Il Leone Berbero è la sottospecie di leone che popolava le montagne dell’Africa nord-occidentale, quindi soprattutto le alture della Tunisia, dell’Algeria e del Marocco. Il Leone Berbero, detto anche Leone dell’Atlante, dal nome della catena montuosa dove si insediava, è una specie estinta e l’ultimo esemplare è stato ucciso in Marocco durante un battuta di caccia nel 1942. Oggi esistono solo ibridi nello zoo di Témara (Marocco) dai cui esemplari si sta studiando una possibile riproduzione selettiva per la reintroduzione dell’animale in natura (North African Barbary Lion and the Atlas Lion Project, 1978). Il Leone Berbero è probabilmente vicino parente del Leone Asiatico e sarebbe invece lontano geneticamente da quello Subsahariano. A causarne il declino fino all’estinzione sarebbe stata la difficile convivenza con l’uomo che, da quando ha iniziato a popolare il suo areale di pertinenza lo ha iniziato a cacciare. La prima decimazione che messo a rischio la specie è stata però quella dei Romani che prelevarono numerosi esemplari dalle alture del Nord Africa per farli combattere nelle arene.
- Le caratteristiche dell’animale
Secondo gli studi il leone berbero aveva dimensioni paragonabili alla tigre siberiana (300 chili di peso per 3,50 metri di lunghezza) ed era stimata come la terza sottospecie di leone per dimensioni dopo il Leone delle Caverne e il Leone Americano. Tra le caratteristiche morfologiche questa specie di leone si notava, oltre che per le dimensioni, per la folta criniera di colore scuro che avvolgeva gran parte del corpo, dal collo scendeva al petto, allo stomaco e via giù fino all’inguine. La ragione di questa folta criniera era probabilmente dovuta al fatto che l’animale viveva in zone fredde e umide. Il leone berbero aveva suoi parenti diretti nei leoni egiziani da cui si differenziava proprio per la criniera più rada dovuto al fatto che l’animale viveva in ambienti più caldi.
- L’origine del Leone Berbero
Secondo alcuni studi genetici pubblicati in letteratura scientifica a metà degli anni 2000 il Leone Berbero sarebbe un parente vicino più al Leone Asiatico che al Leone Subsahariano, quello attualmente più conosciuto e ancora diffuso in natura perché popola le savane a sud del grande deserto africano. Secondo quegli studi infatti, dopo aver prelevato DNA mitocondriale da campioni di tessuto organico di un gatto domestico e 25 esemplari di tigre e leone appartenenti a tredici sottospecie, è stato ricostruito il loro albero filogenetico arrivando alla conclusione che esistono cinque macrocaldi di grandi felini:
- il leone delle caverne
- i leone sub-sahariano
- il leone berbero-asitico
- le tigri
- i leopardi
La parentela genetica tra leone asiatico (Panthera leo persica) e leone berbero (Panthera leo leo) è dunque stata confermata, così come è stata confermata la distanza da quello subsahariano (Panthera leo senegalensis). Le due sottospecie si sarebbero separate tra i 203 mila e i 74 mila anni fa (Burger et alii, 2004); mentre l’ultima glaciazione würmiana sarebbe stata la causa di separazione tra il berbero e l’asiatico. Altri autori invece hanno riunito tutti i leoni africani senza distinzione morfologica in base all’areale di appartenenza in un’unica sottospecie, il Panthera leo leo, a cui sia aggiunge quella asiatica, la Panthera leo persica. Questa classificazione tassonomica tuttavia non è pienamente accettata e rimangono molti studiosi contemporanei che ritengono valida quella tradizionale.
- L’areale del Leone Berbero
L’areale di questo leone era piuttosto ampia e comprendeva non solo le alture dell’Atlante ma anche le coste atlantiche del Marocco, il massiccio del Tassili n’Ajjer, le piane desertiche della Libia e la costa della Tripolitania, il massiccio del Tassili n’Ajjer (Algeria) fino alla Nubia (Egitto merdionale, Sudan).
- La predazione del Leone Berbero
Il leone berbero era un predatore alfa per eccellenza e nel suo territorio entravano nella lista delle sue prede numerose specie animali, alcune delle quali anche di grandi dimensioni. Tra di esse, potevano finire per essere divorate dopo essere state aggredite al collo cammelli, dromedari, giraffe, antilopi, gazzelle, orici, cinghiali, asini, cervi, capre, elefanti (che nel Nord Africa avevano dimensioni assai più ridotte rispetto ai cugini della Savana) e ippopotami. Il leone berbero non era però il solo predatore di questi animali, ma entrava in concorrenza con l’Orso dell’Atlante (estinto) e il Leopardo dell’Atlante (in via di estinzione).
- La caccia al re dell’Atlante
Il Leone dell’Atlante come tutti i grandi felini, fin da quando l’uomo ha imparato a cooperare coi suoi simili nelle operazioni di caccia e a utilizzare la tecnica piuttosto che la sola forza fisica, è entrato nella lista degli animali più cacciati dall’uomo. Il rapporto di convivenza con questo grande predatore entrava in contrasto non solo per la concorrenza nella caccia di prede comuni, ma anche perché con la diffusione dell’allevamento le mandrie e le greggi erano costante bersaglio di questi animali. Il rapporto di forza uomo-leone si è poi definitivamente sbilanciato a favore di quest’ultimo quando nella caccia sono state introdotte le armi da fuoco che hanno consentito all’uomo di portare a termine battute molto soddisfacenti sul piano del numero di capi abbattuti.
- L’estinzione del Leone Berbero
Il leone berbero ha dovuto subire nel corso della sua storia millenaria due eventi naturali che lo hanno portato all’estinzione: 1) la convivenza con l’uomo che raggiungeva via via una tecnica di caccia sempre più efficace e capillare e 2) il cambiamento ambientale del territorio che da savana rigogliosa e popolata da grandi erbivori (fino al III millennio a.C.) e progressivamente diventata un’area desertica.
- La sacralizzazione del Leone Berbero
Il leone berbero come tutte le specie di leone sono entrate a far parte dell’immaginario sacro e votivo di numerose popolazioni africane. Specialmente gli egizi e le popolazioni delle pianure savane era considerato un animale sacro che non doveva essere cacciato.
- Inizio dello sterminio: i Romani li portano nelle arene
I Romani invece, come noto, fecero un prelievo di grossi e tanti esemplari (che assestò il primo duro colpo alla sopravvivenza di specie) da inserire nelle arene negli spettacolari combattimenti con altre fiere.
- L’estinzione del Leone Berbero
Il leone berbero iniziò ad estinguersi in direzione est ovest: prima in Egitto, poi in Libia, seguirono la Tunisia e l’Algeria e infine, l’ultimo esemplare, un maschio, fu ucciso nel 1942 in Marocco. Alcune ricostruzioni non scientificamente provate parlano di una sopravvivenza del leone berbero fino agli anni ’60 del ‘900 quando venne definitivamente annientato nei bombardamenti franco-algerini. Si fece tuttavia in tempi a rinchiudere alcuni esemplari, figli di un gruppo di leoni appartenuti ai reali del Marocco sin dal 1922, nei giardini zoologici marocchini e questa politica ha dato una speranza ai ricercatori per una possibile reintroduzione in natura attraverso il ripopolamento selettivo.
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IPOTESI DI RINASCITA DEL LEONE BERBERO
La reintroduzione della sottospecie di Leone Berbero o Leone dell’Atlante è un progetto internazionale che vede il Marocco al centro di tutta la questione. Perché è dallo zoo di Témara (città costiera berbera che si affaccia sull’Atlantico) che si vorrebbe ripartire nella ricostruzione della mappa genetica. Li si trovano i discendenti dei leoni reali che il sultano Mohammed V ospitava nei giardini della sua reggia fino alla metà del ‘900. Questi esemplari sono stati identificati come ibridi attraverso l’analisi del DNA mitocondriale confrontata con quella di leoni imbalsamati. Altri discendenti dei leoni reali si trovano in Inghilterra presso lo zoo di Ashford, nel Kent (12 esemplari); mentre, quelli dell’imperatore etiope Haile Selassie I si trovano nello zoo di Adis Abeba. Alcuni invece si trovano presso il parco nazionale Kruger del Sudafrica. Rimangono in vita anche altri leoni appartenenti a privati in giro per il mondo che dichiarano di possedere ibridi o esemplari autentici che sono, oltre a vari circhi:
- Francia – Parc de la tête d’Or di Lione
- Spagna – Zoo di Madrid
- Germania – Zoo di Neuwied
- Inghilterra – Longleat Safari Park di Wiltshire
- Stati Uniti – Big Cat Rescue di Tampa, in Florida
- Nuova Zelanda – Zion Wildlife Gardens
A dare qualche speranza per l’attivazione di una volontà politica che dia credito alla ricerca e alla probabilità di reintroduzione del Leone Berbero in libertà e nel suo ambiente originario, seppur in aree riservate, potrebbe essere la popolarità che hanno acquisito gli ibridi di questo animale presenti negli zoo. Il North African Barbary Lion and the Atlas Lion Project ( nell’Atlante marocchino) fu scelto per una prima reintroduzione del leone sulla scia di un progetto già messo abbozzato in collaborazione dell’Università di Oxford nel lontano 1978. Il progetto tuttavia non ha ancora ottenuto i finanziamenti necessari per la sua realizzazione. Rimangono ancora in fase embrionale invece i progetti di reintroduzione avanzati dall’Università del Michigan e dell’Università di Chieti.