Ricostruire la storia del dolce sardo è un’impresa affascinante ma complessa, in parte perché la storiografia ufficiale dedica scarsa attenzione all’argomento.
Nella cosiddetta “Grande Storia”, la gastronomia è spesso relegata ai margini, mentre l’interesse degli studiosi si concentra su aspetti sociali, politici ed economici.
Inoltre, la cultura culinaria della Sardegna soffre di una mancanza di fonti scritte, soprattutto per quanto riguarda i periodi più antichi.
Ciò rende difficile tracciare con precisione le origini della tradizione dolciaria sarda, che si è tramandata per secoli soprattutto attraverso la memoria orale e la sapienza domestica delle donne sarde.
Eppure, con un po’ di cautela — e accettando il rischio di qualche imprecisione cronologica — è possibile delineare un quadro suggestivo di come e quando i Sardi, popolo nobile e profondamente legato alla propria terra, abbiano imparato ad addolcire i propri pasti e a creare dolci semplici ma straordinariamente gustosi.
Nonostante la medicina moderna e la dietologia tendano a considerare il dolce un “nemico” della salute, la persistenza dei dolci sardi nella cultura alimentare dell’isola è la prova della loro forza identitaria.
Oggi, queste creazioni — nate da ingredienti poveri ma genuini come miele, mandorle, formaggi e grano — trovano spazio anche nelle pasticcerie internazionali, apprezzate per la loro qualità, originalità e autenticità.
La tradizione dolciaria sarda non è solo viva: è in continua evoluzione, pronta a raccontare al mondo intero una storia di gusto, artigianalità e memoria collettiva.

Indice degli argomenti sulla storia del dolce sardo
- 🍰 Dalle civiltà antiche all’arte dolciaria sarda
- 🏺 Un’eredità dolce come la memoria
- 🍯 Il miele al posto dello zucchero: la dolcezza delle origini
- 🕌 Gli Arabi e la rivoluzione dei profumi
- ⛪ Il Medioevo i monaci e la nascita della pasticceria sarda
- 🍋 Nasce la Carapigna: il primo gelato sardo di Aritzo
- 🥐 La pasta sfoglia: nata da una dimenticanza e diventata arte in Sardegna
- 🍫 Il cioccolato arriva in Sardegna: un dono dei Savoia e del Nuovo Mondo
- 🍯 Il torrone sardo: a metà ’800 Tonara diventa la capitale della dolcezza
- 🏭 Rivoluzione industriale: arriva lo zucchero e cambia la dolceria sarda
🍰 Dalle civiltà antiche all’arte dolciaria sarda
Non sappiamo con precisione quando gli antichi sardi abbiano iniziato a migliorare il gusto dei loro cibi, arricchendoli con ingredienti dolci, spezie, frutta secca, uova o grassi naturali.
Quel che è certo è che la ricerca del sapore e del piacere gastronomico accompagna la storia dell’uomo fin dalle sue origini.
Nell’Antico Egitto, per esempio, già esistevano forni per la produzione di pane e dolci sacri, come testimoniano le decorazioni della tomba del Faraone Ramsete III.
Le preparazioni includevano miele, latte, uva e datteri, indizi di una tecnica dolciaria sorprendentemente evoluta (Simona Valtorta).
Nel frattempo, gli Ebrei — noti per la loro raffinata cultura gastronomica — preparavano il charoset, uno dei piatti principali del seder pasquale: una miscela di fichi secchi, nocciole tritate, miele, vino e scorze d’arancia.
I Greci arricchivano le focacce con semi di sesamo, mentre i Romani scoprirono le potenzialità del miele, unendolo a ricotta e frutta secca, e profumandolo con finocchio selvatico o farine di legumi, come nella loro celebre torta di ceci.
I segreti sardi incisi nella pietra
E i Sardi? A loro, secondo la tradizione, toccava il compito di affidare i segreti dei dolci alle tavolette di pietra, su cui venivano incisi i nomi delle preparazioni che nel tempo sarebbero diventate simboli gastronomici di ogni zona dell’isola.
Come ricorda l’antropologo Salvatore Bandinu, questi nomi raccontano emozioni e sentimenti, perché la dolcezza — in Sardegna — è sempre stata un linguaggio dell’anima.
Tra i dolci tramandati nel tempo troviamo:
Amarettos, Papassinos, Aranzadas, Pistokkeddos, Ciambellas, Marigosos, Corikkeddos, Su Gattò de Mendula, Durke de Mendula, Durke de Nizzola, Durke de Nuke, Ruvidos, Casadinas, Guelfos e Su Pistiddu — quest’ultimo, con le sue decorazioni sinuose, è tradizionalmente associato ai riti della seduzione e della festa.

🏺 Un’eredità dolce come la memoria
Dalle incisioni di pietra alle moderne pasticcerie, la tradizione dolciaria sarda ha attraversato i millenni mantenendo intatta la propria identità.
Ogni dolce racconta una storia di comunità, di donne e di feste, un patrimonio che unisce l’isola alle antiche civiltà del Mediterraneo.
🍯 Il miele al posto dello zucchero:
la dolcezza delle origini
🌿 Il miele, dolcificante primordiale dei sardi
In epoca antica, lo zucchero era ancora sconosciuto, e il miele rappresentava la principale sostanza dolcificante.
In Sardegna, come in tutta l’area mediterranea, esisteva una grande varietà di mieli aromatici, ciascuno legato alle fioriture stagionali su cui le api raccoglievano il nettare.
Oltre al miele, si faceva largo uso di frutti naturalmente dolci, come i fichi secchi, considerati vere e proprie prelibatezze energetiche.
I datteri, invece, restarono una rarità, mentre i fichi continuarono a essere consumati in diversi momenti della giornata:
al mattino come fonte naturale di energia,
e alla fine dei pasti come dessert genuino.
Questa abitudine — nata in epoca antichissima — è rimasta intatta fino a oggi, simbolo della continuità tra tradizione e natura nella dieta sarda.

🕌 Gli Arabi e
la rivoluzione dei profumi
Con le invasioni saracene lungo le coste della Sardegna, cominciate in epoca antica e protrattesi fino all’età moderna, arrivarono nuovi ingredienti e spezie che avrebbero cambiato per sempre la storia dei dolci sardi.
Gli Arabi introdussero pinoli, pistacchi e canna da zucchero, che inizialmente rimase un prodotto d’importazione. Solo secoli dopo se ne avviò la coltivazione sistematica anche in Sardegna.
Insieme a questi, giunsero profumi e aromi esotici che arricchirono i dolci dell’isola:
🌸 gelsomino, 🌿 anice, 🌾 sesamo, 🍂 cannella e 💛 zafferano.
Queste influenze trasformarono il gusto e l’aspetto delle preparazioni tradizionali, fondendo le radici sarde con la raffinata arte dolciaria orientale.
⛪ Il Medioevo
i monaci e la nascita della pasticceria sarda
Durante il Medioevo, il miele restò il protagonista assoluto della dolcezza sarda grazie al lavoro dei monaci, veri pionieri della pasticceria secca.
Nei monasteri si producevano dolci a base di miele e farine locali, mentre le comunità monastiche si occupavano anche dell’apicoltura, ricavando cera d’api per le candele e miele per il consumo alimentare.
Non a caso, nel Rinascimento, i fabbricatori di dolci e di candele appartenevano alla stessa corporazione, legati dalla materia prima comune: l’ape.
🍯 Il miele sardo: un tesoro di varietà e profumi
Già nel Medioevo, il miele sardo assumeva una tipicità inconfondibile, dovuta alla straordinaria ricchezza floreale dell’isola.
Le fioriture di corbezzolo, cardo, asfodelo, rosmarino e castagno offrivano nettari diversi per sapore, aroma e colore, regalando alle api un habitat ideale in ogni stagione.
Più tardi, nei primi decenni del XX secolo, con l’introduzione massiccia dell’eucalipto, si sviluppò anche il miele di eucalipto, oggi tra i più diffusi in Sardegna.
🏰 Le prime botteghe dolciarie
Parallelamente, tra il Medioevo e il Rinascimento, la vita sociale e politica dell’isola cominciò a evolversi.
Nei centri urbani come Cagliari, Oristano, Sassari e Tempio Pausania, giungevano influenze europee e italiane che portarono alla nascita delle prime botteghe artigianali di dolci.
I maestri pasticceri iniziarono a lavorare per le corti dei potenti, mentre tra la popolazione nacque l’usanza di preparare dolci per i matrimoni e le festività religiose.
Fu l’inizio della dolceria sarda come arte sociale, non più solo domestica o monastica.

🍋 Nasce la Carapigna:
il primo gelato sardo di Aritzo
❄️ Il gelato sardo che nasce dalla neve
Molto prima che i maestri toscani del Rinascimento conquistassero l’Europa con la loro arte gelatiera, in Sardegna — e precisamente ad Aritzo, nel cuore del Gennargentu — si preparava già il primo gelato artigianale sardo: la Carapigna.
Sebbene la storiografia ufficiale riconosca ai Toscani del Rinascimento il primato nella produzione dei primi gelati moderni (poi esportati in tutta Europa, da Parigi a Napoli, passando per la Sicilia), una parte della ricerca storica più recente riconosce che in Sardegna, durante la dominazione spagnola e aragonese, si produceva già un gelato al limone molto simile ai sorbetti attuali.
🏔️ Aritzo e l’industria della neve
Ad Aritzo (NU), piccolo paese montano conosciuto per la sua autonomia amministrativa e il commercio della neve, l’attività di raccolta e conservazione del ghiaccio era una vera risorsa economica.
La neve del Gennargentu veniva raccolta durante l’inverno in apposite neviere — profonde grotte o cavità naturali — dove veniva compressa, coperta con felci e paglia e conservata fino all’estate.
Tra le neviere più note: Funtana Cungiada, Genna ’e Crobu e Sa Serra.
Durante la stagione calda, la neve, ormai trasformata in ghiaccio, veniva tagliata in blocchi, riposta in cassoni di legno isolati e trasportata in tutta l’isola dagli ambulanti aritzesi.
Questi commercianti portavano il “freddo” nei mercati e nelle feste popolari della Sardegna, offrendo un prodotto prezioso e molto richiesto.
🍧 La Carapigna: il sorbetto delle feste
Dalla sapiente combinazione tra ghiaccio, limone e zucchero, nacque la Carapigna, un gelato artigianale sardo semplice ma straordinariamente rinfrescante.
Servita nelle sagre estive e nelle feste paesane, la Carapigna rappresentava una delle attrazioni più attese.
Celebre è la “Parada de is Carapigneris”, la festa tradizionale di Aritzo dedicata ai produttori e venditori di Carapigna, a cui partecipavano cittadini, artigiani e autorità locali, inclusi il sindaco e il parroco.
Questo sorbetto al limone non era solo un dolce: era una tradizione popolare e identitaria, capace di unire il gusto, il clima montano e la cultura del lavoro.
💰 L’industria della neve: un’economia scomparsa
La cosiddetta “industria della neve” rappresentò per secoli una fonte di reddito fondamentale per Aritzo.
La produzione, la conservazione e la distribuzione erano organizzate da società locali, che gestivano l’intera filiera, dal lavoro nelle neviere fino alla vendita nei mercati.
Il commercio era così importante da essere soggetto a tasse e concessioni statali.
Questo sistema prosperò fino al secondo dopoguerra del Novecento, quando l’arrivo dei frigoriferi e dei congelatori decretò la fine della raccolta tradizionale della neve.
Oggi, restano le neviere visitabili e la memoria viva della Carapigna di Aritzo, gelato simbolo della creatività e della resilienza sarda.

🥐 La pasta sfoglia: nata da una dimenticanza e diventata arte in Sardegna
🍰 Una scoperta fortuita nella storia della pasticceria
L’evoluzione della produzione dolciaria è un continuo intreccio di scoperte e innovazioni, spesso nate dal caso.
Così accadde anche per la pasta sfoglia, una delle basi più amate della pasticceria europea e mediterranea.
La leggenda racconta che nel XVII secolo, un pastaio mantovano si accorse, nel bel mezzo della lavorazione, di aver dimenticato di aggiungere il burro previsto dalla ricetta.
Per rimediare, decise di incorporarlo poco a poco, impastando e ripiegando la massa più volte.
Il risultato, una volta cotto, fu sorprendente: un impasto leggero, friabile e formato da sottili strati sovrapposti.
Era nata, per pura dimenticanza, la pasta sfoglia.
L’arte della sfoglia arriva in Sardegna
Nel corso del XVIII secolo, anche la Sardegna fece propria questa tecnica, adattandola ai gusti e agli ingredienti locali.
I più abili nel lavorare la sfoglia furono i dolciari barbaricini, maestri nel creare preparazioni sottili, eleganti e riccamente profumate.
Da questa maestria nacquero numerose specialità dolciarie, tra cui una delle più famose e amate: le Caschettes di Belvì (in sardo: caschettas).
🍯 Storia del dolce sardo: le Caschettes di Belvì
Le Caschettes sono un dolce tipico del paese di Belvì, nel cuore della Barbagia (NU), e rappresentano una delle più alte espressioni dell’arte dolciaria sarda.
Sono composte da una sottilissima pasta sfoglia lavorata a mano, che racchiude un ripieno profumato di:
miele sardo,
nocciole tostate e tritate,
cannella,
scorza d’arancia grattugiata.
Dopo la cottura, le Caschettes assumono una consistenza friabile e un profumo intenso che fonde dolcezza, agrumi e spezie in un equilibrio perfetto.
Oggi sono prodotto simbolo della Barbagia, presenti nelle feste, nei matrimoni e nelle grandi ricorrenze.
💎 Dalla dimenticanza alla perfezione
La storia della pasta sfoglia e delle Caschettes di Belvì dimostra come, anche da un errore, possa nascere un patrimonio di gusto e cultura.
In Sardegna, questa tecnica si è trasformata in arte dolciaria locale, grazie alla manualità delle donne barbaricine e alla ricchezza delle materie prime isolane.
Un piccolo capolavoro di tradizione, creatività e identità sarda che continua a deliziare generazioni di golosi.
🍫 Il cioccolato arriva in Sardegna:
un dono dei Savoia e del Nuovo Mondo
🌍 Dalle civiltà del cacao al gusto europeo
Con il passare dei secoli, il commercio di materie prime provenienti dal Nuovo Continente trasformò profondamente la cucina europea.
Tra le tante novità arrivate dal mare, spuntò anche una sostanza destinata a cambiare per sempre la storia dei dolci: il cacao.
In America Centrale, gli Aztechi, i Maya e i Toltechi coltivavano da secoli l’albero del cacao, considerandolo sacro.
La semina era accompagnata da riti religiosi: i semi migliori venivano esposti alla luce della luna prima di essere interrati.
Da quei chicchi nacque la bevanda amara e rituale chiamata xocoatl, riservata ai sacerdoti e ai sovrani.
⚙️ Dalla scoperta al cioccolato moderno
Quando il cacao giunse in Europa, inizialmente non ebbe grande successo.
Lo stesso Cristoforo Colombo, che lo ricevette come merce di scambio, non ne intuì il valore.
Solo più tardi, con la Rivoluzione Industriale, il cacao divenne una materia prima di largo consumo, coltivata, lavorata e distribuita in modo sistematico.
Il botanico Linneo lo definì Theobroma cacao, cioè “cibo degli dei”, e il nome divenne presto simbolo di lusso e piacere.
👑 Torino, capitale del cioccolato e patria dei gianduiotti
In Italia, la prima città a distinguersi nella lavorazione del cioccolato fu Torino, allora sotto la Casa Sabauda.
Nel 1678, la Corte autorizzò ufficialmente la vendita della cioccolata calda, mentre nel 1865 il pasticcere Caffarel unì al cacao le nocciole delle Langhe, inventando i leggendari gianduiotti.
Da quel momento nacquero i grandi marchi storici del cioccolato italiano:
Caffarel, Majani, Pernigotti, Venchi, Talmone, Perugina, Novi, Peyrano, Streglio, Unica e Ferrero.
L’innovazione più importante dell’Ottocento fu la solidificazione del cacao, ottenuta mescolandolo con vaniglia, acqua e zucchero.
Così nacque il primo cioccolatino solido, spesso a forma di spicchio, destinato a diventare un’icona mondiale.
☕ Il cioccolato arriva in Sardegna
In Sardegna, il cioccolato fece la sua comparsa durante il regno dei Savoia, in piena Età Moderna.
A introdurlo furono soprattutto i Gesuiti, che lo utilizzavano nei monasteri e ne diffondevano il consumo dopo la messa, sotto forma di cioccolata calda liquida.
All’inizio dell’Ottocento, il consumo di cioccolato in Sardegna rimase un lusso per pochi:
solo le famiglie nobili, alcuni caffè di Cagliari e i monasteri religiosi potevano permetterselo.
Per il popolo, il “cibo degli dei” rimaneva un prodotto misterioso, raro e prezioso.

🍫 Dalla tavola dei nobili al patrimonio culturale
Col tempo, il cioccolato entrò gradualmente nella pasticceria sarda moderna, diventando ingrediente di arricchimento per torte, biscotti e dolci da festa.
Pur non essendo parte della tradizione più antica, oggi rappresenta una fusione perfetta tra innovazione e identità, un ponte tra Sardegna e mondo.
Il suo arrivo sull’isola — favorito dai Savoia e dai Gesuiti — segnò una tappa fondamentale nella storia gastronomica sarda, aprendo la via a una nuova dolcezza: quella che unisce la spiritualità del miele e la raffinatezza del cacao.

🍯 Il torrone sardo: a metà ’800 Tonara
diventa la capitale della dolcezza
🏔️ Tonara, cuore dolce della Barbagia
A metà dell’Ottocento, nel cuore della Barbagia, nasce una delle tradizioni dolciarie più amate della Sardegna: la produzione del torrone.
È il paese di Tonara, noto ancora oggi come la “capitale del torrone sardo”, a diventare il principale centro di produzione e commercio.
I maestri torronai, chiamati in sardo “sos torronargios”, vendevano il prodotto preparato artigianalmente nelle case dalle donne del paese.
Secondo alcune ricostruzioni storiche, la tradizione del torrone sardo potrebbe risalire agli Spagnoli o agli Arabi, e forse persino agli Antichi Romani, che a loro volta l’avrebbero appresa dai Sanniti.
🔥 La lavorazione artigianale: tra rame, miele e legno d’erica
La preparazione del torrone di Tonara seguiva un procedimento lungo e paziente, tramandato di generazione in generazione.
Il miele veniva versato in un grande secchio di rame, chiamato in sardo “su gheddargiu”, e fatto sciogliere lentamente per ore fino a ottenere una massa densa e profumata, chiamata “sa moriga”.
Per mescolare, si utilizzavano cucchiai di legno di erica o corbezzolo, mentre il fuoco ardeva alimentato da legna di agrifoglio, scelta perché non produceva fumo durante la combustione.
Una volta spenta la fiamma, venivano aggiunti gli albumi montati a neve, poi il succo di limone e infine la frutta secca.
- Guarda anche: i Dolci tipici sardi, su Arborea.it
🌰 Le varianti tradizionali del torrone sardo
Ogni famiglia e ogni torronaio custodiva la propria ricetta, ma tre erano le principali varianti tradizionali, ancora oggi famosissime:
Turrone de mendula – torrone di mandorle, fragrante e dorato;
Turrone de linzola – torrone di nocciole, più corposo e aromatico;
Turrone de coccoro – torrone di noci, dal gusto intenso e rustico.
Il segreto del sapore unico del torrone sardo sta nella totale assenza di zuccheri raffinati: l’unico dolcificante è il miele locale, spesso di corbezzolo o castagno, che conferisce al prodotto un gusto naturale e deciso.
🎉 Dalle sagre alle piazze: “sos torrongianos”
Durante le feste paesane e le sagre tradizionali, era — e resta ancora oggi — possibile acquistare il torrone sfuso, venduto dai caratteristici “sos torrongianos”.
Con una grande mannaia di ferro, tagliano i blocchi in porzioni e li servono avvolti in carta o foglie, proprio come si faceva due secoli fa.
La Sagra del Torrone di Tonara, che si tiene ogni anno a Pasquetta, è oggi una delle manifestazioni più amate della Sardegna, richiamando migliaia di visitatori e celebrando un dolce che unisce memoria, artigianato e gusto autentico.

🏭 Rivoluzione industriale: arriva lo zucchero e cambia la dolceria sarda
🍫 Il boom industriale del cioccolato e delle pasticcerie
Con l’avvento della Rivoluzione Industriale, la produzione alimentare europea cambiò radicalmente.
Anche in Sardegna, il settore dolciario si trasformò, sebbene con qualche decennio di ritardo.
La vera svolta arrivò solo nella seconda metà degli anni ’70 del Novecento, quando iniziarono sull’isola le prime lavorazioni industriali del cioccolato, in particolare la produzione delle uova di Pasqua artigianali.
Nelle principali città sarde — da Cagliari a Sassari, da Nuoro a Oristano — nacquero pasticcerie di alto livello, alcune delle quali riuscirono perfino a esportare i propri prodotti nel resto d’Italia.
🍯 Lo zucchero sostituisce il miele
Parallelamente, nelle ricette tradizionali dei dolci sardi si diffuse l’uso massiccio dello zucchero, che sostituì quasi del tutto il miele come dolcificante principale.
Questa transizione non fu solo un fatto di gusto, ma anche una conseguenza dell’industrializzazione: lo zucchero, più economico e facile da conservare, permetteva una produzione rapida e standardizzata.
Perfino dolci antichissimi come il torrone vennero adattati alle nuove tecniche, pur continuando a sopravvivere linee artigianali di altissima qualità, destinate a nicchie di mercato più esigenti.
Nascono le aziende dolciarie sarde
Negli anni ’80, la crescente domanda di dolci pronti e confezionati favorì la nascita delle prime aziende dolciarie sarde.
L’obiettivo era chiaro: ridurre i tempi di lavorazione e aumentare la produzione per soddisfare un pubblico sempre più ampio.
Le ricette tradizionali furono progressivamente adattate alle nuove logiche di mercato:
comparvero farine bianche raffinate,
marmellate industriali,
e correttori chimici capaci di “raddrizzare” il sapore, rendendolo più uniforme e adatto ai gusti del grande pubblico.
💍 Il confetto: eleganza e simbolo di festa
È in questo periodo che nella dolceria sarda fece la sua comparsa anche il confetto, ottenuto ricoprendo mandorle o nocciole con zucchero e creme al liquore.
In Sardegna, il confetto non divenne un alimento comune, ma un simbolo di eleganza e celebrazione, legato soprattutto al matrimonio e agli eventi solenni.
Per i pasticceri sardi, il confetto fu una nuova occasione di creatività: si inventarono colori, forme e gusti sempre diversi, che permisero al prodotto di raggiungere nuove fasce di mercato, senza abbandonare l’impronta artigianale e artistica.
🍬 Dalla tradizione all’industria
La Rivoluzione Industriale segnò dunque una svolta epocale per la pasticceria sarda:
il miele cedette il posto allo zucchero, le botteghe si trasformarono in laboratori e poi in aziende, e la dolcezza divenne anche business.
Eppure, accanto alle produzioni industriali, resistono ancora oggi le botteghe storiche e le pasticcerie tradizionali, dove il miele, le mandorle e il profumo del mirto continuano a raccontare l’anima autentica della Sardegna più dolce.







































