- L’arenile: sabbia fine e di colore chiaro
- Il mare: azzurro e verde smeraldo
- Il fondale del mare: basso e sabbioso nel primo tratto, poi profondo e roccioso, quindi di nuovo sabbioso
- Paesaggio circostante: macchia mediterranea. Alle sue spalle, una collina sulla quale si trovano resti di un nuraghe.
- Dove si trova: versante meridionale della Costa Rei
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Origine del nome “Punta Molentis”
L’origine del nome della spiaggia “Punta Molentis” è da ricercare nel vocabolo sardo “molente” che in italiano significa “asino“.
Da queste parti, il noto quadrupede da soma, era infatti impiegato come mezzo di trasporto del granito, la roccia magmatica che un tempo veniva estratta in abbondanza nelle coste di Villasimius.
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CURIOSITÀ
“Mira el dito” – Su questa spiaggia nel 1997 venne girato uno spot pubblicitario per la multinazionale Ferrero, divenuta famosa non solo per lo slogan ” Mira el dito”, ma anche per lo splendido scenario mozzafiato che fece da sfondo: la spiaggia di Punta Molentis.
ORIGINE DEL NOME E CONTESTO AMBIENTALE
L’origine del nome della spiaggia “Punta Molentis” è da ricercare nel vocabolo sardo “molente” che in italiano significa “asino“. Da queste parti, il noto quadrupede da soma, era infatti impiegato come mezzo di trasporto del granito, la roccia magmatica che un tempo veniva estratta in abbondanza nelle coste di Villasimius.
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IL GRANITO DI VILLASIMIUS
Punta Molentis, come Cava Usai, era un sito di estrazione del granito molto noto sin dall’antichità e sfruttato a periodi alterni fino alla prima metà del secolo scorso. L’ultima impresa era stata avviata da due fratelli toscani nel 1850 e successivamente passata di mano ad imprenditori locali (gli Usai). In questo posto già gli Antichi Romani si erano interessati dell’estrazione del granito. La costa di Villasimius offriva una varietà di roccia meno pregiata rispetto a quello di Capo Testa (Santa Teresa di Gallura) ma la logistica di estrazione e carico del materiale erano identici per entrambi i siti. La fortuna infatti volle che il granito si trovasse subito sulla costa e la vicinanza al mare riduceva i costi e i tempi di carico dei manufatti sulle navi. A Punta Molentis e a Cava Usai, sono ancora visibili tra le rocce i tagli netti ad opera dell’uomo che si mischiano alle lavorazioni spontanee della natura. In questi posti, come è noto, le forti raffiche di maestrale, che i Romani chiamavano chorus o circius, spirano a velocità che può raggiungere i 120 km/h. Un vento asciutto che in Sardegna, alle porte dell’inverno, si può trasformare in pericolosa burrasca in grado di agitare le acque, smuovere detriti sabbiosi e sradicare grossi alberi.
L’ARENILE DI PUNTA MOLENTIS E IL PAESAGGIO CIRCOSTANTE
La spiaggia di Punta Molentis è composta da un arenile a grana fine di colore brillante. Alle spalle si erge la collina di oltre 100 metri rivestita di profumatissima macchia mediterranea, in cima alla quale, è possibile visitare l’omonimo nuraghe. Le rocce che si trovano sul retro spiaggia si alzano a varie altezze che possono raggiungere anche i 15 metri. Tra gli interstizi sussiste una robusta vegetazione obbligata a non raggiungere altezze imponenti per resistere alle forti raffiche di maestrale.
IL GINEPRO COCCOLONE
Una delle piante maggiormente presenti a Punta Molentis è il Ginepro Coccolone (Juniperus oxycedrus), una nota sottospecie del Ginepro Rosso, il cui nome è dovuto ai galbuli, i falsi frutti detti “coccole” di cui si cibano molti uccelli, le volpi e le donnole. La presenza di questo albero garantisce una certa resistenza delle dune e funge da frangivento naturale per il bosco retrostante. In grado di resistere bene all’areosol marino produce un legno compatto e molto profumato, di colore giallastro all’esterno e rossastro nella parte centrale. Gli artigiani della zona un tempo sottoponevano questo legno a levigatura e intarsiatura per realizzare statue, imbarcazioni solai e travature. Dalla distillazione del legno di coccolone si ottiene un olio utile sia in medicina per curare alcune affezioni della pelle, sia in veterinaria per combattere la scabbia e le ulcere dei bovini. I galbuli infine sono ricercati per fare marmellate, conserve oppure liquori di tavola.
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