Nel febbraio del 1917 uno sciopero di operai e un’insurrezione di soldati fecero crollare il plurisecolare impero degli zar.
COSA SONO GLI ZAR
Dal 1547 al 1917 i sovrani della Russia presero il nome di “Zar”, dal latino “”Caesar”, cioè “imperatore”. Il termine venne dapprima utilizzato per indicare il massimo capo di una nazione in Bulgaria (Primo Impero Bulgaro).
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1861, LA RUSSIA INIZIA A MODERNIZZARSI
Il processo di modernizzazione della Russia, impero plurinazionale e transcontinentale, era stato avviato nel 1861 con l’abolizione della servitù della gleba e l’affrancamento di milioni di contadini (circa l’85% della popolazione), che appartenevano ai più diversi gruppi etnici: oltre ai russi (circa la metà del totale nel 1867), ucraini, bielorussi, polacchi, finlandesi, ebrei, baltici, tedeschi, turchi, armeni, georgiani, azeri, caucasici, siberiani.
1861
viene abolita la servitù della gleba
L’affrancamento dei contadini dalla servitù personale favorì un parziale svecchiamento del sistema produttivo agricolo, testimoniato da un significativo incremento delle esportazioni di cereali. Tuttavia, agli inizi del Novecento, il problema della terra continuava ad alimentare gravi tensioni.
Profonde disuguaglianze sociali percorrevano ancora, infatti, la società russa: i contadini vivevano spesso in condizioni miserabili, mentre i grandi proprietari terrieri mantenevano gran parte dei loro privilegi. Essi possedevano, assieme ai kulaki, i contadini agiati, circa il 40% dei terreni, mentre il resto era diviso in piccoli appezzamenti tra milioni di contadini che vivevano in piccoli villaggi rurali e non avevano i mezzi sufficienti ad acquistare merci che non fossero di prima necessità.
Kulaki
i contadini agiati della Russia zarista
1861, LE PRIME INDUSTRIE RUSSE COI SOLDI FRANCESI
Alle grandi messe dei lavoratori delle campagne si affiancava una classe operaia ancora poco numerosa, nonostante la considerevole accelerazione del processo di industrializzazione verificatosi dal 1890, soprattutto nelle zone di Mosca, Pietroburgo, Odessa e nel bacino del Donez. Qui, grazie a capitali stranieri, specie francesi, oppure sostenute dallo stato, erano sorte le prime, poche, industrie della Russia.
Dove si trovano
le industrie russe:
Mosca, Pietroburgo, Odessa, bacino del Donez
Ma anche nel caso degli operai, così come dei contadini, le condizioni di sfruttamento e i salari bassissimi, erano alla base di un malcontento e di una rabbia che di lì a poco sarebbero sfociati in qualcosa di più di una semplice protesta.
I PARTITI DI OPPOSIZIONE E GLI OBIETTIVI DELLA LOTTA POLITICA
La Russia dei primi del Novecento era un paese autocratico. Il potere dello zar si riteneva legittimato direttamente da Dio: non esisteva un parlamento e l’attività politica era sottoposta a uno stretto controllo poliziesco.
ZARISMO
Potere assoluto
Autocrazia
Assolutismo
Il sovrano ricava da sé stesso,
su presunto mandato da Dio,
l’autorità di comandare
il popolo e il paese.
Nonostante il controllo dispotico zarista, ai primi del ‘900 cominciarono anche in Russia ad organizzarsi i primi partiti di opposizione politica all’assolutismo zarista.
I partiti di opposizione erano tre:
- il partito socialdemocratico (1898) – che spingeva per la formazione di una classe operaia, la unica in grado di contrapporsi alla borghesia industriale e sconfiggerla in un’autentica “lotta di classe”. Il partito socialdemocratico era in linea con i principi della Seconda internazionale e riteneva che un ulteriore sviluppo del capitalismo industriale avrebbe creato le condizioni per un processo rivoluzionario;
- il partito socialrivoluzionario (1901) – che perseguiva il programma di redistribuzione della terra e auspicava una società fondata sulla valorizzazione del mondo contadino;
- il partito costituzionale-democratico (1905) – detto “partito dei cadetti”, che rappresentava le forze di ispirazione borghese-liberale e mirava alla formazione di un parlamento elettivo sul modello occidentale.
LA NECESSITA’ DELLA CLASSE OPERAIA PER FARE LA RIVOLUZIONE
Secondo il partito socialdemocratico era insomma necessario che si formasse una classe operaia forte e combattiva, affinché il conflitto sociale si semplificasse, radicalizzandosi a quello fra borghesia industriale e proletariato di fabbrica, dato che non si contava sull’appoggio dei contadini, le cui aspirazioni alla proprietà della terra erano considerate di natura conservatrice.
IL PARTITO SOCIALDEMOCRATICO SI DIVIDE: NASCONO BOLSCEVICHI E MENSCEVICHI
Nel 1903, in occasione del secondo congresso del partito a Londra, emerge un profondo dissidio tra la fazione più moderata, i menscevichi, guidati da Martov e Plechanov, e quella rivoluzionaria, i bolscevichi, capeggiati da Lenin. Il dissidio tra menscevichi e bolscevichi arriverà a una scissione definitiva nel 1912.
Menscevico = dal russo men´ševik, cioè frazione «minoritaria» del Partito operaio socialdemocratico nata nel secondo congresso
tenutosi a Londra nel 1903 e separatasi
dalla fazione maggioritaria bolscevica nel 1912.
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Bolscevìco = dal russo bol′ševik cioè frazione «maggioritaria» del Partito socialdemocratico russo nata nel secondo congresso
tenutosi a Londra nel 1903 e separatasi
dalla fazione maggioritaria bolscevica nel 1912.
MENSCEVICO = MODERATO
BOLSCEVICO = RIVOLUZIONARIO
Il dissidio verteva innanzitutto sulla concezione del partito, che secondo i bolscevichi doveva essere costituito da un ristretto e combattivo manipolo di quadri rivoluzionari fortemente centralizzato, mentre per i menscevichi doveva configurarsi piuttosto come organizzazione di massa, aperta a tutti i simpatizzanti. Divergevano inoltre le valutazioni sulle concrete possibilità di riuscita della rivoluzione in Russia: secondo Lenin stavano rapidamente maturando, mentre i suoi avversari, che ritenevano tali condizioni assai remote, dato lo scarso peso del proletariato di fabbrica, preferivano puntare sulla realizzazione di una rivoluzione antizarista di impronta democratico-borghese. Lenin, pessimista riguardo alla capacità della borghesia, da lui considerata debole e timorosa, di dirigere il processo rivoluzionario, riteneva che toccasse al proletariato il compito di guidare una rivoluzione democratico-borghese, ma solo come preludio alla realizzazione della rivoluzione socialista.
LA RIVOLUZIONE DEL 1905
Una prima grande esplosione rivoluzionaria fu prodotta dall’impatto della guerra russo-giapponese, che inaspettatamente vide la potente marina militare zarista tenuta in scacco dalle forze armate di una nazione da poco entrata sulla scena internazionale. In tutto il paese dilagarono manifestazioni contro il governo che mise a nudo la crisi del regime zarista. La polizia represse nel sangue le manifestazioni.
Nel gennaio 1905, a San Pietroburgo, un imponente sciopero operaio fu seguito da una grande pacifica manifestazione popolare in cui si chiedeva un miglioramento delle condizioni dei lavoratori e la convocazione di un’assemblea costituente.
La reazione delle truppe zariste fu brutale: i soldati spararono sulla folla inerme provocando un alto numero di vittime. Questo episodio, noto come la “domenica di sangue”, aggravò agli occhi dell’opinione pubblica la delegittimazione del potere zarista e fece dissolvere, almeno temporaneamente i contrasti tra le forze dell’opposizione: cadetti, socialrivoluzionari, e socialdemocratici si unirono nel chiedere a gran voce la democratizzazione dello stato.
La guerra russo-giapponese (1904-05)
mette in luce l’incapacità governativa dello zar
e accelera, assieme al brutalismo delle repressioni del dissenso popolare, il processo di delegittimazione che porterà alla sua caduta.
LA NASCITA DEI SOVIET
Intanto a San Pietroburgo prendeva forma un nuovo organismo politico-rappresentativo, il soviet dei lavoratori, che rappresentava operai vogliosi di riscatto sociale sui padroni delle fabbriche e i contadini che volevano prendersi le terre dei nobili.
SOVIET = CONSIGLIO
Nell’ottobre 1905, sotto la pressione di nuovi scioperi, lo zar fu costretto a concedere l’istituzione di un parlamento, la Duma, dotato di poteri legislativi ed eletto da tutte le classi sociali. A questo punto i liberali, ritenendo di aver conseguito il loro principale obiettivo, abbandonano le altre forze di opposizione, le quali invece continuavano a chiedere riforme più sostanziose.
SOVIET = OPERAI + CONTADINI NULLATENENTI
Lo zar rispose con ancora più durezza, prima sciogliendo la Duma e poi facendola rieleggere ma con un suffragio più ristretto, in modo che, mantenendo una parvenza di regime rappresentativo, venissero comunque garantiti gli interessi dei grandi proprietari.
** il monito dei bolscevichi si è avverato
Nella rivoluzione del 1905 trovò conferma il giudizio dei bolscevichi sulla debolezza della borghesia russa e sul fatto che nel paese non esistevano le condizioni per la salda affermazione di un regime democratico- borghese. Come la borghesia francese nel 1848, così quella russa del 1905, di fronte al rischio che lo scontro con l’assolutismo zarista potesse trasformarsi in una rivoluzione sociale proletaria che potesse danneggiare anche i suoi interessi, preferì rinunciare ad assumersi direttamente la responsabilità di governo e venne a patti con le vecchie class aristocratiche.
Il soviet dei lavoratori rimase comunque uno degli elementi più significativi della rivoluzione del 1905. Anche se ebbe vita brevissima perché la polizia arrestò i suoi massimi esponenti, tra cui il capo dei soviet di Pietrogrado, Lev Trockij. Ma questa esperienza bastò per i bolscevichi a dimostrare che la classe operaia poteva diventare la nuova avanguardia rivoluzionaria socialista, alleandosi però non con i liberali di estrazione borghese, ma con l’immensa massa di contadini poveri, che i menscevichi invece continuavano a considerare una forza conservatrice.
IL SUCCESSO DEI SOVIET
CONVINCE I BOLSCEVICHI CHE L’ALLEANZA OPERAI
E CONTADINI NULLATENENTI PUO’ METTERE
IN MOTO LA
RIVOLUZIONE SOCIALISTA
I DEBOLI TENTATIVI DELLO ZAR
Il nuovo governo era consapevole dunque che la repressione non era più sufficiente a ristabilire la calma sociale se non si risolveva la questione della terra.
Fino ad allora infatti le terre appartenevano ai grandi proprietari terrieri, oppure ai Mir, le comunità di villaggio che erano un’originalità delle campagne russe. Le terre del mir, infatti, erano coltivate dai contadini membri della comunità, i quali venivano retribuiti dalla stessa comunità di villaggio.
Mir = Il Mir era l’organo decisionale che gerarchicamente si trovava immediatamente sotto al soviet e interfacciava direttamente col territorio. Il Mir infatti amministrava la obščina, la comunità agriaria che si autogesiva l’economia dei propri terreni, posseduti in forma comunitaria e non individuale. La terra veniva data a rotazione a nuclei familiari e i frutti del raccolto venivano equamente distribuiti tra tutti i membri della comunità. Con la riforma agraria del 1906 il Mir venne abolto e fu definitivamente cancellato nel 1918.
Le riforme avanzate però ancora una volta si dimostrarono inique, perché impedirono ai contadini di avere i mezzi per far fruttare la loro terra, i quali furono costretti a cederla di nuovo, non più però alle comunità di villaggio, ma a contadini più ricchi o ai grandi proprietari.
I veri beneficiari della riforma tuttavia non furono tanto l’alta aristocrazia terriera, quanto i contadini agiati, i kulaki (circa 30 mila), l’agiata borghesia emergente che riuscirono a possedere circa 80 milioni di ettari, un’estensione quasi equivalente a quella della grande proprietà aristocratica.
Da contadini a poveri di città
Kulaki = I kulaki erano i contadini benestanti, proprietari terrieri e facenti parti della classe borghese terriera, quella intermedia tra l’alta aristocrazia terriera e i contadini nullatenenti. Anche i kulaki come l’alta aristocrazia per lavorare le loro terre impiegava la mano d’opera fornita dai contadini nullatenenti. Questi ultimi, alleandosi con gli operai costituirono il soviet, la prima organizzazione politica compatta che si oppose al dominio delle classi agiate. I soviet presero di mira sopratutto i kulaki radicalizzando così la lotta di classe.
I contadini, privati delle terre comuni, senza lavoro e senza mezzi per sopravvivere, si trasformarono in braccianti o si riversarono nelle grandi città in cerca di lavoro.
Le poche industrie, però, non erano in grado di occuparli: crebbe così vistosamente la disoccupazione e i conflitti sociali si acuirono ulteriormente. Lo scoppio della guerra agì come la benzina sul fuoco e le contraddizioni della società russa giunsero al limite della deflagrazione: l’obiettivo dell’alleanza fra operai e contadini, individuato dai bolscevichi come il motore della rivoluzione, si avvicinò rapidamente, ponendo ai dirigenti del movimento operaio compiti di direzione politica fino ad allora impensabili.
La guerra mette in luce
l’incapacità politica zarista
LA CADUTA DEGLI ZAR
Il regime zarista non era in grado di far fronte ai nuovi compiti imposti dalla Grande guerra. Anche in Russia la mobilitazione “totale” richiedeva un certo grado di consenso delle popolazioni civili, ma alla guerra contro la Germania erano ostili non solo le nazionalità minori, soprattutto ucraine e polacche, che dovevano sopportare l’urto delle operazioni militari sui loro terreni; ma lo erano anche tutte le formazioni socialiste (come in Italia); ed erano poco convinti i soldati, che in massima parte erano reclutati tra i contadini.
minoranze di polacchi, ucraini,
contadini e soldati
non vogliono fare la guerra
I tre anni di guerra comunque costarono alla Russia gravissime perdite: il governo degli zar si trovò impreparato; i generali militari incapaci e fallimentari nelle operazioni belliche; gli alti gradi della burocrazia paralizzati dalla corruzione; la Duma che non si allineò alla corte e nel 1916 venne sciolta. Rimaneva il malcontento della gran parte della popolazione, costretta a vivere in una condizione di miseria e tutto ciò portò ad una avversione popolare nei confronti dello zar e del governo.
L’ABDICAZIONE DELLO ZAR
L’8 marzo del 1917 una rivolta di soldati e operai scoppiata a Pietrogrado fu appoggiata dalle truppe della capitale che si rifiutò di sparare sugli insorti (come invece era successo più volte nelle proteste precedenti, quasi tutte represse nel sangue), ebbe conseguenze del tutto inaspettate se si considera il carattere tutto sommato limitato della protesta popolare: l’abdicazione dello zar Nicola.
La rivolta si trasformò in vera e propria rivoluzione politica, detta anche “rivoluzione di febbraio”, secondo la datazione del calendario ortodosso con la creazione di due distinti e indipendenti organismi di potere:
- il governo provvisorio, guidato dai liberali moderati;
- il soviet di Pietrogrado, guidato dalle diverse correnti socialiste socialrivoluzionarie, tra cui menscevichi e bolscevichi
Rivolta di Pietrogrado →Rivoluzione di febbraio
1917
IL NEOGOVERNO POSTZARISTA SUBITO ALLA PROVA INTERNAZIONALE
Risolta la pratica zarista in un’imprevedibile vicenda che liquida in una “semplice” rivolta locale e di classe trecentosettant’anni di storia di zarista, il governo provvisorio intendeva innanzitutto presentarsi agli alleati dell’Intesa, come il legittimo detentore del potere dopo appunto l’improvvisa caduta dello zar. Nei suoi piani vi erano dunque anche la prosecuzione della guerra e la formazione di un’Assemblea costituente con elezione a suffragio universale.
Di parere opposto era il soviet, che invece premeva per la pace immediata e la distribuzione delle terre.
- Le prime instabilità interne del governo arrivano subito
Intanto, mentre la rete dei soviet si cominciava a estendere in tutta la Russia, il governo già si trovava in difficoltà per contrasti interni.
IN ASSENZA DEI BOLSCEVICHI IL POTERE LO GESTISCONO I MENSCEVICHI
Anche all’interno dei soviet tuttavia non mancavano i contrasti. Mentre Lenin e molti alti dirigenti bolscevichi al momento dello scoppio della guerra ancora si trovavano all’estero (Lenin aveva riparato in Svizzera) per fuggire alle persecuzioni zariste; l’altra corrente dei soviet, i menscevichi, già poteva operare politicamente in Russia e assunsero il ruolo di “opposizione legale” al governo borghese.
I menscevichi restavano fedeli all’idea che la rivoluzione democratico-borghese era il massimo traguardo raggiungibile nella Russia prostrata dalla guerra e priva di un cospicuo proletariato di fabbrica. I bolscevichi, invece, erano convinti che solo un rivolgimento radicale avrebbe consentito di costruire uno stato autenticamente democratico.
LENIN ARRIVA IN RUSSIA E I BOLSCEVICHI PRENDONO IL POTERE
Il 3 aprile 1917 Lenin però riuscì ad arrivare a Pietrogrado, dove, alla stazione, fu accolto dai dirigenti del partito a cui subito dettero incarico di prendere la posizione: Lenin da subito pose l’accento sulle rovine del capitalismo europeo; inneggiò alla “rivoluzione socialista mondiale” e di rompere con il governo liberale. Nel partito però era già stata approvata la mozione Stalin che prevedeva l’appoggio al governo provvisorio “fintanto che questo tutelava gli interessi dei contadini e degli operai rivoluzionari.
Secondo Lenin invece la Russia doveva passare al secondo stadio della rivoluzione: la prima era stata il passaggio del potere alla borghesia, fintanto che contadini e operai non avessero preso consapevolezza, ma adesso doveva entrare in campo la seconda fase della rivoluzione, quella in cui il potere doveva passare nelle mani dei contadini e degli operai.
Lenin quindi bocciava l’ipotesi della repubblica parlamentare e voleva la repubblica dei soviet. “Tutti i poteri ai soviet” questa era la frase con cui si mosse il motto di rivoluzione avrebbe messo contadini e operai alla guida dello stato russo.
LA RIVOLUZIONE D’OTTOBRE
Le possibilità di realizzare il programma di Lenin aumentarono nel mese di luglio1917, quando il governo provvisorio, scatenò un’offensiva militare in Galizia (Ucraina) nella cosiddetta “Offensiva Kerenskij“che si risolse in un disastro. L’esercito ormai minato dalla propaganda bolscevica insediatasi all’interno dei reparti e smarrito dalla fine improvvisa della guida zarista, si sfaldò, mentre i contadini, convinti che il governo non avrebbe mai risolto la questione della terra, intensificarono gli attacchi alle proprietà signorili.
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Galizia ucraino-polacca ≠ Galizia iberica
** La Galizia ucraino-polacca non è da confondersi con la Galizia iberica. La prima si trova in Europa centrale nella linea di demarcazione tra il confine ucraino e quello polacco, a pochi chilometri a ovest dalla grande città ucraina Leopoli. La Galizia iberica è l’esterma propagine nord-occidentale della penisola spagnola che si affaccia per gran parte sull’Oceano Atlantico.
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Il governo era ormai privo di credibilità e gli stessi menscevichi, che lo avevano appoggiato, si screditarono agli occhi dei lavoratori e dei soldati. Nello stesso mese un’inserruzione di soldati e marinai, repressa dalle forze governative, costrinse nuovamente i bolscevichi alla clandestinità e lo stesso Lenin fu costretto a riparare in Finlandia.
L’AMMUTINAMENTO DELLE TRUPPE AL FRONTE: IL BOLSCEVISMO DILAGA
In questo vuoto di potere gli alti comandi militari tentarono di instaurare una dittatura militare e di liquidare i soviet, ma il tentativo andò in fumo per la presenza di soldati bolscevichi all’interno dell’esercito stesso. Nel frattempo sul fronte bellico numerosi reparti si rifiutarono di partire per il fronte.
SETTEMBRE 1917, I BOLSCEVICHI VINCONO LE ELEZIONI
Nelle elezioni di settembre per la Duma di Mosca, i bolscevichi, che a giugno erano in minoranza, conquistarono la maggioranza relativa. Lenin aveva sintetizzato la strategia del partito in poche parole d’ordine che avevano risposto alle aspirazioni della popolazione in rivolta:
- il passaggio del potere ai soviet,
- la pace immediata senza annessioni e senza indennità,
- la terra ai contadini,
- la liberazione delle nazionalità oppresse.
LA SCENA RIVOLUZIONARIA E LA PRESA DEL PALAZZO D’INVERNO
Su questo programma il 10 ottobre si riunì il comitato centrale bolscevico, alla presenza dello stesso Lenin che era stato fatto rientrare dalla Finlandia in gran segreto. Fu eletto per la prima volta l’ “ufficio politico” a cui delegare le massime scelte politiche e operative. Ne facevano parte Lenin, Stalin, Trockij (il presidente del soviet di Pietrogrado), Kamenev, Bubnov e Zinov’ev.
I SOVIET SONO L’UNICO PUNTO DI RIFERIMENTO POLITICO
Ormai i soviet, nel vuoto di potere causato dall’impotenza del governo provvisorio, erano diventati l’unico punto di riferimento politico, la sola forza viva, nella quale la popolazione potesse riconoscersi.
A quel punto i bolscevichi decisero l’insurrezione e nominarono un comitato militare rivoluzionario. Nella notte del 7 ottobre (25 ottobre secondo il calendario ortodosso) i rivoluzionari si impadronirono dei punti strategici della città, anche grazie all’appoggio dei soldati e degli operai. Sciolto il governo provvisorio che aveva sede nel Palazzo d’Inverno, arrestati i suoi membri e costretto alla fuga il comando militare che aveva tentato di instaurare la sua dittatura militare, il nuovo governo rivoluzionario, presieduto da Lenin, nominò tra gli altri Trockij commissario agli ester e Stalin alle nazionalità.
Nel novembre del 1917 furono promulgate le prime disposizioni:
- sopprimere le grandi proprietà nazionalizzando la terra e spartendola poi tra i contadini mediante i soviet di villaggio;
- istituzione del controllo sulle fabbriche da parte degli operai e degli impiegati;
- riconoscere l’uguaglianza di tutti i popoli della Russia e il loro diritto all’autodecisione;
- giungere al più presto a una pace senza annessioni e senza indennità.
I BOLSCEVICHI PERDONO L’ELEZIONE PER L’ASSEMBLEA MA BOICOTTANO L’ESITO E TENGONO IL PARERE CON LA FORZA: E’ L’INIZIO DELLA DITTATURA BOLSCEVICA
Alla fine di novembre si votò per l’Assemblea costituente, ma stavolta i Bolscevichi si trovarono in netta minoranza:
pochissimi furono i consensi a liberali e menscevichi, mentre solo nove milioni appoggiarono i bolscevichi. La maggioranza dei votanti, circa 21 milioni di persone votarono a favore dei socialrivoluzionari, identificati come il partito che rappresentava gli interessi dei contadini. Alla prima riunione dell’Assemblea, nel gennaio 1918, la maggioranza rifiutò di riconoscere il governo in carica. L’Assemblea fu sciolta e non fu più riconvocata. La fonte della sovranità venne riconosciuta soltanto ai soviet in quanto organi di autogoverno popolare e strumento della democrazia di classe, in contrasto con la democrazia rappresentativa di origine liberale. In realtà, le redii del potere erano concentrate nel partito bolscevico, che dal marzo del 1918 prese il nome di Partito comunista.
IL DECLINO DELL’EUROPA E LE ORIGINI DEL BIPOLARISMO EST-OVEST
LE RESISTENZE EUROPEE ALLA MONDIALIZZAZIONE E LA NASCITA DEL POLO SOVIETICO
L’azione combinata della guerra mondiale e della rivoluzione sovietica ebbe come risultato il venir meno della centralità europea nello scenario mondiale.
Nuove potenze andavano assumendo un ruolo sempre più influente e nel contempo sempre più svincolato dalle decisioni prese nelle stanze dei bottoni del vecchio continente: gli Stati Uniti, la Russia sovietica e l’Estremo oriente (Giappone).
Ciò non significa che nell’immediato dopoguerra si ridisegnasse un nuovo ordine mondiale fondato su nuove e definite gerarchie internazionali. Le potenze europee uscite vincitrici dalla Prima Grande Guerra, infatti, tentarono di ripristinare la subordinazione delle nazioni europee agli Stati Uniti e all’Unione Sovietica.
La divisione del mondo in due grandi blocchi contrapposti fu infatti, com’è noto, il lascito più macroscopico della Seconda Guerra Mondiale e costituì, almeno fino alla fine degli anni ottanta, uno dei caratteri distintivi del XX secolo.
Ma tale divisione fu originata dalla Prima Guerra Mondiale.
PRIMA GUERRA MONDIALE: CROLLANO GLI IMPERI DI ORIGINE FEUDALE
Nel generale crollo, prodotto dalla guerra, dei grandi imperi di ascendenza feudale che erano sopravvissuti alla rivoluzione borghese ottocentesca, in Russia si determinarono le condizioni per una soluzione politica del tutto imprevedibile e nuova: la costituzione del primo stato socialista. Lo scontro ideologico che, in tutti i paesi industrializzati, si era acceso fra la borghesia capitalista da un lato e i partiti socialisti e i movimenti sindacali dall’altro, con la rivoluzione d’ottobre, diventava scontro tra gli stati.
LA NASCITA DELL’URSS SORPRENDE
IL LIBERAL-CAPITALISMO MONDIALE
E CON IL NUOVO STATO
DEVE ENTRARE IN CONFRONTO
“L’assalto al cielo” del proletariato industriale – così come Karl Marx definì la lotta per il potere delle classi subalterne – si era concretamente realizzato e consolidato in un modello alternativo di stato che si proponeva esplicitamente di competere con le liberaldemocrazie basate sull’economia di mercato.
La rivoluzione bolscevica introdusse dunque una nuova variabile nell’ordine internazionale, i cui effetti, per le dimensioni della Russia e per i caratteri universali del messaggio comunista, poterono dispiegarsi su scala planetaria.
Tre dei grandi padri del bolscevismo russo: Lenin, Trotzkij e Stalin