L’Euforbia arborea è una delle piante più rappresentative del paesaggio naturale della Sardegna. Appartenente alla macchia mediterranea, questa specie si distingue per le sue foglie strette, coriacee e lucide, perfettamente adattate ai climi secchi e ventosi. A differenza di altre euforbie, in Sardegna assume la forma di un piccolo albero che può raggiungere i 3 metri di altezza, contribuendo in modo determinante al profilo vegetale di coste e colline. La fioritura avviene tra l’inverno e la primavera, con foglie verdi che a maturità virano al rossastro, creando suggestivi contrasti cromatici. Durante l’estate, invece, la pianta si secca e si trasforma in un arbusto marrone, meno appariscente ma comunque caratteristico del paesaggio mediterraneo.
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Solo la lucertola balearica si nutre del suo nettare
L’Euforbia arborea, in Sardegna, si riproduce principalmente tramite impollinazione anemogama, cioè sfruttando il vento per disperdere il polline. In altre regioni del Mediterraneo, come nelle isole Baleari, questa pianta ha sviluppato una curiosa forma di impollinazione zoogama: una particolare specie di lucertola, la Podarcis lilfordi, si nutre del suo nettare estremamente concentrato, contribuendo così alla fecondazione dei fiori. Questo fenomeno è un raro esempio di interazione tra rettili e piante nella macchia mediterranea.
Bella ma tossica
L’Euforbia arborea è presente in quasi tutta la Sardegna, dalle coste fino agli ambienti collinari interni. Nonostante la sua bellezza ornamentale, è una pianta tossica per l’uomo: il lattice bianco contenuto nelle foglie e nei fusti è fortemente irritante e può provocare ustioni cutanee e gravi lesioni alle mucose interne se ingerito accidentalmente. Per questo motivo, va maneggiata con cautela e tenuta lontana da bambini e animali domestici.
Un’arma da pesca del passato
In passato, le popolazioni sarde conoscevano bene la potenza del lattice di euforbia e lo utilizzavano per la pesca tradizionale. Le foglie venivano pestate e immerse nei corsi d’acqua: la sostanza tossica rilasciata era in grado di stordire i pesci, che così potevano essere facilmente catturati. Questa pratica, oggi vietata per motivi ambientali, testimonia il profondo legame tra uomo e natura nell’isola.
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