi anche dal punto di vista interno: la chat agevola i brand nell’effettuare rapide comunicazioni da mandare alla rete dei propri venditori. Infine, ma non di ultima importanza, WhatsApp Business non ospita inserzioni pubblicitarie di alcun tipo al suo interno. Questo rappresenta un vantaggio in termini di affidabilità e genuinità della percezione degli utenti dell’interazione instaurata con l’azienda.
WhatsApp è l’applicazione di messaggistica più usata al mondo e sta diventando sempre più rilevante anche nella quotidianità del contesto business delle piccole e medie imprese.
WhatsApp Business è completamente indipendente dalla versione standard di WhatsApp ma funziona allo stesso modo. L’applicazione per uso aziendale è contrassegnata dal logo con una lettera B al posto del classico fumetto con la cornetta ed è disponibile sia per utenti Android che Ios. L’obiettivo dell’app è quello di rimanere in contatto con i clienti e rispondere a domande e richieste in tempo reale.
Con WhatsApp Business, un’azienda può creare il proprio profilo di attività inserendo il logo aziendale, l’indirizzo dell’azienda che viene automaticamente inserito in Google Maps, gli orari di apertura e chiusura e i riferimenti delle mail e del sito.
WhatsApp Business permette di utilizzare le liste di broadcast per inviare messaggi a gruppi di contatti in contemporanea, ma che l’utente legge singolarmente. Si possono gestire fino a 256 contatti che ricevono il messaggio come se fosse una chat privata, a patto che i clienti abbiano memorizzato il numero aziendale nella rubrica del telefono.
Tale funzionalità permette alle aziende anche di segmentare i contatti, usando le etichette, dando il nome alle chat, così da filtrare e trovarle più facilmente. Le etichette di base si riferiscono al processo di e-commerce: un nuovo cliente, un nuovo ordine, in attesa di pagamento, pagato e ordine completato. È possibile poi personalizzare le etichette: ad esempio, con clienti abituali, clienti promo, o supporto clienti. WhatsApp Business permette inoltre di automatizzare le conversazioni con i clienti; essi possono ricevere messaggi di benvenuto in caso di primo contatto con il brand, messaggi di assenza, testi che possono essere inviati negli orari di chiusura, così come risposte velocialle domande più frequenti.
WhatsApp Pay
Tramite questa app, è possibile creare nei cataloghi customizzabili di prodotti o servizi, facilitando il processo di ordine e prendendo accordi su come eseguire l’acquisto. Inoltre, tramite questa applicazione di messaggistica istantanea a breve anche in Italia sarà possibile completare transazioni economiche. WhatsApp Pay ha iniziato il suo iter di test al momento in Brasile. Nell’ottica di prevenire attività di spam e in linea con il regolamento GDPR, gli utenti devono dare il proprio consenso per ricevere comunicazioni da un account business. Questo significa che le aziende non possono usare l’app per campagne di call calling. WhatsApp Business viene inoltre considerato un pilastro della comunicazione tra business e consumer, dando modo alle aziende di aumentare l’uso dello storytelling in real time, per connettersi al proprio pubblico tramite le funzionalità delle Stories. Ciò permette alle aziende di rafforzare il proprio brand e in ultimo aumentare i propri ricavi online. La gestione dell’app è possibile anche tramite PC, attraverso WhatsApp Web. Tale possibilità risulta comoda soprattutto nel momento in cui si vanno a lavorare le statistiche e gli analytics, accessibili ai brand che utilizzano l’app nella versione business.
Test
Domanda 1
Le applicazioni di social media permettono di attivare un dialogo autentico e spontaneo:
Con clienti attuali e potenziali
Domanda 2
Gli appartenenti alla Gen Z:
Sono coloro nati dal 1997 ad oggi
Domanda 3
Coloro che appartengono alla Gen Z si preoccupano della sicurezza dei propri dati, perché la loro presenza online è importante tanto quanto la presenza fisica nel mondo reale.
Vero
Domanda 4
I dati ottenibili attraverso i social media aiutano le aziende a costruire insight rilevanti sulle dinamiche e opportunità di mercato e supportano (scegliere l’unica risposta sbagliata):
Scelte di analytics
Domanda 5
Per fare del buon marketing è necessario:
Tracciare i comportamenti rilevanti dei consumatori e al tempo stesso capirne le motivazioni più intime
Domanda 6
La netnography viene utilizzata per:
Interpretare i comportamenti dei consumatori nei social media
Domanda 7
La social intelligence può essere usata anche a scopo competitivo.
Vero in tutti i settori
Domanda 8
Uno studio del Pew Research Center mostra che il tasso di interazione raggiungibile da applicazioni come WhatsApp è:
Molto elevato e tale da giustificare investimenti aziendali in questa direzione
Domanda 9
WhatsApp Business permette all’azienda di comunicare in maniera trasparente ed efficace con i suoi clienti target, ciò risulta estremamente vantaggioso:
Per supportare l’azienda nel migliorare la profilazione delle proprie target audience