L’Argentiera è una frazione di Sassari e rappresenta una delle località più affascinanti e suggestive della Sardegna, grazie alla combinazione unica tra natura selvaggia, paesaggio minerario e storia. Il nome “Argentiera” deriva dal tipico colore argenteo delle rocce che costeggiano la litoranea e che, per secoli, hanno custodito preziosi giacimenti minerari.
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Organizzare una visita all’Argentiera
Visitare l’Argentiera significa vivere un’esperienza completa che unisce storia mineraria, paesaggio naturale e bellezze costiere. Per scoprire a fondo questa località unica della Nurra, vale la pena pianificare un itinerario che tocchi i punti più significativi: il villaggio minerario, con le sue architetture storiche e i resti degli impianti estrattivi; i capannoni e i laboratori di lavorazione dei minerali, che raccontano il passato industriale della zona; le spiagge dell’Argentiera, famose per la sabbia scura, le rocce argentate e il mare cristallino; infine il paesaggio geologico, modellato da rocce laviche e filoni argentiferi che creano scenari spettacolari e suggestivi. Un itinerario che unisce cultura, natura e fotografia in uno dei luoghi più affascinanti della costa nord-occidentale della Sardegna.
Il borgo dell’Argentiera
Nonostante la bellezza della costa e la limpidezza del mare, l’Argentiera non è mai diventata una località turistica di massa. Questo contribuisce a preservare la sua atmosfera autentica, fatta di silenzio, vento e architetture minerarie che raccontano il passato. Le gallerie scavate nella roccia, le vecchie abitazioni e i capannoni abbandonati conservano un fascino unico, tra memoria industriale e paesaggio naturale.
Il villaggio minerario dell’Argentiera: un patrimonio storico unico
Il villaggio minerario dell’Argentiera, frazione costiera di Sassari, rappresenta una delle testimonianze più significative dell’archeologia industriale in Sardegna. Sorto a metà Ottocento per sostenere l’intensa attività estrattiva di argento, piombo e altri minerali preziosi, il borgo si sviluppò rapidamente attorno agli impianti minerari, creando un insediamento autonomo con alloggi per operai, uffici amministrativi, magazzini e officine. Le strutture, costruite in prossimità della costa, si affacciavano direttamente sulle aree di scavo, creando un paesaggio in cui industria e natura convivevano in modo singolare. Ancora oggi, il profilo del villaggio conserva questa impronta storica, con le architetture industriali in disuso che dialogano con il mare e le rocce argentate che danno il nome alla località.
Un borgo sospeso tra memoria mineraria e rigenerazione
Dopo la chiusura definitiva della miniera nel 1963, il villaggio dell’Argentiera fu abbandonato, ma non dimenticato. Le sue strutture, pur in rovina, sono diventate parte integrante del paesaggio e oggi costituiscono un patrimonio storico e culturale tutelato all’interno del Parco geominerario storico e ambientale della Sardegna. Negli ultimi anni sono stati avviati progetti di recupero e valorizzazione, sostenuti anche da fondi europei, con l’obiettivo di trasformare il borgo in un polo culturale e turistico. Questo luogo, un tempo teatro di lavoro e fatica, è oggi una meta di grande fascino per escursionisti, fotografi e viaggiatori interessati a scoprire la memoria viva della Sardegna mineraria.




I capannoni di lavorazione
Il cuore della miniera
I capannoni di lavorazione rappresentavano il centro operativo dell’intero complesso minerario dell’Argentiera. Qui il minerale grezzo veniva frantumato, lavato e selezionato per separare l’argento e gli altri metalli dalle rocce di scarto. Queste strutture, situate a ridosso della costa, erano progettate per sfruttare la vicinanza con il mare e facilitare le operazioni di carico e trasporto. La laveria era in grado di trattare ogni giorno grandi quantità di minerale, facendo di questo sito uno dei più importanti impianti estrattivi della Sardegna nord-occidentale.
Architettura industriale e paesaggio
Dal punto di vista architettonico, i capannoni dell’Argentiera sono un esempio significativo di archeologia industriale. Realizzati con pietra locale, ferro e legno, presentavano ambienti ampi e modulari per ospitare macchinari, nastri trasportatori e sistemi di separazione del minerale. Dopo la chiusura delle attività, la natura ha lentamente inglobato queste strutture: oggi i capannoni, con le loro pareti annerite e i tetti crollati, si fondono con la scogliera e la macchia mediterranea, creando un paesaggio dal fascino malinconico e potente.
Dalle rovine industriali alla valorizzazione culturale
Oggi i capannoni dell’Argentiera sono considerati un vero e proprio museo a cielo aperto. Questi edifici, un tempo simbolo della fatica dei minatori, sono diventati parte integrante del patrimonio storico e culturale della zona. Progetti di recupero e valorizzazione stanno trasformando l’ex area industriale in un luogo dedicato alla memoria, alla divulgazione e al turismo sostenibile. Camminare tra le loro strutture significa ripercorrere la storia di un’intera comunità e di una delle miniere più importanti della Sardegna.


Spiagge dell’Argentiera
Mare cristallino e archeologia industriale
Le spiagge dell’Argentiera, situate lungo la costa nord-occidentale della Sardegna, si distinguono per l’atmosfera suggestiva e per la loro perfetta fusione tra natura e storia. La più nota è la Cala dell’Argentiera, incastonata tra scogliere brune e resti di archeologia industriale: sabbia mista a ghiaia e polveri minerali, mare cristallino e fondali trasparenti la rendono una meta ideale per chi ama luoghi autentici e poco affollati. A completare l’esperienza, la vista dei vecchi impianti minerari, oggi in disuso, che creano un contrasto visivo unico con il blu intenso del mare.
Un tratto costiero selvaggio e incontaminato
Oltre alla cala principale, l’area dell’Argentiera offre una serie di piccole baie e spiagge secondarie, raggiungibili con brevi passeggiate panoramiche o percorsi sterrati. Queste insenature sono caratterizzate da scogliere laviche modellate dal vento e dall’acqua, sabbia scura e riflessi argentati, da cui la località prende il nome. L’ambiente è ancora selvaggio e poco antropizzato, perfetto per escursioni naturalistiche, snorkeling e momenti di relax lontano dalle zone più turistiche della Sardegna. Le spiagge dell’Argentiera sono una meta ideale per chi cerca paesaggi autentici e spettacolari.

Cala dell’Argentiera
Mare cristallino tra archeologia industriale e natura
La Cala dell’Argentiera è la spiaggia principale del borgo minerario omonimo, situato sulla costa nord-occidentale della Sardegna. L’arenile si apre in uno scenario unico, dove il mare limpido e cristallino incontra i resti storici degli stabilimenti minerari, creando un’atmosfera suggestiva e dal forte impatto visivo.
La sabbia è mista a ghiaia e polveri minerali, che riflettono tonalità calde e brune, in netto contrasto con il blu intenso dell’acqua. Le scogliere che incorniciano la cala amplificano la bellezza del paesaggio, rendendola una meta ideale per chi ama luoghi autentici e non eccessivamente turistici.

Porto Palma
Una baia incastonata tra rocce laviche e macchia mediterranea
Poco prima di arrivare all’Argentiera, a circa due chilometri di distanza, si trova Porto Palma, una splendida spiaggia incastonata tra rocce scure e modellata nel tempo dall’azione del vento e del mare. L’arenile si apre in una cornice paesaggistica di grande suggestione, dove il contrasto tra la sabbia chiara, la roccia vulcanica levigata e il blu intenso del mare crea un colpo d’occhio davvero spettacolare.


Un ambiente costiero unico tra mare, colline e miniere
Il territorio dell’Argentiera si distingue per il suo ambiente naturale selvaggio e suggestivo, in cui si fondono mare, scogliera e macchia mediterranea. La fascia costiera è caratterizzata da spiagge ghiaiose incastonate tra pareti rocciose e colline dolci che degradano verso il mare, ricoperte da lentisco, cisto, ginepro e altre specie tipiche della vegetazione mediterranea. L’assenza di un turismo di massa e la bassa antropizzazione hanno permesso di mantenere questo tratto di costa in gran parte incontaminato, favorendo la presenza di una fauna locale diversificata, tra uccelli marini, piccoli mammiferi e biodiversità marina nei fondali trasparenti.

Un paesaggio modellato da rocce laviche e metalli
Dal punto di vista geologico, l’Argentiera è una delle aree più interessanti della Nurra. Le scogliere e i rilievi costieri sono formati da rocce laviche e sedimenti metalliferi, levigati dall’azione combinata di vento, pioggia e mare. Le tonalità scure delle rocce contrastano con il blu intenso del mare, creando un paesaggio di forte impatto visivo. L’antica presenza di filoni argentiferi — da cui il nome della località — ha lasciato anche un’eredità mineraria che si intreccia con l’ambiente naturale, trasformando l’Argentiera in un vero e proprio museo geologico a cielo aperto, dove natura e storia industriale convivono in equilibrio.


Le rocce argentate che danno il nome all’Argentiera
Uno degli elementi più affascinanti dell’Argentiera è rappresentato dalle rocce dal caratteristico colore argento, che riflettono la luce naturale creando giochi cromatici spettacolari. Queste rocce sono composte principalmente da materiali di origine lavica e sedimentaria arricchiti da filoni argentiferi, testimonianza della lunga storia geologica e mineraria del territorio. La superficie, levigata dall’azione costante del mare e del vento, assume riflessi metallici che cambiano tonalità a seconda della luce del giorno. Questo fenomeno naturale, unito alla presenza delle strutture minerarie storiche, contribuisce a definire l’identità visiva unica della località. Le rocce argentate non solo hanno dato il nome al borgo, ma rappresentano anche uno dei tratti più iconici e fotografati della costa nord-occidentale della Sardegna.


Argentiera: miniere attive fino agli anni ’60 del Novecento
Fino agli anni Sessanta, infatti, l’Argentiera era un importante centro di estrazione dell’argento: le miniere, attive sin dall’Ottocento e con tracce di sfruttamento ancora più antiche, rappresentarono per lungo tempo una delle attività produttive principali della zona. La chiusura definitiva avvenne nel 1963, lasciando in eredità un villaggio minerario ormai dismesso che oggi fa parte integrante del paesaggio costiero.
Gli edifici e gli impianti industriali abbandonati, incastonati tra le falesie e la macchia mediterranea, raccontano ancora visivamente il passato di questa località. L’insieme crea un’atmosfera unica, dove storia e natura si fondono, trasformando l’Argentiera in una meta ideale per chi ama esplorare luoghi autentici, fotografare paesaggi suggestivi e scoprire l’archeologia industriale della Sardegna.
Oggi la zona è meta di visitatori e appassionati di trekking, escursionismo e turismo culturale, attratti dal fascino delle scogliere, dalle acque cristalline e dall’impronta storica che si respira ad ogni passo.
La bellezza indotta delle miniere abbandonate
All’Argentiera, così come nelle miniere del Sulcis, si è verificato un fenomeno singolare che potremmo definire “bellezza indotta”. Le strutture abbandonate, i resti degli impianti industriali e le abitazioni costruite per i minatori — testimonianze di un passato fatto di sfruttamento intensivo del territorio — non sono mai state completamente rimosse dopo la fine delle attività estrattive. Con il tempo, la natura ha iniziato a riappropriarsi degli spazi, rimodellando e inglobando questi elementi artificiali nel paesaggio costiero.
Quella che un tempo era una presenza estranea e deturpante è diventata oggi parte integrante dell’ambiente, in un equilibrio paradossale ma suggestivo tra degrado industriale e armonia naturale. Le architetture spoglie e i resti delle miniere si fondono con le rocce argentate e la macchia mediterranea, creando un paesaggio dal fascino malinconico e potente.
Proprio questa commistione tra abbandono e rigenerazione naturale conferisce all’Argentiera un valore estetico unico. I villaggi minerari dismessi non sono più semplici rovine, ma elementi identitari che raccontano una storia e al tempo stesso la trasformazione di un territorio.
Oggi questi luoghi rappresentano uno dei simboli più interessanti della Sardegna post-industriale: spazi sospesi tra memoria, bellezza ruvida e natura viva, capaci di attirare fotografi, escursionisti e visitatori curiosi.
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Natura e cultura ritrovata all’Argentiera
Il sito minerario dell’Argentiera è oggi al centro di un importante progetto di recupero e valorizzazione sostenuto dalla Comunità Europea, che ne ha riconosciuto il valore storico, culturale e ambientale. L’area comprende non solo il villaggio minerario, ma anche l’estremo tratto settentrionale della costa sassarese, caratterizzato da paesaggi spettacolari e percorsi escursionistici sempre più frequentati.
L’Argentiera fa parte del Parco geominerario storico e ambientale della Sardegna, riconosciuto come patrimonio di interesse internazionale. Dal 2010, inoltre, ospita il Festival Argentiera, un festival letterario che si svolge ogni anno nell’ultima settimana di luglio e che porta nel borgo scrittori, artisti e pubblico da tutta l’isola. L’unicità del paesaggio ha anche attirato il cinema: alcune scene di celebri produzioni come La scogliera dei desideri (con Elizabeth Taylor e Richard Burton) e Chiedo asilo (con Roberto Benigni) sono state girate proprio qui.

Storia degli scavi all’Argentiera
Un passato segnato dall’oro e dall’argento
L’attività mineraria dell’Argentiera iniziò ufficialmente nel 1840, anche se la zona era conosciuta e sfruttata già in epoca precedente per la ricchezza dei suoi giacimenti. Oro e argento venivano estratti non solo nell’entroterra, ma anche sotto il livello del mare: le pepite si trovavano fino a 700 metri di profondità, rendendo la miniera una delle più particolari della Sardegna.
Sepolti vivi a cercar fortuna
Questa stessa vicinanza al mare che oggi rende il luogo così affascinante, in passato fu spesso causa di tragedie. Le rocce, indebolite dall’erosione marina, provocavano crolli improvvisi che seppellivano i minatori durante le ricerche. La storia dell’Argentiera è segnata dal sacrificio e dalla fatica di uomini che hanno scavato nelle viscere della terra — e persino sotto il mare — per estrarre i metalli preziosi che hanno dato il nome a questo luogo.
Le origini antiche del giacimento
Il giacimento minerario dell’Argentiera era noto sin dall’antichità. Prima i Romani e poi i Pisani sfruttarono intensamente la zona, come testimoniano i reperti archeologici rinvenuti nelle aree di Miniera Vecchia e Piata. Queste testimonianze confermano un’attività estrattiva continua nel tempo, legata alla ricchezza argentifera del territorio. Il conte Alberto Lamarmora, nel suo Itinerario dell’Isola di Sardegna, cita l’Argentiera ricordando un macabro ritrovamento in un pozzo di 80 metri, dove vennero rinvenuti cadaveri con fibule e armi di epoca romana.

Dalle miniere medievali all’Ottocento
L’estrazione proseguì anche nel Medioevo, tra la fine del 1200 e l’inizio del 1300, quando la miniera rimase attiva grazie all’elevata concentrazione di argento. Ancora alla fine dell’Ottocento si registravano aree ricchissime di minerale, a testimonianza della lunga produttività del sito. A partire dal 1867, la documentazione storica diventa più precisa e consente di ricostruire l’evoluzione dell’attività estrattiva con maggiore accuratezza.
Concessioni e gestione straniera
Dal 1867 in poi, le concessioni per lo sfruttamento minerario dell’Argentiera passarono tra diverse società private, tutte straniere o del Nord Italia: nessuna sarda. Le principali erano genovesi e belghe, a conferma dell’interesse economico internazionale per i ricchi giacimenti locali. Dal 1895 fino alla chiusura definitiva nel 1963, la gestione fu affidata alla società Correboi di Genova, che condusse le operazioni in modo pressoché continuativo, con intensità variabile in base all’andamento del mercato dell’argento.

Scavi a cielo aperto e gallerie pericolose
Nei primi tempi lo sfruttamento avveniva a cielo aperto, ma col passare degli anni la miniera si sviluppò anche in profondità con la creazione delle prime gallerie scavate sia a mezza costa sia sulla montagna. Proprio le gallerie a mezza costa erano considerate le più pericolose: qui si verificarono i crolli e le frane più gravi, con numerose vittime tra i minatori. I cantieri erano in continua evoluzione e l’area mineraria mutava volto anno dopo anno, lasciando tracce ancora oggi visibili nel paesaggio dell’Argentiera.
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