Secondo la storia più romantica, la Barbagia sarebbe il cuore selvaggio della Sardegna. Antica terra di pastori, gli attuali abitanti di questa conosciutissima subregione, sarebbero i discendenti di quei sardi che scelsero l’esilio nel Gennargentu pur di non cadere in mano ai dominatori cartaginesi o romani che fossero. Gli stessi romani, li chiamarono “barbari”, in riferimento dispregiativo verso tutti i popoli che non avevano avuto la “grazia” di sottomettersi al loro potere politico, economico e culturale.
GEOGRAFIA DELLA BARBAGIA
La Barbagia è quella parte della Sardegna che insiste su tutti i versanti alle falde del massiccio del Gennargentu, l’area montuosa più alta e importante dell’isola.
- Estensione: 1.300 km2
- Popolazione: 120 mila abitanti
- Geografia: confina a Nord con la Baronia e la Gallura, a Est con l’Oristanese e la Valle del Tirso, a Sud col Sarcidano, a Ovest con l’Ogliastra di cui però è culturalmente affine.
LA STORIA
Secondo le ricostruzioni pubblicate nella storiografia ufficiale, i barbaricini sarebbero discendenti delle popolazioni prenuragiche che ebbero in quest’area diversi centri di insediamento, il più noto dei quali è senz’altro quello attorno alla grotta Corbeddu di Oliena. Qui, le particolare caratteristiche orografiche del territorio, caratterizzato da andamenti irregolari e poche pianure coltivabili, costrinsero gli esseri umani ad avere una vita piuttosto difficile e ad organizzarsi in comunità che trascorrevano gran parte della loro esistenza quasi totalmente isolate le une dalle altre. Al tempo stesso, per gli invasori, la Barbagia, fu da subito un problema logistico-militare assai complicato da risolvere. E’ verosimile tuttavia che, slegando la leggenda dalle ricostruzioni attendibili, che gli invasori militarmente più attrezzati che giunsero in Sardegna (Cartaginesi e Romani in primis), non ebbero la volontà politica di conquistare la Barbagia. I Cartaginesi perché si concentrarono soprattutto sulle coste e sugli scambi commerciali; i Romani, perché non videro in quegli aspri territori nel cuore della Sardegna, un’attrattiva sufficiente a impiegare risorse militari per conquistarli.
A FORDONGIANUS I TAVOLI DELLE TRATTATIVE
Rientrando un pò nella mitologia invece, possiamo dire che i primi a non riuscire a penetrarvi furono i Cartaginesi, i quali rimasero ai confini riuscendo a stabilire solo deboli scambi commerciali con gli indigeni. Ai Cartaginesi succedettero i Romani, i quali, sebbene disponessero di una cultura militare più avanzata riscontrarono le medesime difficoltà : Forum Traiani (l’attuale Fordongianus) fu eletto luogo d’incontro delle rispettive diplomazie per cercare di attenuare la conflittualità e risolvere proficuamente interessanti scambi commerciali. Ma i risultati si ebbero solo a lunga scadenza. Sostanzialmente infatti, le “Civitates Barbariae“, ovvero le popolazioni che vivevano nella zona che va dal bittese al sud del Gennargentu e dal Marghine-Goceano fino al golfo di Orosei, resistettero tenacemente ad ogni forma di romanizzazione.
I CEPPI ORIGINARI DEI BARBARICINI
I clan storici che identificava i barbaricini in età imperiale romana erano, prima di tutto, i cosiddetti Iliensi o Iolei che abitavano la Sardegna centro orientale dal Goceano di Bortigali, alle cime di Alà dei Sardi a Nord e, più a Est, fino a comprendere l’intera Ogliastra. A Orotelli e nel Nuorese c’erano invece i Nurritanenses o Nurrenses; i Parati, gli Acconiti e i Sossinati nel Monte Albo (Siniscola, Lula, Lodè); i Cunusitani a Fonni; i Celsitani nel Gennargentu e i Gallilensi nel basso Flumendosa.
LO STORICO DIODORO RIPORTA LE DIFFICOLTÀ DEGLI INVASORI DI DOMARE I BARBARICINI
Secondo lo storico siceliota Diodoro Siculo, gli Iliensi, a seguito dell’invasione cartaginese in Sardegna, decisero di abbandonare le pianure e le coste e si rifugiarono nell’interno « […] I Cartaginesi – si legge in un documento dell’epoca – non poterono però ridurre in schiavitù gli Iolei rifugiati sui monti ed ivi, fattesi abitazioni sotto terra, mantenendo in quantità il bestiame, si alimentarono di latte, di formaggio e di carne, cose che avevano in abbondanza. Così, lasciando le pianure, si sottrassero alle fatiche di coltivare la terra e seguitarono a vivere sui monti, senza pensieri e senza travagli, contenti dei cibi semplici”. I Cartaginesi dunque, sebbene andassero ai piedi del Gennargentu con grosse disponibilità militari spesse volte per combattere gli Iolei, per le difficoltà dei luoghi e per quegli inestricabili sotterranei dei medesimi, non poterono mai raggiungerli ed in tal modo “…quelli si preservarono liberi”. Per la stessa ragione poi, infine, i Romani, potentissimi per il vasto impero che avevano, avendo loro fatto spessissimo la guerra, per nessuna forza militare che impiegassero, poterono giungere a soggiogarli. »
LATINIZZAZIONE: UN PROCESSO LUNGO MA CHE SI RISOLSE CON GLI AFFARI
La svolta nel processo di modernizzazione degli indigeni sardi, si ebbe con la loro “latinizzazione” che avvenne solo con l’introduzione del latifondo e cioè con l’assegnazione individuale di terre delimitate da cippi di confine ai componenti dei clan più importanti, o gerarchicamente più in vista.
AGRICOLTORI E PASTORI: LE ORIGINI DI UNA DIFFICILE CONVIVENZA
Tale rudimentale (e “grossolana” se paragonata a una visione moderna) politica redistributiva delle terre divenne un assetto di sfruttamento delle risorse terriere che creò divisioni tra le genti, creando le prime classi economiche di appartenenza: pastori e contadini. Le due economie, con quella politica territoriale imposta dall’esterno creò la difficile convivenza tra chi la terra la usava per coltivare e chi la usava per far pascolare il bestiame. In questo modo, la pastorizia si associò a uno stile di vita nomade e l’agricoltore a uno stanziale. E ognuno rivendicava la propria necessità esistenziale, sia sociale che economica. Fu solo con l’arruolamento delle genti nell’esercito imperiale specialmente come mercenari che consentì l’allentamento delle tensioni sociali. È il caso, ad esempio, dei Nurritanenses che, dal II secolo d.C., operarono al servizio di Roma nella Mauretania Cesariense, la regione nord africana che si estendeva dalla zona occidentale dell’attuale Algeria fino all’odierno Marocco e alla parte settentrionale della Mauritania.