Dall’inserimento all’inclusione: cosa cambia davvero
L’inserimento si riferisce al periodo successivo alla Legge 517/1977, quando gli alunni con disabilità furono ammessi nelle classi comuni.
Si trattava di un grande passo avanti rispetto alla logica delle scuole speciali, ma il modello restava ancora parziale: l’alunno veniva accolto nel gruppo classe, senza però modificare in profondità i metodi, i programmi e la cultura scolastica.
Con il tempo, si è compreso che accogliere uno studente non basta: è necessario adattare l’ambiente di apprendimento alle sue caratteristiche, garantendo partecipazione, autonomia e successo formativo.
Da qui nasce il concetto di inclusione, che supera la logica dell’inserimento per promuovere una scuola capace di rispondere ai bisogni di tutti.
- Guarda anche: TFA SOSTEGNO 33 – Dalle scuole speciali all’inserimento: come è nata l’inclusione scolastica in Italia
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La distinzione concettuale tra inserimento e inclusione
Sebbene spesso usati come sinonimi, inserimento e inclusione rappresentano due concetti profondamente diversi nella storia dell’educazione italiana.
L’inserimento indica la fase in cui l’alunno con disabilità viene accolto nella classe comune, ma senza modificare sostanzialmente l’organizzazione della scuola.
È un processo centrato sull’adattamento dell’alunno all’ambiente scolastico: lo studente “entra” nel gruppo, ma le pratiche didattiche, i tempi e gli spazi restano pensati per la maggioranza.
L’inclusione, invece, capovolge questa prospettiva.
Non è più l’alunno a doversi adattare alla scuola, ma è la scuola che si trasforma per rispondere ai bisogni di ciascuno.
In un’ottica inclusiva, ogni studente — con o senza disabilità — è considerato parte attiva del processo di apprendimento, e le differenze diventano una risorsa educativa.
L’inclusione implica dunque un cambiamento culturale e organizzativo: una scuola flessibile, collaborativa e attenta alle potenzialità individuali.
Il quadro normativo dell’inclusione scolastica
Il passaggio dall’inserimento all’inclusione è stato sostenuto da importanti interventi legislativi e documenti ministeriali, tra cui:
Legge 104/1992: riconosce il diritto all’integrazione sociale e scolastica delle persone con disabilità;
Linee guida del 2009 e successive note ministeriali: pongono l’accento sulla personalizzazione didattica e sul ruolo del docente di sostegno;
Direttiva MIUR del 27 dicembre 2012: introduce la categoria dei BES (Bisogni Educativi Speciali), ampliando il concetto di inclusione oltre la disabilità;
D.Lgs. 66/2017 e 96/2019: definiscono nuovi criteri per il PEI (Piano Educativo Individualizzato) e per la progettazione centrata sulla persona.
Questi strumenti normativi hanno reso l’inclusione un principio fondante della scuola italiana, non una misura straordinaria.
Inclusione: una scuola per tutti e di tutti
L’inclusione non riguarda solo gli alunni con disabilità, ma l’intero sistema educativo.
Essa implica una visione globale dell’educazione che considera ogni studente unico, con potenzialità e bisogni specifici.
Per realizzarla, la scuola deve:
adottare una didattica flessibile e cooperativa;
promuovere la valorizzazione delle differenze come risorsa;
favorire la collaborazione tra docenti, famiglie e territorio;
progettare ambienti di apprendimento accessibili e motivanti.
L’insegnante di sostegno, in questo contesto, diventa facilitatore di processi inclusivi, non semplice supporto individuale.
- Guarda anche l’articolo: Inserimento, integrazione e inclusione
Dall’inclusione teorica a quella reale: sfide e prospettive
Nonostante i progressi, la piena inclusione è ancora una sfida aperta.
Persistono ostacoli legati a carenza di risorse, formazione disomogenea e rigidità burocratiche.
La vera innovazione passa attraverso una formazione docente continua, una scuola più collaborativa e una cultura educativa capace di accogliere la diversità come valore.
Per chi si prepara al TFA Sostegno 2025, comprendere questa evoluzione significa acquisire una visione più ampia del proprio ruolo: essere motori di cambiamento verso una scuola realmente per tutti.
Una scuola che include è una scuola che cresce
Il passaggio dall’inserimento all’inclusione rappresenta una maturazione pedagogica e sociale della scuola italiana.
Non si tratta più di “accogliere chi è diverso”, ma di ripensare la didattica in modo che ognuno possa apprendere secondo i propri ritmi e potenzialità.
Come futuri insegnanti di sostegno, è fondamentale comprendere che includere significa trasformare: costruire una scuola dove le differenze non siano ostacoli, ma strumenti di crescita collettiva.





































