Gairo Vecchio è il nome del nucleo storico dell’omonimo paese che fu distrutto dalla più grande alluvione del ‘900, quella dell’ottobre 1951, e fu poi ricostruito poco più in alto a 2 Km di distanza. Da questo primo abitato nacquero: Gairo Nuova (o semplicemente Gairo), Cardedu e Taquisara. I gairesi ebbero con l’acqua piovana, un rapporto storicamente controverso che mise più volte in discussione la loro identità territoriale già a partire dall’800, quando i nubifragi cominciarono a provocare in quell’area frane e smottamenti che, a più riprese, colpirono il vecchio abitato. Fu così che, dopo tante resistenze, il colpo di grazia che costrinse gli abitanti ad abbandonare le loro prime case, gli fu dato con la terribile alluvione del 1951.
L’alluvione del 1951: la più grande del ‘900
Tra il 14 e il 19 ottobre del 1951, quasi tutta la Sardegna, ma in particolar modo il suo versante orientale, fu devastata dalla più grande alluvione del ‘900, quella che flagellò, ininterrottamente, un terzo del territorio regionale per una superficie pari a 8 mila chilometri quadrati. Il diluvio seguì a un lungo periodo di scarse precipitazioni che mise in ginocchio l’agricoltura, con una riduzione dei livelli produttivi sotto il 35%. L’eccezionalità dell’evento, tuttavia, non fu individuato nei picchi d’intensità oraria delle precipitazioni, bensì nella durata delle stesse: per 4 giorni consecutivi, dal cielo caddero dai 400 ai 500 mm di pioggia pro die. Da quegli storici momenti, la meteorologia sarda inquadrò definitivamente il settore calcareo dell’Ogliastra come una delle aree della Sardegna dove si concentrava (e si concentra), il maggiore quantitativo pluviometrico. Tra le 13 stazioni sarde che superano i 1000mm/anno infatti, la metà erano (e sono) di questo territorio: Arzana, Lanusei e Villagrande.
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Lo scirocco fu il presagio
L’area più colpita dall’Alluvione del ’51, fu dunque la porzione orientale della Sardegna, che fu prima battuta da un caldo scirocco il quale addensò su quei cieli, dense nubi che si concentrarono in prossimità delle cime più alte. L’inizio della fine cominciò con le piogge di prima mattina il 14 ottobre, quando l’Ente idrografico della Sardegna registrò i seguenti valori di precipitazione:
- Massonedili: 40 mm
- San Pantaleo: 46 mm
- Sinnai: 60 mm
- Montes: 70 mm
- Galtellì: 85 mm
- Muravera: 89 mm
- Burcei: 102 mm
- Serpeddì: 131 mm
- Tertenia: 160 mm
L’esodo forzato: nel ’63 ci fu l’ultimo abbandono
Gairo, dal greco “ga” e “roa”, ovvero “terra che scorre”, dopo l’Alluvione del 1951 fu pian piano, abbandonata. Il paese divenne un fantasma situato alle pendici meridionali del Monte Trunconi, a margine del Rio Pardu a circa 520 metri sopra il livello del mare. La distruzione costrinse i suoi abitanti ad andare via dalle loro case e abbandonare il villaggio. L’esodo durò più di dieci anni (l’ultimo gairese partì nel 1963) e fu un trauma per tutta la popolazione. Ci fu in primis un problema logistico sull’individuazione delle nuove destinazioni che prevedeva comunque un piccolo trasferimento di massa, non facilmente governabile dai centri limitrofi. Si fecero comunque avanti varie idee, tra cui quella di ricostruire lo stesso paese poco più a monte. Tale soluzione fu adottata assieme ad altre due: Gairo fu smembrata in tre siti, Gairo Taquisara, Gairo Cardedu e Gairo Sant’Elena. Ad acquisire spontaneamente il nome Gairo fu Gairo Sant’Elena, mentre, gli altri due si nominarono semplicemente Cardedu (vicino al mare) e Taquisara (nota per essere stazione del Trenino Verde).
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L’importanza storica
di Gairo Vecchio
Gairo Vecchio ha conservato intatto l’impianto urbanistico del tipico villaggio-paese della Sardegna ottocentesca. Specialmente per ciò che riguarda le tecniche costruttive e urbanistiche dei paesi di montagna, sorti come in questo caso, su ardue pendenze dove difficilmente chi non è un addetto ai lavori avrebbe potuto ipotizzare la realizzazione di un abitato. Eppure, la caparbietà e l’ingegnosità dell’uomo gairese almeno per qualche decennio, ebbe la meglio. Ecco allora un agglomerato di 300 anime costruito a misura d’uomo, in mezzo a un bosco di lecci (oggi il taglio indiscriminato sul pendio ha lasciato in evidenza solo le rocce), con strade carrabili, mulattiere ma soprattutto pedonabili, adatte ad uno stile di vita lento e naturale. Il fondo era primariamente di terra battuta, oppure in selciato. La rete viaria si distribuiva su più livelli, tra le case aggrappate miracolosamente alla montagna e sviluppate per lo più su due ripiani con rispettivi ingressi, quello principale e quello secondario, uno sulla strada a valle e uno su quella a monte.
Granito e scisto erano i materiali di costruzione (usati anche per le sedi stradali), che venivano accollati l’uno sull’altro col fango, oppure in certi casi con malta di calce e sabbia. A Taquisara esisteva un apposito forno per la produzione della calce per la realizzazione della malta.
Una (quasi) uguale casa per tutti
Osservando oggi Gairo Vecchio si può notare come il paese fu costruito spontaneamente senza che emergesse una netta differenza tra i ceti sociali: i gairesi dell’800 erano contadini, pastori, mezzadri, artigiani, ma anche piccoli commercianti e proprietari terrieri. Il nucleo urbano era abbastanza omogeneo senza evidenti differenze tra quartieri agiati, signorili e case povere o mal costruite. Le abitazioni tutte dignitose, avevano quasi sempre porte e finestre realizzate in pietra squadrata o con mattoni pieni, delimitate da archi in ferro battuto piuttosto che da architravi. Il senso d’identità comunitaria era evidente.
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La casa dei Gairesi
La casa tipica di Gairo Vecchio, come detto, si sviluppava in altezza e spesso aveva due ambienti, uno a piano terra, che dava alla strada più a valle tramite l’ingresso principale e, attraverso di esso, si accedeva all’ambiente principale della casa, “sa cogina” (la cucina). Qui si conduceva la maggior parte della vita domestica. Era il luogo dove si cucinava, si mangiava, si accoglievano gli ospiti e in certi casi anche gli animali: maiali, galline, capre e il prezioso asinello, legato alla mola nell’angolo opposto al forno. Al primo piano si trovavano le camere da letto, di cui, quella destinata alla prole era spesso comunicante col tetto della cucina, oppure era destinata a fare da dispensa quando la stessa non era ricavata da un sotterraneo, detto “su sutta“. C’era poi il soffitto,”s’istassu”, solitamente molto basso e adiacente al “s’errili”, utilizzato come bagno e dove si scaricavano le acque del tetto. Il “bagno in casa” non era purtroppo per tutti e molte case erano sprovviste de s’errili: per molti gairesi il bagno diventava così il ruscello che sorgeva a valle. I solai intermedi delle case erano realizzati con travi di legno appoggiate sui muri portanti, mentre il tetto, era ricoperto di tegole, non cementate, ma adagiate e appesantite da grosse pietre affinché non venissero portate via dal vento. Il tetto faceva da via di emissione dei gas e dei fumi prodotti dal focolare, tenuto acceso anche tutto il giorno nei mesi più freddi dell’anno.
Cosa vedere a Gairo e dintorni
Il territorio gairese oggi, conserva quasi intatto il fascino di una volta. La superficie di competenza comunale rimane sempre la stessa, estesa dal Gennargentu al mar Tirreno e offrendo ai visitatori variegate soluzioni di contemplazione:
- per gli amanti del turismo verde: le pendici del Gennargentu e l’entroterra, con Monte Perda Liana che con i suoi 1.293 metri di altezza è il più elevato fra i tacchi dell’Ogliastra. E poi, la Grotta Taquisara. Oppure sulla costa, c’è l’imponente Monte Ferru, che ospita le suggestive “piscinas” (vasche naturali);
- per gli amanti della storia e della cultura: Gairo Vecchia è uno dei paesi fantasma più noti e affascinanti della Sardegna; ma si può anche visitare il Nuraghe Serbissi (di pertinenza territoriale anche della vicina Osini);
- per gli amanti del turismo balneare: c’è Cardedu e la sua costa, con le spiagge di Su Sirboni e Coccorrocci.
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Come raggiungere Gairo Vecchia
Per raggiungere Gairo, partendo da Arbatax, bisogna imboccare la Strada Statale 198 in direzione Seui e proseguire nell’entroterra lungo la serpentina di asfalto che si inoltra tra spettacolari vallate, ricche di rigogliosa vegetazione mediterranea e di media montagna.
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INFORMAZIONI TURISTICHE:
Pro Loco di Gairo
- Via della Libertà , 1 – 08040 Gairo, tel. +39.0782.73429, +39.333.2714812
- E-mail: prolocogairo@tiscali.it
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