Il 16 e 19 gennaio a Dorgali e a Cala Gonone celebrano i santi Antonio Abate e Sebastiano con i tradizionali fuochi in piazza. Si tratta di un rituale secolare che ha radici nella tradizione pagana della Sardegna più arcaica, quando il fuoco occupava un ruolo preminente nella simbologia religiosa, accanto agli altri quattro elementi che stanno alla base dell’universo: l’aria, la terra e l’acqua. La sua dinamica misteriosa, la sua presenza silenziosa in stato di quiete, oppure di fragoroso crepitio nel picco della sua distruttiva voracità , sono tutte dinamiche naturali che hanno suscitato nell’uomo, mistero e paura, almeno fino a quando egli stesso non ne è diventato dominatore e creatore.
DAL PAGANO AL CRISTIANO
A Dorgali, la tradizione del fuoco in piazza come rito pagano e poi cristiano (Teodosio, 319), è già presente nei documenti storiografici della seconda metà del XIX secolo, quando però, ha già tutti i connotati della nuova religione dominante che si è impadronita definitivamente di gran parte della simbologia pagana (vedi Mamoiada).
I fuochi di Sant’Antonio Abate e San Sebastiano:
- il 16 gennaio fuoco di Sant’Antonio presso la piazza dell’omonima chiesa rionale (vedi mappa di Dorgali);
- il 19 gennaio fuoco di San Sebastiano, presso la piazza di Santa Caterina a Dorgali (vedi mappa). Per questa ricorrenza anche altri rioni, accendono nelle piazze i loro fuochi “purificatori” che illuminano il paese per tutta la notte.
IL FUOCO
Il fuoco consiste nel far bruciare “su romasinu” una montagna alta fino a 6 metri di frasche e sterpaglie profumate (cisto e rosmarino) raccolte nelle campagne vicine. In cima viene sistemata la croce di arance che i più giovani possono andare a prendere arrampicandosi appena le fiamme hanno iniziato a bruciare la base. Questo gesto sportivo altro non è che un richiamo al coraggio in segno di buon auspicio per la rigida stagione invernale. Nel frattempo, il “priore” (l’organizzatore della festa), serve ai cittadini radunati attorno al falò, un bicchiere di vino rosso cannonau accompagnato dal dolce tipico dorgalese, “su pistiddu”.
NON SOLO DORGALI
Il rito del Fuoco di Sant’Antonio nella data del 16 gennaio, si celebra non solo a Dorgali, ma anche in numerosi altri centri della Sardegna. Tra essi, citiamo: Aritzo, Bolotana, Bosa, Desulo, Budoni, Bolotana, Escalaplano, Nuoro, Orosei, ed Ussassai.
“SU PISTIDDU”
Il “pistiddu” è il dolce, unico nel suo genere, che fa parte del patrimonio culinario dorgalese. Si tratta di due sfoglie di pasta frolla (detta “pasta de tzambella“) o di semola con strutto (la”pasta suitta“), messe l’una sull’altra in mezzo alle quali si trova spalmata una marmellata di vincotto e scorza di arance. Il nome del dolce deriva proprio dal ripieno, denominato in sardo “su pistiddu.
La preparazione di questo dolce è particolarmente laboriosa e richiede maestranze locali che si possono trovare tra le mura domestiche delle anziane donne dorgalesi, oppure presso le migliori pasticcerie del posto che hanno recuperato tecnica e materie prime. Il dolce si completa anche di una cura estetica tutt’altro che secondaria, come la forma circolare a perimetro spezzettato che dà al dolce una praticità di consumo e le decorazioni floreali o geometriche che riprendono simbologie artistiche della tradizione dorgalese.
In occasione delle feste di Sant’Antonio Abate (17 gennaio) e di San Sebastiano (19 gennaio), il “priore” (l’organizzatore) incarica alcune donne del vicinato o della immediata parentela di fare in casa alcune forme di pistiddu, perché sarà il dolce principale da servire il giorno del fuoco a tutti gli invitati, assieme a un buon bicchiere di vino rosso.
SANT’ANTONIO ABATE
Sant’Antonio Abate, detto anche sant’Antonio d’Egitto o sant’Antonio del Fuoco, muore nel deserto della Tebaide, proprio il 17 gennaio del 357. Egli era un eremita egiziano che fondò, secondo la tradizione, il monachesimo cristiano e il suo legame col fuoco è messo in relazione al fatto che egli avesse rubato all’Inferno una favilla incandescente per donarla agli uomini.