Porta d’ingresso dell’Ogliastra sul Mar Tirreno
Arbatax è una pittoresca frazione di Tortolì, situata sulla penisola di Bellavista e affacciata direttamente sul Mar Tirreno. Grazie alla sua posizione strategica, fin dal Medioevo l’area è stata considerata la principale porta d’ingresso marittima dell’Ogliastra.
La vasta piana di Tortolì, che si estende per circa 40 km², era rinomata già in epoca fenicia per la fertilità dei suoi terreni e per la produzione agricola di qualità. Dalle vicine montagne della Barbagia arrivavano legname e prodotti caseari, mentre la pesca – praticata sia nelle acque costiere sia negli stagni di Orrì e di Tortolì – garantiva ulteriori risorse. Tutte queste attività trovavano il loro naturale punto di scambio e distribuzione proprio nell’area dove oggi sorge il porto di Arbatax, ancora oggi fulcro economico e turistico della zona.
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Arbatax – Caratteristiche geografiche
- Posizione: frazione costiera di Tortolì, costa orientale della Sardegna, affaccio sul Mar Tirreno.
- Penisola: sorge sulla penisola di Bellavista, con promontori e scogliere che proteggono il porto naturale.
- Morfologia costiera: cale e insenature (es. Cala Moresca), scogliere e le celebri Rocce Rosse.
- Piana retrostante: piana di Tortolì (≈40 km²), area fertile con corsi d’acqua e coltivi.
- Zone umide: stagni e lagune costiere (Orrì e Tortolì) con elevata biodiversità.
- Rilievi vicini: verso nord il Golfo di Orosei con le falesie Baunei–Dorgali; entroterra montuoso barbaricino.
- Punti di riferimento: faro di Bellavista, porto commerciale e turistico.
- Clima: mediterraneo; estati calde e secche, inverni miti. Venti prevalenti di maestrale e levante.
- Accessibilità: collegata alla SS125 e alla SS389; scalo marittimo passeggeri stagionale.
- Distanze indicative: Tortolì ~5 km, Nuoro ~95 km, Cagliari ~140 km, Olbia ~180 km.
Al riparo dalle “Montagne Pazze” del Golfo di Orosei
La piana di Tortolì, ricca di risorse idriche e alimentari, fu abitata sin dall’epoca prenuragica e nuragica, come testimoniano oltre 200 monumenti archeologici disseminati nel territorio: menhir, domus de janas, nuraghi, pozzi sacri e tombe dei giganti.
Con l’ingresso della Sardegna nelle rotte commerciali dei Popoli del Mare e, successivamente, dei Fenici, venne fondato il primo porto commerciale stabile nell’area dove oggi si trova Arbatax, ai piedi del colle di Bellavista. Questa posizione privilegiata trasformò il borgo nello sbocco naturale verso il mare per i traffici tra la Sardegna centrale e il Mediterraneo.
In epoca romana, Arbatax divenne nota come Sulci Tirrenica e il suo scalo assunse un’importanza strategica crescente, soprattutto nei collegamenti tra Europa e Africa. La località si trovava infatti in una posizione ideale lungo la rotta Tunisi–Marsiglia, subito prima (o dopo, a seconda della direzione) dei temuti Montes Insani – le “montagne pazze” del Golfo di Orosei, come i Romani chiamavano le impervie falesie tra Baunei e Dorgali, tristemente note per i frequenti naufragi.
Tra subalternità e contrabbando: la difficile storia del porto
La storia del porto di Arbatax è segnata da una costante condizione di subalternità rispetto agli altri scali della Sardegna – in particolare Cagliari, ma anche Porto Torres e, in alcuni periodi, Castelsardo. Le politiche commerciali e le strategie di controllo delle merci imposte dai vari dominatori dell’isola – dai Romani agli Aragonesi, fino ai Piemontesi – impedirono a lungo che Arbatax potesse svilupparsi come vero centro commerciale di primo piano.
Un esempio emblematico è quello della potente famiglia Carroz, di origine valenziana, che dal 1325 controllò quasi tutta l’Ogliastra (vedi Castello di Quirra), ma che aveva il suo ramo principale a Cagliari. L’uso del porticciolo di Arbatax per esportare cereali e legname – quest’ultimo proveniente in abbondanza dalle montagne della Barbagia – era consentito solo in via eccezionale. Nella maggior parte dei casi, le merci dovevano essere trasportate via terra fino a Cagliari, evitando accuratamente che altri porti potessero competere.
In epoca sabauda, la situazione non migliorò: il commercio dei cereali sardi era rigidamente centralizzato nei porti “abilitati” di Cagliari e Porto Torres, con l’esclusione totale degli scali baronali come Longosardo (Santa Teresa di Gallura), Terranova (Olbia), Posada e Sulci (Arbatax). Solo in rare occasioni tali restrizioni venivano allentate, permettendo traffici anche da Castelsardo o Alghero.
Queste politiche avevano un obiettivo chiaro: concentrare gli introiti nelle Casse Regie, evitando la dispersione dovuta a numerosi scali minori. Di conseguenza, porti come Arbatax finirono per essere sfruttati soprattutto per attività di contrabbando, diventando punti di scambio illegale di merci sarde verso altre rotte del Mediterraneo.
Il bombardamento di Arbatax
Sebbene il porto di Arbatax fosse rimasto per secoli in secondo piano rispetto agli scali principali della Sardegna e non avesse mai ricoperto un ruolo strategico di primo piano, durante la Seconda Guerra Mondiale divenne improvvisamente un obiettivo militare.
Il 23 aprile 1943, Arbatax fu colpita da un pesante bombardamento aereo. Il bersaglio principale non era tanto il porto in sé, quanto lo storico scalo ferroviario, punto nevralgico per i collegamenti tra la costa orientale sarda e l’entroterra. L’attacco provocò ingenti danni e segnò uno degli episodi bellici più drammatici nella storia recente della località.
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Gli americani distruggono lo scalo di Arbatax
Nel 1890 Arbatax divenne il capolinea della linea ferroviaria Mandas–Arbatax, costruita a scartamento ridotto e utilizzata principalmente per il trasporto del carbone proveniente dalle montagne della Barbagia.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, la presenza dello scalo ferroviario rese Arbatax e l’Ogliastra un obiettivo, seppur secondario, per le forze alleate. Le difese della zona erano minime: due mitragliatrici RG della Guardia di Finanza, due piccoli cannoni posizionati sulla collina a nord di Cala Moresca e una batteria antiaerea e antinave collocata sulla collina di Bellavista. La difesa passiva consisteva invece in un cunicolo sotterraneo – ancora esistente sotto l’attuale viale Lungomare – utilizzato per il deflusso delle acque piovane e come rifugio di emergenza.
Il Comitato Comunale di Protezione Anti Aerea, formato dal podestà, dal parroco e da altre figure locali, aveva predisposto un sistema di allarme che prevedeva il suono delle campane e il fischio delle sirene delle locomotive in caso di minaccia imminente.
Nonostante queste misure, il 23 aprile 1943 Arbatax subì un pesante bombardamento da parte di diciotto Martin B-26 Marauder statunitensi, scortati da caccia pesanti P-38 Lockheed Lightning. Gli aerei, provenienti dalla rotta sopra le montagne di Baunei, colpirono il porto tra le 13:30 e le 14:30 con ondate successive di tre velivoli ciascuna, utilizzando la tecnica “in serie di salve”. Ogni bombardiere sganciò 15 bombe da 45/60, del peso di oltre 400 kg ciascuna.
Il bilancio fu tragico: 14 morti – tra cui tre bambini – e 13 feriti tra civili e militari. Lo scalo ferroviario e l’area portuale riportarono gravi danni, segnando uno degli episodi più drammatici nella storia di Arbatax.
📜 Scheda storica – Bombardamento di Arbatax
- Data: 23 aprile 1943
- Luogo: Porto di Arbatax, Ogliastra (Sardegna)
- Contesto: Seconda Guerra Mondiale – Operazioni aeree alleate in Mediterraneo
- Obiettivo militare: Scalo ferroviario Mandas–Arbatax e area portuale
- Forze attaccanti: 18 bombardieri Martin B-26 Marauder, scortati da caccia pesanti P-38 Lockheed Lightning
- Orario dell’attacco: 13:30 – 14:30
- Tattica utilizzata: “In serie di salve” – ondate successive di tre aerei
- Armamento: Bombe da 45/60, oltre 400 kg ciascuna
- Vittime: 14 morti (tra cui 3 bambini) e 13 feriti
- Danni principali: Distruzione parziale dello scalo ferroviario e gravi danni all’area portuale
💥 Elenco dei danni – Bombardamento di Arbatax
(23 aprile 1943)
Il bombardamento causò ingenti danni infrastrutturali, colpendo in particolare lo scalo ferroviario e l’area portuale:
- Sede dell’Agenzia Marittima
- Ponte scorrevole
- Magazzino del Genio Civile
- Quattro vagoni ferroviari carichi di cemento
- Garitta della Guardia di Finanza
- Lazzaretto
- Casa dello spedizioniere
- Banchina principale del porto
- Affondamento di diverse barche da pesca ormeggiate a Cala dei Genovesi



I ponzesi pescatori di Arbatax
La presenza dei ponzesi nel litorale di Tortolì risale alla fine dell’Ottocento, quando il pescatore Pasquale Aversano scelse queste acque per le sue fruttuose battute di pesca all’aragosta. Nel 1926 nacque Ida Aversano, la prima persona di origine ponzese a venire alla luce ad Arbatax, segnando simbolicamente l’inizio di una comunità stabile.
Come accadde in altre località della costa orientale sarda – da La Maddalena a Santa Lucia fino a Cala Gonone – i ponzesi ad Arbatax misero radici e trasformarono il litorale in un centro di lavorazione del pescato, sfruttando le risorse marine direttamente dalle acque antistanti.
Questa comunità portò avanti un’attività poco praticata dai sardi dell’epoca: la pesca in mare aperto. Così, la storia di Arbatax si arricchì di un nuovo capitolo, affiancando alla secolare vocazione commerciale e alla più recente attività ferroviaria, una tradizione marinara che ancora oggi rappresenta un segno distintivo dell’identità locale.

L’industria pesante e il turismo di massa
Tra gli anni ’70 e ’80 del Novecento, Arbatax visse una fase di profonde trasformazioni economiche e urbanistiche che modificarono radicalmente il territorio. In questo periodo, lo sviluppo industriale si intrecciò con l’ascesa del turismo di massa, mentre il porto veniva rimodulato per accogliere grandi navi passeggeri, ampliando così la sua funzione commerciale e turistica.
Attorno al nucleo originario – che per secoli aveva rappresentato lo sbocco a mare della piana di Tortolì, prima per i traffici agricoli e poi, dai primi del ’900, come villaggio di pescatori ponzesi – sorsero nuove aree e strutture:
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L’area industriale di Tortolì, situata alle spalle del villaggio
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L’area industriale a ridosso del mare, sede dell’ex Saipem, attiva ancora oggi nella produzione di piattaforme petrolifere offshore
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Nuove abitazioni in cemento, sia palazzi multipiano sia quartieri di villette a schiera
Il boom edilizio degli anni ’80, proseguito fino alla metà degli anni 2000, rappresentò la risposta alle esigenze del turismo di massa, trasformando l’antico borgo di pescatori e traffici commerciali in una località orientata quasi interamente all’accoglienza turistica. Questo cambiamento segnò l’ingresso di Arbatax e dell’Ogliastra nel nuovo millennio, con il turismo come principale industria dell’area e della Sardegna in generale.
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Arbatax porto passeggeri
A partire dagli anni ’80, Arbatax trovò un nuovo spazio economico come porto di attracco per grandi navi passeggeri, in particolare per i traghetti della Tirrenia, la compagnia di navigazione pubblica (oggi privatizzata) che dal dopoguerra garantisce i collegamenti marittimi tra la Sardegna e la penisola italiana.
La svolta avvenne nel 1981, quando fu dismesso il porto di La Caletta come scalo per le navi di piccolo tonnellaggio. Da quel momento, la costa orientale sarda poteva contare solo sui porti settentrionali di Olbia e Golfo Aranci.
In Ogliastra, l’aumento dei flussi turistici legati al turismo di massa rese necessario potenziare le infrastrutture di trasporto. L’orografia della costa di Arbatax, favorevole all’ampliamento degli attracchi, consentì l’approdo di traghetti Ro-Ro di media e grande stazza. Lo scalo divenne così un punto di imbarco e sbarco stagionale per rotte verso Civitavecchia, Livorno o come scalo intermedio tra Olbia e Cagliari.
Pur rimanendo di categoria inferiore rispetto ai grandi scali di Cagliari, Olbia e Porto Torres, il porto passeggeri di Arbatax contribuì a integrare il territorio nei principali circuiti turistici e commerciali dell’isola.



