Enrico Fermi è stato uno dei più importanti fisici della storia scientifica mondiale.
Nato a Roma nel settembre del 1901, dopo aver svolto gli studi accademici e la prima parte della sua ricerca in Italia (fu il capo del gruppo dei cosiddetti “ragazzi di via Panisperna“), dovette trasferirsi negli Stati Uniti per fuggire alle leggi razziali imposte dal regime fascista che avrebbero perseguitato la moglie ebrea, Laura Capon.
Negli Stati Uniti Fermi partecipò come guida e come ideatore alla realizzazione del primo reattore nucleare a fissione in grado di produrre per la prima volta una reaziona nucleare a catena controllata. La sua storia di fisico esperto in materia nucleare lo portò anche a diventare uno dei tecnici di vertice del Progetto Manhattan che arrivò alla realizzazione della bomba atomica.
Nel 1938 a Enrico Fermi fu assegnato il Premio Nobel per la Fisica, omaggio di assoluto rilievo per aver scoperto delle reazioni nucleari mediante neutroni lenti e aver identificato nuovi elementi della radioattività.
I ragazzi di via Panisperna
“I ragazzi di via Panisperna” erano un gruppo di fisici ricercatori ideato dal fisico, ministro e direttore dell’omonimo istituto Orso Mario Corbino, il quale incaricò Enrico Fermi affinchè diventasse il direttore. Il gruppo di ricercatori venne costituito tra il 1927 e il 1928 ed ebbe sede nei laboratori dell’istituto Panisperna (oggi facenti parte del plesso in cui si trova il Viminale). I lavori di ricerca di questo staff ebbero fama mondiale nel campo della fisica pura e vi fece parte, oltre al fondatore e ispiratore, Enrico Fermi, anche Franco Rasetti, il primo ad aderirvi, Oscar D’Agostino, Edoardo Amaldi, Ettore Majorana ed Emilio Segrè.
In quel periodo Enrico Fermi era docente alla cattedra di Fisica teorica dell’università di Roma ed ebbe modo di usufruire della collaborazione di questi ricercatori, giovani e motivati, per quasi 5 anni: il gruppo fece gli ultimi esperimenti nel ’33 e, dopo varie ricerche in molti campi della fisica, il principale apporto che dette alla ricerca scientifica fu l’individuazione della “proprietà dei neutroni lenti“. Si trattava di uno studio in ambito nucleare che fu fondamentale per la ricerca successiva a livello mondiale. Queste scoperte ebbero infatti una ricaduta quando Enrico Fermi si trasferì in America dove arrivò alla realizzazione del primo reattore nucleare che sarà – suo malgrado – uno dei passi decisivi alla creazione della più importante arma di distruzione di massa del ‘900: la bomba atomica.
** in foto: l’attore Andrea Prodan che interpreta Ettore Majorana nel film “I ragazzi di via Panisperna”. Regia di Gianni Amelio (1989)
La prima fissione dell’uranio
Nel 1934 la ricercatrice francese Irene Curie e suo marito Frederic Joliot scoprirono la radioattività artificiale e Fermi decise di studiarne alcuni aspetti bombardando sistematicamente tutti i nuclei della tavola periodica con neutroni anzichè con particelle alfa. Quando arrivò all’alluminio e al fluoro cominciò a registrare i primi conteggi: praticamente il nucleo bombardato assorbiva il neutrone (carica neutra) e rimbalzava una particella α (carica positiva) determinando un elemento radioattivo nuovo con numero atomico inferiore di due unità rispetto alla particella α.
Successivamente le attività di bombardamento proseguirono e giunti al torio e all’uranio Fermi e i suoi colleghi ipotizzarono che i nuovi radionuclidi ottenuti dall’operazione fossero dei nuovi elementi: ben presto la chimica tedesca Ida Noddack definì che questo esperimento aveva portato alla fissione dell’uranio e non alla scoperta di due nuovi elementi. Praticamente Fermi era riuscito a spezzare l’atomo di uranio bombardandolo di neutroni. Questa “rottura”, detta in gergo fisico-scientifico “fissione” era capace di liberare un’enorme quantità di energia.
La scoperta di Fermi
Il 20 ottobre del 1934 Enrico Fermi fece casualmente la scoperta scientifica più importante della sua carriera che gli valse il Premio Nobel per la Fisica assegnatogli quattro anni dopo.
La vicenda
Era una mattina d’autunno e nel laboratorio di fisica Fermi si trovava da solo per organizzare uno degli esperimenti di routine con cui, da alcuni giorni, insieme ai suoi collaboratori, stava lavorando sulla radioattività artificiale.
Fu così che, mentre gli altri suoi collaboratori erano impegnati altrove tra lezioni in aula e sessioni d’esame, il grande scienziato si mise a costruire un cuneo di piombo contro cui dovevano essere bombardati dei neutroni. Al termine dei lavori però ebbe l’intuizione – che egli stesso definì inspiegabile e improvvisa – di sostituire il piombo con la paraffina un materiale che aveva, tra le altre cose, una quantità di idrogeno (cioè di protoni) superiore rispetto al piombo. Il risultato fu che tali protoni rallentarono la velocità di bombardamento dei neutroni aumentandone per contro la loro efficacia. Per avere conferma di questa straordinaria scoperta, lo stesso procedimento fu ripetuto con l’acqua, anch’essa ricca di idrogeno e dunque di protoni e il risultato fu lo stesso: la radioattività prodotta era molto forte.
Secondo Enrico Fermi la forza di queste radioattività era dovuta ai neutroni che, rimbalzando con i protoni della paraffina o dell’acqua, aumentavano la loro efficacia nel produrre radioattività artificiale, cioè una emissione di energia.
Tale casuale scoperta di Fermi fece sì che il gruppo riorganizzasse le sue ricerche concentrandosi da lì in avanti sugli effetti dei neutroni lenti, arrivando a osservare prima di tutto che l’immersione in acqua di una sorgente aumentasse la radioattività e poi che quanto era maggiore la sezione d’urto neutroni/protoni minore era il livello di radioattività .
Il processo di produzione di sostanze radioattive artificiali attraverso il bombardamento di neutroni lenti venne brevettato nel 1935 e dette un apporto decisivo allo sviluppo dell’energia atomica.
Il dissolvimento del gruppo di via Panisperna
La guerra di Etiopia
Nel frattempo che nei laboratori romani avanzava la ricerca nucleare, proprio l’anno della brevettazione della scoperta di Fermi, il 1935, a seguito dei grandi sconvolgimenti sociali e politici che derivavano dalla decisione dell’Italia di attaccare militarmente l’Etiopia, il gruppo di via Panisperna cominciò a disgregarsi: chi scelse di emigrare in America (Resetti), chi ottenne una cattedra universitaria (Segrè a Palermo), chi andò in Francia per lavorare con altri scienziati (Pontecorvo si unì a Joliot- Curie).
** La fotografia mostra artiglieri italiani della batteria “28 ottobre” impegnati ad analizzare alcune tavole di tiro. Foto luce, appartenente alla Collezione cartoline Albertomos (Roma)
L’Asse Roma-Berlino
A dare poi nuovi impulsi disgreganti al gruppo furono il peggioramento della situazione politica internazionale, con la nascita dall’Asse Roma-Berlino, attraverso cui Mussolini ed Hitler si allearono per fare da deterrente al potere anglo-americano. Questo accordo ebbe ricadute sulle attività di libera ricerca che si svolgevano nelle università dei vari territori e a livello italiano fece sì che il controllo statale sulla libertà di ricerca e cominciò ad orientarsi politicamente attraverso strategici inserimenti di dirigenti simpatizzanti del fascismo nei gangli decisionali dell’università . Fu questo il caso di Lo Surdo che prese il posto di Corbino – ideatore del gruppo di via Panisperna – quando questi venne a mancar in quei giorni, improvvisamente, per una grave polmonite.
I ritardi nell’acquisto delle attrezzature
L’epilogo del gruppo di via Panisperna arrivò quando Fermi, poco prima di espatriare, chiese allo Stato un finanziamento importante per realizzare un ciclotrone presso l’Istituto di Sanità pubblica, cioè un acceleratore di particelle che avrebbe reso più intense le sorgenti radioattive. Dopo alcuni ritardi, l’apparecchiatura fu acquistata e messa a disposizione quando Fermi era già fuggito in America.
** Nella foto un ciclotrone degli anni ’30. Si può notare tra le parti il fascio azzurro che è l’aria ionizzata prodotta dall’accelerazione delle particelle.
Fermi in America: libertà di ricerca
Nel nuovo continente il ricercatore italiano si mise subito all’opera per valorizzare la sua carriera e soprattutto le recenti e rivoluzionarie scoperte in campo nucleare. Era ormai chiaro infatti che la radioattività artificiale aveva una ricaduta energetica notevolmente superiore rispetto a quella naturale, ma era anche altrettanto chiaro che in Italia non vi erano più le condizioni economiche e politiche per avanzare in questo settore della ricerca. Fermi aveva fatto il possibile pure per la costruzione di un ciclotrone economico in Italia, ma l’isolamento politico e scientifico in cui era stato relegato dopo la morte di Corbino, si accentuò con la morte successiva di Guglielmo Marconi che era allora, nel 1937, presidente dell’Accademia d’Italia e del CNR. L’ultimo blocco di finanziamenti (esigui) messi a disposizione dal governo fascista di soli 150 mila lire per la ricerca nel biennio 1938-39 portò alla fine del gruppo di Panisperna e alla ricerca nel campo della fisica nucleare in Italia.
Il piano di fuga
Il 10 novembre del 1938, lo scienziato e professore Enrico Fermi fu informato ufficialmente che gli sarebbe stato conferito il premio Nobel. Fu così che egli decise, una volta ritirato il premio a Stoccolma, di partire direttamente per gli Stati Uniti, dove l’università Columbia di New York lo aveva invitato per svolgere delle lezioni.
L’imperfezione razziale della famiglia fermi
Sulla nota ufficiale al conferimento del premio Nobel intanto la stampa italiana, ormai orientata a sostenere il nuovo corso con l’avvento del fascismo, descrisse l’evento con essenzialità , calmierando l’enfasi e l’importanza storica del motivo che portò a questa assegnazione, paventando inoltre un ipotetico merito del regime per il raggiungimento di “certi” risultati nella ricerca e, soprattutto, espresse alcune riserve per l’ “imperfezione razziale” della famiglia Fermi in quanto la moglie del capofamiglia era israelita. Inoltre, la cronaca italiana, intuì, stavolta giustamente, che il fisico romano da Stoccolma non sarebbe tornato a Roma.
Arriva il Fascismo e il Nobel non si festeggia
A confermare la divaricazione tra Fermi e il fascismo si aggiunse poi la cerimonia di festeggiamento organizzata prima della partenza dello scienziato a Stoccolma. Nonostante vi fossero tra gli invitati anche il prefetto, il segretario generale e alcuni membri delle autorità fasciste, all’evento si presentarono in pochi, tra cui, la figura più importante fu il Duca di Bergamo. Per il resto Enrico Fermi ebbe una risposta chiara di oscurantismo a seguito delle sue posizioni manifestatamente contrarie alle politiche razziali del fascismo.
La consegna del Nobel a Fermi
Il 6 dicembre 1938 Enrico Fermi parti in treno per la capitale svedese. Era la fine di un breve periodo della storia scientifica e culturale italiana che si chiudeva sotto i cattivi auspici di una dittatura che, di lì a poco, avrebbe portato l’Italia alla rovina militare, economica e sociale. Quattro giorni dopo lo scienziato ricevette fattualmente il premio Nobel con queste motivazioni «Per le sue dimostrazioni dell’esistenza di nuovi elementi radioattivi prodotti da irraggiamento neutronico e per la scoperta delle reazioni nucleari causate dai neutroni lenti.»
A Roma intanto l’indignazione per il formalismo di Enrico Fermi alla cerimonia di consegna del Premio Nobel si diffuse fino ai piani alti della gerarchia fascista. Prima di tutto per l’abbigliamento usato dallo scienziato, che preferì un frac all’uniforme fascista e poi perchè anzichè fare il saluto fascista al cospetto del sovrano svedese gli strinse la mano.
** Nella foto in bianco e nero, in alto a destra, la consegna del Premio Nobel a Enrico Fermi all’università Gustavus Adolphus di Stoccolma (Foto Karl Sandels).
La fuga in America
Ricevuto il premio Enrico Fermi si trasferì in Danimarca da cui, il 24 dicembre di quell’anno, si imbarcò insieme alla moglie sul transatlantico Franconia con destinazione New York. Nella città , battezzata la “Grande Mela” venti anni prima, entrò subito a lavoro presso la Columbia University dove il 25 gennaio del 1939 realizzò il primo esperimento di fissione nucleare in territorio americano. Successivamente si trasferì a Chicago dove arriverà a realizzare nel 1942 la prima pila nucleare.
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Negli Stati Uniti Enrico Fermi divenne dunque lo scienziato più importante per la ricerca che portò gli Stati Uniti alla costruzione e all’uso delle bombe atomiche che, il 6 e il 9 agosto 1945, vennero sganciate nelle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki.
Fermi e le Atomiche su Hiroshima e Nagasaki
Della prima reazione nucleare a catena auto-alimentata e della prima pila nucleare (denominata la “pila di Fermi” o il “Chicago pile“) fu informato direttamente il presidente americano Roosevelt e tutti i vertici politici e militari americani che valutarono, di lì a poco, l’opportunità dell’utilizzo della bomba atomica contro l’ultimo avversario degli Stati Uniti ancora operativo sui teatri della seconda guerra mondiale: il Giappone.
La supervisione di Fermi nei test preliminari all’Atomica
A fronte di questa straordinaria scoperta scientifica e del ruolo di spicco che Enrico Fermi raggiunse all’interno del progetto egli fu supervisore, tra il 1943 e il 1944, dell’avanzamento al livello critico dei reattori “X-10 Graphite” (Oak Ridge, Tennessee, 1943) e “Reattore B” (Hanford, 1944).
Il rapporto Frank: ultimo tentativo di arginare l’uso dell’atomica
In campo politico-militare internazionale intanto nel maggio del 1945 la Germania firmò la resa incondizionata agli alleati presso il quartier generale di Reims in Francia. Questo fatto accrebbe i dubbi di parte dei membri del Progetto Manhattan sull’opportunità di utilizzare la bomba atomica contro il Giappone. Per dare corpo a tale posizione gli scienziati del Progetto Manhattan che avevano assunto una posizione critica verso l’uso di quest’arma, tra cui Szilard, Franck e Compton e altri scienziati del Metallurgical Laboratory, stilarono un rapporto, il “Rapporto Frank”, che fu spedito al ministro della guerra Stimson affinchè venisse inoltrato al presidente Truman. Nel rapporto si suggerì di utilizzare la bomba a scopo dimostrativo senza recare danno ai cittadini.
Il via libero all’Atomica
Sempre nel maggio di quell’anno il neopresidente degli Stati Uniti, Truman, creò una commissione, la Interim Committee, che doveva fornire pareri consultivi sull’utilizzo o meno della bomba atomica. In questa commissione, tra gli altri scienziati, vi parteciparono anche Compton, Lawrence, Oppenheimer e Fermi. Dopo aver visionato anche il Rapporto Frank e non aver espresso pareri positivi su di esso, la nuova commissione arrivò a deliberare, unanimemente, i provvedimenti che portarono alla decisione di usare la bomba atomica contro il Giappone.
In particolare, venne raccomandato che: 1) l’ordigno venisse sganciato su bersagli militari che potevano trovarsi anche nei pressi di abitazioni civili; 2) che la bomba dovesse essere usata senza preavviso.
** Nella foto a destra l’esplosione di Trinity: la palla di fuoco prodotta dalla deflagrazione dopo 0,016 secondi dalla detonazione (diametro: 200 metri).
Fu così che, il 16 luglio del 1945, fu innescata la prima esplosione nucleare sperimentale con “metodo Fermi”, il “Test Trinity” (Socorro, Nuovo Messico), sotto la supervisione, tra gli altri, ancora una volta del fisico italiano. Il successo dell’esperimento dette il via libera definitivo all’applicazione del metodo in terra nemica e le bombe atomiche a uranio e a plutonio, vennero sganciate rispettivamente il 6 agosto 1945 sulla città giapponese di Hiroshima e il 9 agosto su quella di Nagasaki.
Autore dell’articolo: Pierpaolo Spanu
In copertina fotografia di Enrico Fermi all’apice della carriera americana