La Battaglia di Capo Teulada, combattuta il 27 novembre 1940 nelle acque a sud della Sardegna, a circa trenta miglia dal promontorio di Capo Teulada, fu uno scontro navale della Seconda guerra mondiale tra la Regia Marina italiana e la Royal Navy britannica. Il confronto, rapido ma significativo, avvenne a poca distanza dalla costa sarda e fu conseguenza diretta del tentativo italiano di riscattare la Notte di Taranto dell’11 novembre 1940, quando quasi metà della flotta da battaglia italiana fu gravemente danneggiata o distrutta da un attacco a sorpresa delle forze navali britanniche.
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Battaglia di Capo Teulada — Sintesi
Seconda guerra mondiale · Mediterraneo centrale · Regia Marina vs Royal Navy
Durata scontro: ~52 minuti (apertura fuoco 12:20) · Fonti

La Notte di Taranto
Nella notte tra l’11 e il 12 novembre 1940, durante la Seconda guerra mondiale, la Royal Navy britannica sferrò un audace attacco alla flotta italiana ancorata nel porto di Taranto. Alle ore 23, dalla portaerei HMS Illustrious, posizionata a poco più di 130 miglia dalla costa pugliese, decollarono diversi aerosiluranti Fairey Swordfish. In due ondate successive, per oltre un’ora e mezza di combattimento, gli aerei britannici colpirono duramente la Regia Marina, affondando o danneggiando gravemente unità di primo piano come la Conte di Cavour (in servizio fin dalla Prima guerra mondiale), la Littorio e la Duilio. Questo episodio segnò una pesante perdita strategica per l’Italia e aprì la strada a nuovi scontri navali nel Mediterraneo.
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Battaglia di Capo Teulada: dal deterrente passivo a quello attivo
L’esito dell’attacco a sorpresa di Taranto mise in seria difficoltà la flotta della Regia Marina e costrinse l’Italia a rivedere la propria strategia navale nel Mediterraneo centrale durante la Seconda guerra mondiale. Fino a quel momento, la marina italiana aveva scelto di mantenere le proprie unità ancorate nei porti, utilizzandole come deterrente passivo contro possibili offensive. Dopo la disfatta pugliese, invece, gli alti comandi decisero di adottare una strategia opposta: far operare le navi da guerra in mare aperto, trasformandole in un deterrente attivo contro le minacce, soprattutto quelle provenienti dalla Royal Navy. Quest’ultima, forte del controllo di Suez, Malta e Gibilterra, manteneva una posizione strategica dominante nelle acque del Mediterraneo.
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Il controllo britannico del Mediterraneo centrale
L’occasione per la Regia Marina di applicare la nuova strategia navale arrivò pochi giorni dopo la Notte di Taranto, lungo una delle rotte più cruciali della Seconda guerra mondiale: la tratta britannica attraverso il Mediterraneo centrale. Questo corridoio marittimo, percorso da ovest a est e viceversa, permetteva alla Royal Navy di trasportare viveri, munizioni e materiale bellico dallo Stretto di Gibilterra al Canale di Suez, con Malta come scalo intermedio strategico. Il controllo inglese di questi passaggi marittimi garantiva alla Gran Bretagna un vantaggio logistico e militare decisivo nella regione.
Dopo che la Regia Marina venne a conoscenza di un imminente trasferimento britannico lungo la rotta del Mediterraneo centrale, la notte del 17 novembre 1940 salparono dalla Sicilia alcune unità della 1ª Squadra Navale. Tra queste figuravano la Vittorio Veneto – gemella della Littorio, danneggiata nell’attacco di Taranto – e la Giulio Cesare, affiancate da altre navi da guerra che costituivano gran parte di ciò che rimaneva della flotta italiana dopo la disfatta pugliese. L’obiettivo era intercettare, poco a sud della Sardegna, un convoglio nemico diretto a Malta e incaricato di trasportare 14 aerei Fairey Fulmar e Hawker Hurricane.
La soffiata agli inglesi e la Battaglia di Capo Teulada
L’operazione Collar, organizzata dalla Royal Navy nel novembre 1940, non rimase segreta come previsto. I britannici riuscirono comunque a difendere il convoglio grazie alle informazioni ricevute in tempo dai propri servizi segreti, che li avvisarono dell’arrivo delle navi italiane nei pressi della Sardegna il 27 novembre 1940. Avvertiti della minaccia, i comandi britannici dirottarono parte del convoglio verso Gibilterra, riducendo così le perdite potenziali. Il resto proseguì verso Malta, scortato da una flotta numericamente inferiore a quella italiana, ma deciso a completare la missione.
Quando le due marine si trovarono a circa 80 chilometri di distanza, lo scontro divenne inevitabile. I britannici ebbero due vantaggi immediati: il sole alle spalle rispetto ai propri aerosiluranti e una catena di comando più rapida rispetto alla Regia Marina, i cui ordini erano centralizzati a Roma, causando ritardi decisivi.
La Battaglia di Capo Teulada si svolse a circa 30 miglia dal promontorio, con i due fronti distanti circa 20 chilometri (23,5 km per l’esattezza). Lo scontro iniziò alle 12:20 con il primo colpo italiano, che andò a vuoto. Seguì un intenso scambio di fuoco di 52 minuti: gli incrociatori italiani Pola e Fiume puntarono contro il Berwick, mentre le unità britanniche Newcastle, Sheffield e Manchester presero di mira i Trieste, Bolzano e Trento.
Dal punto di vista tattico, l’esito fu un nulla di fatto: il convoglio britannico riuscì a proseguire verso Malta e le navi italiane si ritirarono senza aver subito danni. Tuttavia, dal punto di vista strategico, l’Inghilterra mantenne il controllo della rotta mediterranea.
Gli inglesi portano a termine la missione
Dopo aver superato la minaccia italiana nelle acque a sud della Sardegna, le navi della Royal Navy proseguirono verso il Canale di Sicilia, dove le forze navali italiane non erano in grado di ingaggiare un nuovo scontro. Tra il 29 e il 30 novembre 1940, il convoglio britannico attraversò indenni il confine con le acque territoriali italiane e raggiunse regolarmente il porto della Valletta a Malta, consegnando l’intero carico di aerei.
Per la Regia Marina, l’episodio rappresentò un’ulteriore dimostrazione di debolezza in mare, provocando un nuovo rimpallo di responsabilità tra gli alti comandi e incrinando la fiducia nella leadership militare.
L’umiliazione di Genova
In seguito alla Battaglia di Capo Teulada e al fallimento dell’intercettazione, il regime fascista sostituì l’ammiraglio Domenico Cavagnari con l’ammiraglio Arturo Riccardi. Quest’ultimo riuscì in seguito a condurre un’azione offensiva contro la portaerei HMS Illustrious – dalla quale erano decollati gli aerosiluranti protagonisti della Notte di Taranto – e contro l’incrociatore HMS Southampton e la corazzata HMS Warspite.
Il comandante britannico James Somerville, artefice della riuscita del convoglio verso Malta, fu invece protagonista, nel febbraio 1941, del bombardamento navale di Genova, un’ulteriore umiliazione per l’Italia che inflisse un nuovo colpo al bilancio di guerra e al prestigio della marina italiana.
