Tra la fine del 1992 e la fine del 1993 i governi che si succedettero in quel tribolatissimo periodo della storia italiana, quando cioè l’opinione pubblica era terrorizzata dal rischio di un’escalation antidemocratica dopo gli scandali di corruzione politica e finanziaria e stragi di mafia, approvarono due importanti decreti legge in materia di servizio sanitario che cambiarono definitivamente la filosofia del comparto: quelle che un tempo erano presidi sanitari locali, detti altrimenti “Unità Sanitarie Locali”, vennero aziendalizzati e acquisirono la nuova denominazione di “Aziende Sanitarie Locali”, divenendo dei presidi di salute pubblica che rispondevano non più solo a logiche di servizio pubblico ma anche di concorrenza semi privatistica. Si volle cioè applicare alla sanità alcune logiche commerciali (mai dichiarate ma ormai evidenti) con lo scopo di incentivare i miglioramenti dei rispettivi centri. Questo ciò che sostennero i liberisti più entusiasti, mentre, tra le voci critiche vi fu chi sostenne che l’applicazione di tali logiche non avrebbe portato al miglioramento del servizio bensì al suo indebolimento nei luoghi più svantaggiati della penisola.
Il 28 giugno 1992 quella che allora era una delle dieci potenze economiche globali con un Servizio Sanitario di livello mondiale portò al vertice del suo esecutivo il Governo Amato, che rimase in carica fino all’aprile dell’anno dopo quando passò il testimone ad un altro esecutivo, il Governo Ciampi (29 aprile 1993-11 maggio 1994).
Questi furono dei cosiddetti “governi tecnici” cioè delle espressioni governative non frutto di un esito elettorale diretto bensì di un accordo in seno al Parlamento (Camera e Senato) con lo scopo di traghettare la stabilità politica verso lidi più tranquilli dopo le burrascose vicende di Tangentopoli e delle Stragi di mafia che misero in discussione, per la prima volta dopo la caduta del Fascismo, la tenuta democratica del paese.
Fra i provvedimenti più importanti che questi due governi riuscirono a realizzare nella loro seppur breve vita, vi furono:
- la più importante manovra finanziaria dal dopoguerra (da 100 mila miliardi di lire) con l’obiettivo del famosissimo “pareggio di bilancio” (Governo Amato);
- il prelievo forzoso del sei per mille (6‰ ) dai conti correnti delle banche italiane legittimato con apposito decreto, anche questo con lo scopo del raggiungimento del “pareggio di bilancio” (Governo Amato);
- prima di approvare la fiducia al nuovo Governo Ciampi alla Camera vi fu la discussione sull’autorizzazione a procedere per Bettino Craxi, coinvolto pesantemente nello scandalo Mani Pulite. L’assemblea, a scrutinio segreto, respinse tutte le autorizzazione a procedere nei suoi confronti facendo eccezione per le ipotesi di corruzione a Roma e di violazione della legge sul finanziamento dei partiti (Governo Ciampi).
L’AZIENDALIZZAZIONE DEGLI OSPEDALI
A ciò si aggiunsero i decreti legge che portarono alla modifica del Servizio Sanitario Nazionale che fu aziendalizzato e i presidi locali, da Unità Sanitarie Locali vennero trasformate in Aziende Sanitarie Locali. Erano i decreti legge n. 502 del ’92 ad opera del governo Amato e del suo successivo completamento, il decreto legge n. 517 del ’93 del governo Ciampi.
Con questi decreti i distretti sanitari di varia tipologia come presidi ospedalieri, consultori, continuità assistenziali, assistenze a domicilio e/o in residenze socio sanitarie, visite ed esami specialistici, servizi di prenotazione prestazioni (CUP), medici di famiglia e i servizi per la salute mentale furono dotati di un’autonomia patrimoniale, organizzativa, gestionale, tecnica, amministrativa e contabile. Acquisirono quindi una propria personalità giuridica pubblica e divennero organismi con autonomia imprenditoriale, con all’interno organi come il direttore generale, il collegio sindacale e la direzione.
LIBERISMO E TRADIZIONALISMO
La riforma ebbe il sostegno della politica liberista che vide nell’apertura alle logiche di mercato (seppur calmierato e disciplinato dallo Stato) la soluzione per le continue difficoltà economiche e di servizio di molte strutture, incapaci di dare al cittadino la qualità in linea con le loro aspettative. Si credeva insomma che la concorrenza avrebbe incoraggiato il miglioramento generale e messo fuori mercato i servizi scadenti. Per i tradizionalisti del servizio pubblico invece la riforma portò i territori più ricchi e con a capo i manager più capaci e/o i referenti politici più scaltri, ad avere le corsie preferenziali per l’accaparramento di risorse economiche mettendo così sul campo servizi migliori che portarono inevitabilmente all’indebolimento dei territori già poveri e disagiati, sia per ragioni culturali che geografiche.
Autore dell’articolo: Spanu Pierpaolo
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