La foca monaca in Sardegna rappresenta uno dei capitoli più affascinanti della storia naturale dell’isola. Questo raro mammifero marino, un tempo diffuso in tutto il Mediterraneo, ha trovato per secoli rifugio lungo le coste orientali, in particolare nel Golfo di Orosei, tra grotte, calette nascoste e tratti di mare incontaminato. La sua presenza è intrecciata con la cultura marinara locale, la toponomastica costiera e le tradizioni popolari. Oggi, grazie a programmi di tutela e alla crescente sensibilità ambientale, cresce la speranza di un ritorno stabile della Foca monaca mediterranea nei suoi antichi habitat sardi.
La foca monaca mediterranea (Monachus monachus) è uno dei mammiferi marini più rari al mondo e una delle specie di pinnipedi più minacciate di estinzione: oggi si stima che in natura sopravvivano meno di 700 esemplari. In passato, questo animale era diffuso lungo quasi tutte le coste del Mar Mediterraneo, del Mar Nero e dell’oceano Atlantico orientale, comprese le coste della penisola Iberica.
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Foca monaca mediterranea
IDENTITÀ E NOME
Specie: Monachus monachus, uno dei mammiferi marini più rari al mondo
🖤 Perché “monaca”: pelliccia scura (spec. femmine) che ricorda il saio dei frati; animale presente fin dall’antichità in miti e testi greci
DISTRIBUZIONE E STATO DI CONSERVAZIONE
🌍 Aree attuali: nuclei in Grecia (Mar Egeo, incl. Creta e Cipro), coste di Cirenaica, Tunisia e Marocco; presenze atlantiche (Canarie) e sporadiche nel resto del Mediterraneo
📉 Popolazione stimata: < 700 individui complessivi
🛡️ Tutela: specie in pericolo (IUCN, dal 2015), in Appendice I CITES
SARDEGNA E GOLFO DI OROSEI
🏝️ Colonia storica: fino a 20 esemplari (1969) tra Grotte del Bue Marino, Grotta del Fico, Cala Luna, Cala Mariolu e Cala Cartoe
📜 Toponimi: “Bue Marino” dal paragone con un “bue” per dimensioni; “Cala Mariolu” da mariolu (“ladra”), per i frequenti “furti” di pescato
ECOLOGIA E COMPORTAMENTO
🐟 Dieta: cefalopodi, crostacei e pesci (es. murene, cernie, dentici)
🌊 Abitudini: vita prevalentemente in mare; riposo e riproduzione in grotte/arenili riparati
🏊 Capacità: spostamenti di decine di km al giorno; immersioni fino a ~90 m
MINACCE PRINCIPALI
🏗️ Impatto antropico: urbanizzazione costiera, disturbo turistico, pesca intensiva, perdita di siti riproduttivi
⚓ Conflitto storico: catture e caccia (anche esibizioni circensi tra XIX–XX sec.); in Sardegna episodi documentati fino agli anni ’50
CONSERVAZIONE
🌱 Misure efficaci: protezione di grotte e tratti costieri sensibili, pesca sostenibile, monitoraggi, educazione ambientale
📈 Tendenza: lievi segnali positivi nel Mediterraneo; avvistamenti più probabili in inverno quando cala la pressione turistica
Meno di 300 esemplari in tutto il Mediterraneo
L’areale si è drasticamente ridotto nel corso dei secoli a causa della caccia indiscriminata, della perdita di habitat e della pressione antropica. La specie, un tempo comune e documentata perfino nei diari di bordo delle antiche rotte veneziane, oggi sopravvive in pochissimi siti costieri. Le principali popolazioni si trovano in Grecia, soprattutto nelle isole dell’Mar Egeo (tra cui Creta e Cipro), dove si stima vivano 200–300 individui. Altri nuclei resistono lungo le coste della Cirenaica, nel nord della Tunisia, in Marocco e in alcune aree atlantiche come le Isole Canarie.
In Sardegna, la foca monaca ha avuto per secoli un rifugio privilegiato: il Golfo di Orosei, dove era osservata con regolarità fino ai primi anni Settanta. Oggi la sua presenza nell’isola è sporadica, ma progetti di conservazione e monitoraggio mirano a favorire il ritorno di questa specie iconica, simbolo della biodiversità mediterranea.

La foca monaca: l’origine del nome
Il nome “foca monaca” deriva dal colore scuro della pelliccia, soprattutto nelle femmine, che ricorda il saio dei frati. Questa specie marina ha da sempre un forte legame con la cultura mediterranea.
Gli antichi Greci la consideravano una creatura sacra al dio del mare Poseidone e al dio della luce Apollo, simbolo di armonia tra sole e mare. Sulle anfore in ceramica elleniche sono stati ritrovati numerosi reperti con la sua effigie, e autori come Omero, Plutarco e Aristotele la citavano nei loro testi.
I pescatori la veneravano come portafortuna per le battute di pesca, associandola a mare calmo e buoni raccolti. Tuttavia, un malinteso popolare — secondo cui il suo sonno profondo in mare fosse un segno di “debolezza” — ha contribuito, nel tempo, a farla diventare bersaglio di caccia.
🌊 La foca monaca in Sardegna: un rifugio nel Golfo di Orosei
La Sardegna è stata per secoli una delle ultime roccaforti naturali della foca monaca nel Mediterraneo. In particolare, nel Golfo di Orosei si trovava una colonia stabile di circa 20 esemplari (dati 1969), distribuiti tra:
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🕳️ Grotte del Bue Marino
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🏖️ Cala Cartoe, Cala Luna, Cala Mariolu
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🕳️ Grotta del Fico nel territorio di Baunei.
Queste coste frastagliate e ricche di grotte offrivano un habitat ideale per il riposo, la riproduzione e la protezione dei piccoli.
🐟 Abitudini di vita nel mare di Orosei
Essendo un mammifero marino, la foca monaca trascorreva gran parte della sua vita in acqua, dove si nutriva di cefalopodi, crostacei e pesci (come murene, cernie e dentici). Utilizzava la superficie per dormire e le grotte costiere durante il periodo riproduttivo, per il parto e l’allattamento.
Questo predatore era capace di:
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nuotare per decine di chilometri al giorno,
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immergersi fino a 90 metri di profondità per cacciare,
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spostarsi lungo tutta la costa del golfo seguendo la disponibilità di cibo.
🐬 Cala Mariolu: il nome e il conflitto con i pescatori
La grande abilità della foca monaca nella pesca, unita alla sua docilità, divenne paradossalmente la causa della sua scomparsa. Negli anni ’60–’70 del Novecento, con l’intensificarsi della pesca professionale, gli animali vennero percepiti come “concorrenti diretti” dei pescatori locali.
La foca, rompendo le reti e “rubando” il pescato, venne etichettata come “ladra di mare”. Da qui nasce il nome di una delle spiagge più iconiche della costa orientale sarda: Cala Mariolu, dove “mariolu” in dialetto significa proprio ladra.
La caccia massiccia e indiscriminata, sommata alla perdita di habitat, portò in pochi anni alla scomparsa della colonia storica del Golfo di Orosei.

Una specie simbolo del Mediterraneo
Oggi la foca monaca mediterranea è considerata in pericolo di estinzione. La sua presenza in Sardegna è sporadica, ma i programmi di tutela ambientale e di monitoraggio stanno favorendo timidi segnali di ritorno.
La sua storia, profondamente intrecciata con quella delle popolazioni marinare, la rende una vera icona della biodiversità mediterranea e un simbolo del delicato equilibrio tra uomo e mare.
La foca monaca: un animale docile diventato trofeo di caccia
Uno dei principali fattori che ha condotto la Foca monaca mediterranea (Monachus monachus) sull’orlo dell’estinzione è stata la sua estrema docilità. Tra tutte le specie di foche, è considerata la più facilmente addomesticabile, caratteristica che l’ha resa vulnerabile alla caccia e alla cattura.
Già dalla metà dell’Ottocento, la foca monaca veniva catturata lungo le coste della Provenza da pescatori veneziani e venduta in Francia e Germania per essere esibita in spettacoli circensi e fiere popolari. L’animale, incapace di difendersi efficacemente, era facile preda dell’uomo.
⚓ Dalle grotte di Cala Gonone ai trofei di caccia
La stessa sorte toccò alle foche monache che popolavano la costa orientale della Sardegna. Nei primi anni ’50 del Novecento, pescatori del borgo di Cala Gonone organizzavano spedizioni nelle grotte e nelle spiagge circostanti.
I cuccioli venivano spesso catturati a mani nude, portati in paese ed esibiti come trofei di caccia o, nei casi peggiori, scuoiati sul posto. Queste pratiche, diffuse in un’epoca in cui la consapevolezza ambientale era ancora scarsa, hanno contribuito in modo significativo alla scomparsa della specie dal Golfo di Orosei.
🌊 Grotta del Bue Marino: l’origine del nome
Il legame tra la foca monaca e la Sardegna è impresso anche nella toponomastica. La celebre Grotta del Bue Marino deve infatti il suo nome a questo animale.
I pastori di Baunei e Dorgali, durante la discesa verso il mare, trovavano spesso gli arenili completamente occupati dalle foche monache. Le dimensioni dell’animale adulto — che può raggiungere i 320 kg di peso — evocavano l’immagine di un grosso bue, da cui nacque la denominazione popolare.
La Grotta del Bue Marino, insieme alla più piccola Grotta del Fico, era uno dei principali rifugi e siti riproduttivi della specie: dalle aperture naturali era possibile osservare gli animali uscire al mattino presto per pescare e rientrare la sera.
📜 Un patrimonio naturale e culturale
La storia della foca monaca in Sardegna è una testimonianza del fragile equilibrio tra uomo e natura. Quello che un tempo era un animale venerato e rispettato è diventato vittima della caccia e dello sfruttamento, fino alla quasi totale scomparsa dalle nostre coste.
Oggi, grazie a programmi di tutela ambientale e monitoraggio, cresce la speranza di rivedere questo straordinario mammifero marino tornare stabilmente nel suo habitat originario nel Golfo di Orosei.

🛡️ La conservazione della foca monaca mediterranea
La diminuzione delle popolazioni di Foca monaca mediterranea (Monachus monachus) è strettamente legata all’impatto antropico sui suoi habitat naturali: urbanizzazione costiera, pesca intensiva, disturbo turistico e perdita di siti riproduttivi.
Oggi questa specie sopravvive nel Mar Mediterraneo solo in piccoli gruppi familiari o come individui isolati, che trovano rifugio in grotte marine e tratti di costa meno frequentati. Gli avvistamenti avvengono più spesso durante la stagione invernale, quando la pressione turistica diminuisce e l’animale può riappropriarsi, anche solo temporaneamente, dei suoi spazi naturali.
Secondo la Zoological Society of London, la foca monaca è tra le 100 specie di mammiferi a maggior rischio di estinzione al mondo ed è inserita nell’Appendice I della Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora (CITES), che ne vieta il commercio internazionale.
⚖️ 1987: divieto di pesca e navigazione nel Golfo di Orosei
Nel 1987, per proteggere la storica colonia di foche monache nel Golfo di Orosei, venne emanato un decreto ministeriale di salvaguardia che vietava pesca e navigazione in una porzione costiera particolarmente sensibile.
Tuttavia, le pressioni economiche legate alla pesca e al turismo determinarono la successiva revoca del provvedimento, lasciando la specie nuovamente esposta a minacce ambientali e antropiche.
🌱 Segnali di speranza: l’inversione del trend
Nonostante le difficoltà, le politiche di conservazione e protezione dell’habitat messe in atto in Grecia, Turchia, Marocco e in alcune aree dell’Atlantico hanno iniziato a dare risultati concreti.
📈 Secondo la International Union for Conservation of Nature (IUCN), nel 2015 lo status della foca monaca è stato modificato da “in pericolo critico” a “in pericolo”, grazie a un lento ma costante aumento degli individui censiti.
Oggi si stima la presenza di circa 700 esemplari in tutto il bacino mediterraneo, con possibili ritorni occasionali anche lungo le coste della Sardegna.
🐬 Conservazione e futuro
Per garantire un futuro a questa specie iconica, è fondamentale:
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🏖️ Proteggere i siti costieri con restrizioni mirate a pesca e turismo in aree sensibili;
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🐟 Ridurre l’impatto della pesca intensiva, promuovendo pratiche sostenibili;
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🧭 Monitorare costantemente le popolazioni per individuare e tutelare eventuali nuovi insediamenti;
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📢 Sensibilizzare comunità locali e turisti, trasformando un simbolo perduto in un emblema di tutela ambientale condivisa.
