La lotta alla malaria in Italia: DDT, riforme e salute pubblica
Nel secondo dopoguerra, la lotta alla malaria divenne una priorità assoluta per il sistema sanitario italiano, soprattutto nelle zone rurali del Mezzogiorno duramente colpite dall’epidemia. L’impiego massiccio del polverizzatore manuale di insetticida, simbolo di un intervento diretto e capillare, rappresentò la risposta immediata all’emergenza.
Con l’arrivo degli Alleati, l’Italia adottò una strategia fondata sull’uso intensivo del DDT, che per anni fu considerato lo strumento più efficace nella lotta alla malaria. In molte aree endemiche, l’effetto fu una drastica riduzione dei casi di infezione, sebbene l’approccio non fosse privo di conseguenze sul piano ambientale e sanitario a lungo termine.

Cronologia della lotta alla malaria in Italia (1944‑1950)
- 1943
- Aumento dei decessi per malaria in Sardegna: da 88 (1940) a 527 (1943), a causa di crisi alimentare, sospensione delle bonifiche e collasso sanitario :contentReference[oaicite:1]{index=1}.
- 1945
- Sardegna scelta come «laboratorio» per un intervento su larga scala con DDT; milioni di persone colpite in quell’anno :contentReference[oaicite:2]{index=2}.
- 12 aprile 1946
- Costituzione dell’ERLAAS (Ente Regionale per la Lotta Anti‑Anofelica in Sardegna), grazie a fondi italiani, Rockefeller Foundation, UNRRA e Piano Marshall :contentReference[oaicite:3]{index=3}.
- 1946–1950
- Campagna del “Sardinia Project”: spruzzamento massiccio di DDT (oltre 10 000 tonnellate, 32 000 operatori coinvolti) con l’obiettivo di eradicare l’anofele localmente :contentReference[oaicite:4]{index=4}.
- 1950
- Fine dell’attività ERLAAS (31 dicembre): malaria praticamente sconfitta in Sardegna; solo 44 casi registrati nel 1950 :contentReference[oaicite:5]{index=5}.
- 1951
- Conclusione generale del progetto con riconoscimenti come modello internazionale per la lotta alla malaria :contentReference[oaicite:6]{index=6}.
Limiti e omissioni nella lotta alla malaria in Italia
Come emerse già all’epoca da alcune critiche dell’opinione pubblica, l’impiego del DDT fu condotto senza un’adeguata valutazione dell’impatto ambientale a lungo termine e senza l’integrazione con misure sanitarie e sociali strutturali, che invece caratterizzavano la tradizione terapeutica italiana.
Storicamente, l’approccio italiano alla sanità pubblica avrebbe richiesto un intervento integrato, combinando l’uso della chimica con:
-
la bonifica dei territori malarici,
-
una campagna di educazione igienico-sanitaria per le classi più vulnerabili,
-
e riforme sociali in favore di contadini, pastori, soldati e nullatenenti.
Ancora oggi, l’uso di zanzariere trattate e la profilassi farmacologica rappresentano gli strumenti più efficaci per prevenire la malaria nelle zone dove è ancora endemica.

Che cos’è la malaria
🌍 Origine e diffusione
Il nome “mal aria” deriva dalla vecchia credenza che fosse trasmessa da aria malsana proveniente dalle paludi. In realtà, la malaria è causata da protozoi parassiti trasmessi all’uomo attraverso la puntura della zanzara Anopheles.
Attualmente colpisce circa 500 milioni di persone ogni anno, con oltre 1 milione di morti. Rappresenta una delle principali emergenze sanitarie globali, diffusa soprattutto in Africa, Asia meridionale, America Latina e centrale.
Nei Paesi dove è stata debellata, è oggi la prima malattia d’importazione.
Gli agenti patogeni
La malaria è causata da 5 tipi di Plasmodium:
- Plasmodium falciparum – Terzana maligna, forma più pericolosa e letale
- Plasmodium vivax – Terzana benigna
- Plasmodium ovale – Terzana benigna
- Plasmodium malariae – Quartana
- Plasmodium knowlesi – Quartana benigna (rara negli umani)
🔄 Il ciclo dell’infezione
L’infezione avviene attraverso la puntura della zanzara femmina del genere Anopheles, che si infetta succhiando sangue da un individuo malarico.
Il plasmodio si sviluppa nell’insetto per alcuni giorni, poi viene trasmesso all’uomo. Nel corpo umano il parassita:
- Entra nel fegato e si riproduce negli epatociti
- Passa nel sangue e infetta i globuli rossi
- Si moltiplica ciclicamente ogni 3 (terzana) o 4 (quartana) giorni
- Può essere assorbito da una nuova zanzara e il ciclo ricomincia
Malaria e tubercolosi in Italia dopo la Seconda Guerra Mondiale
❗ Morbilità e mortalità
- 📊 Mortalità per tubercolosi negli over 65 (2006): oltre il 30%
- Decessi per malaria autoctona (2000–2008): 9 casi
⚠️ Italia nel dopoguerra: un quadro disastroso
- 💸 Povertà diffusa e popolazione provata
- 🏥 Sistema sanitario collassato
- 🚱 Condizioni igieniche precarie
- 🌾 Abbandono delle campagne da parte degli agricoltori
Prime strategie di contenimento
- 💊 Programma del Chinino di Stato (anteguerra)
- Impiego del DDT da parte degli alleati (Napoli, 1943)
- 🎯 Obiettivo militare: proteggere i soldati dalle malattie
🔬 Missiroli e la svolta post-bellica
🗓️ Nel 1945 il medico Alberto Missiroli annunciò che l’Italia sarebbe stata liberata dalla malaria entro 5 anni.
Questa dichiarazione diede impulso alla ricerca e aprì la strada a programmi coordinati tra istituzioni italiane e fondazioni internazionali.
Il Chinino di Stato: la prima arma per la lotta alla malaria
Il Chinino di Stato fu introdotto in Italia con una legge del 4 luglio 1895, che autorizzava la vendita del farmaco antimalarico a prezzi calmierati presso gli spacci di sali e tabacchi. Prodotto sotto il controllo del Monopolio di Stato, il chinino rappresentava all’epoca la principale cura contro la malaria, prima della scoperta della clorochina.
Il provvedimento fu una risposta all’emergenza sanitaria che affliggeva gran parte della popolazione rurale italiana, in particolare le zone colpite dalla malaria endemica.
In Sardegna, il fenomeno era drammatico: nel 1890, il 99% della popolazione (361 su 364 abitanti) risultava colpito dalla malattia. Le aree più flagellate erano:
-
le paludi del Cagliaritano
-
l’alto Campidano
-
la bassa Gallura
-
la Nurra
Oltre ai danni sanitari, la malaria causava gravi conseguenze economiche: intere aree agricole venivano abbandonate, compromettendo la produttività e lo sviluppo rurale.
Fine ‘800: il chinino dal tabaccaio
Il chinino, estratto dalla Cinchona – pianta appartenente alla famiglia delle Rubiacee – era ricavato dalla corteccia di alberi diffusi sulle alture dell’America del Sud, Asia e Africa. In Italia, fino all’intervento statale, il chinino era un farmaco raro e costoso. La svolta arrivò con l’introduzione del Chinino di Stato: il Ministero delle Finanze, più per fini economici che sanitari, affidò la distribuzione al Monopolio di Stato, rendendolo acquistabile negli spacci di sali e tabacchi.
Nel frattempo, grazie agli studi di Ronald Ross e Giovanni Battista Grassi, si consolidò la consapevolezza scientifica che il binomio “palude + zanzara Anopheles” era alla base della diffusione della malaria, che colpiva in particolare le classi rurali povere.
A spingere verso una distribuzione gratuita del farmaco fu la Società per gli Studi della Malaria, che sostenne con forza la necessità di una politica sanitaria non a scopo di lucro. I risultati furono significativi: in soli dieci anni (1895–1905), i decessi per malaria in Italia calarono da 16.000 a 7.838.

Sardinia Project
La sperimentazione definitiva contro la malaria
🌍 Perché la Sardegna?
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la malaria era ancora presente in tutta la Sardegna, soprattutto nelle aree paludose del Cagliaritano, Campidano, Gallura e Nurra. Gli americani scelsero l’isola come territorio ideale per una campagna di eradicazione totale con il DDT, approfittando dell’insularità e della bassa densità di popolazione.
🔬 Controllo vs Eradicazione
- Controllo: riduzione dei casi – basso costo, tempi indefiniti
- Eradicazione: eliminazione della trasmissione – alto costo, tempi definiti
Il Sardinia Project puntava alla eradicazione: intervento immediato, sistematico, radicale.
🏥 La crisi sanitaria del 1945
Nel 1945 il sistema sanitario sardo era al collasso. I morti per malaria erano passati da 88 (1940) a 527 (1943). I motivi principali:
- Malnutrizione e crisi alimentare
- Fermata delle bonifiche
- Esodo degli sfollati e sovraffollamento
- Scarsità di farmaci
Il DDT: tra rivoluzione sanitaria e allarme ambientale
DDT è l’acronimo di para-diclorodifeniltricloroetano, un composto chimico incolore, idrofobico e altamente tossico per molti insetti.
- Scoperto nel 1939 da Paul Hermann Müller (Premio Nobel 1948)
- Già sintetizzato nel 1873 da Othmar Zeidler
- Effettivo contro pidocchi, zanzare e altri artropodi
- Solubile in grassi e oli, quasi insolubile in acqua
📉 Dai successi alla crisi di fiducia
- 1940-1950: usato in massa contro la malaria (Sardegna, Brasile, Egitto…)
- 1950: FDA (USA) dichiara che i rischi erano stati sottovalutati
- 1962: Rachel Carson denuncia gli effetti nocivi nel libro “Primavera Silenziosa”
- 1972-1978: bandito in agricoltura prima negli USA e poi in Italia
⚠️ Effetti e classificazione attuale
- Possibile cancerogeno secondo IARC
- R40: rischio potenziale per la salute umana
- Può interferire con la riproduzione degli uccelli
🌍 Il DDT oggi
- Dal 2006, l’OMS ne consente l’uso controllato in zone endemiche (Africa, India)
- Considerato parte integrante delle strategie di lotta alla malaria assieme a farmaci e zanzariere

Dalla lotta sociale alla guerra entomologica: la svolta del DDT
Dopo i due conflitti mondiali, che misero in crisi i precedenti modelli di prevenzione sociale e sanitaria, l’Italia divenne parte della strategia postbellica americana fondata su un nuovo approccio: la guerra entomologica. Il DDT, sintetizzato e testato con successo dagli Stati Uniti, fu adottato anche in Italia come soluzione tecnologica rapida contro la malaria.
Il contesto era geopolitico: la politica espansionistica degli USA, dopo la “pace condizionata” in Europa, prevedeva l’insediamento di basi militari in regioni tropicali (Pacifico, Africa, Sud America). Per realizzarlo, occorreva ridurre drasticamente la diffusione della malaria tra le truppe e la popolazione locale.
Questo modello si distaccava dalla tradizione europea del chinino e delle riforme sociali, preferendo un intervento centralizzato, chimico e immediato, ma privo di accompagnamento educativo verso le classi più fragili. In molti Paesi europei questa soluzione fu giudicata parziale: mancava il coinvolgimento di medici, educatori e intellettuali nella sensibilizzazione popolare.
Nonostante le critiche, il DDT ebbe successi localizzati:
-
eradicazione dell’Anopheles gambiae in Brasile e Egitto,
-
riduzione dei casi in Campania, Veneto e Agro Pontino.
L’ambizione americana era ora quella di estendere il modello a tutto il Mediterraneo.
🌿 Chinino vs DDT: due modelli di lotta alla malaria
📌 Il chinino nel tardo Ottocento
- Distribuito dal Monopolio di Stato a partire dal 1895
- Venduto negli spacci di sali e tabacchi
- Supportato da campagne sociali e mediche
- Riduzione dei decessi da malaria da 16.000 a 7.838 in 10 anni
Il DDT nel secondo dopoguerra
- Adottato su larga scala dagli Stati Uniti per scopi militari e sanitari
- Impiego rapido, ma privo di supporto educativo e sociale
- Successi localizzati (Brasile, Egitto, Agro Pontino…)
- Critiche dall’Europa: modello ritenuto tecnicamente efficace ma socialmente incompleto
- Guarda anche il sito della Rockefeller Foundation
Lotta alla malaria per conquistare il mondo
Dopo la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, la lotta alla malaria in Italia – e in molte altre aree del mondo – subì un forte rallentamento. Le politiche preventive e terapeutiche messe in campo tra Otto e primo Novecento (come il chinino di Stato) vennero oscurate dalle nuove esigenze geopolitiche del secondo dopoguerra. Con l’affermazione degli Stati Uniti come potenza globale, l’Italia divenne uno degli snodi strategici all’interno del nuovo ordine internazionale post-bellico.
Il piano americano: basi militari e malaria come ostacolo
Dopo la “pace condizionata” in Europa, gli Stati Uniti avviarono un piano di espansione militare e commerciale verso regioni tropicali del pianeta: le isole del Pacifico appena sottratte al Giappone, l’Africa subsahariana, l’America Latina e altre aree del Sud globale. Ma per insediarsi stabilmente, c’era un nemico invisibile da debellare: la malaria.
Dalla riforma sociale alla guerra entomologica
A differenza del modello europeo che vedeva nella malaria un problema sociale e ambientale, da affrontare con riforme, educazione sanitaria e bonifiche, il modello americano preferiva un approccio entomologico: uccidere la zanzara, non istruire il contadino.
In questa visione, la tecnologia – in particolare il DDT – diventava l’arma principale, considerata capace di risolvere il problema rapidamente e su larga scala, senza dover attendere i tempi lunghi della trasformazione culturale.
Un’efficacia parziale secondo l’Europa
Molti intellettuali e medici europei criticarono il metodo americano, giudicandolo parziale e riduttivo. L’uso massiccio e indiscriminato del DDT avveniva senza il supporto di campagne educative, senza coinvolgere figure come medici, letterati o riformatori sociali, fondamentali nel contesto europeo per educare le masse povere, che erano le prime vittime della malattia.
Nonostante le perplessità, il modello americano fu applicato in diverse aree del mondo:
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Eradicazione dell’Anopheles gambiae in Brasile e Egitto
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Riduzione dei casi in Campania, Veneto e Agro Pontino
Ora, si puntava a una risoluzione totale anche nel Mediterraneo.