A maggio del 2011 il movimento politico indipendentista sardo “Sardigna Natzione Indipendentzia” aveva portato a termine uno dei progetti politici più importanti della sua recente storia: far si che la Regione Sardegna indisse un referendum regionale consultivo sull’ipotesi di costruzione di impianti nucleari nel territorio isolano. E così è stato.
Il testo referendario così recitava: «Sei contrario all’installazione in Sardegna di centrali nucleari e di siti per lo stoccaggio di scorie radioattive da esse residuate o preesistenti?»
REFERENDUM E AMMINISTRATIVE
La consultazione si realizzò combinandola assieme alle elezioni amministrative e a fronte di una partecipazione che sfiorò il 60 % (59,49%) il “Si” ebbe una percentuale del 97,13.
I SARDI DICONO NO
Il valore di questo risultato in termini politici, sebbene non avesse un peso vincolante assoluto nei confronti dello Stato sul dove allocare i rifiuti radioattivi in eventuali siti sardi, fece comunque da forte monito alla classe dirigente politica sulla posizione assunta dalla popolazione sarda in merito alla questione nucleare.
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2011-13: L’ITALIA RIPENSA AL NUCLEARE
Erano quelli, tuttavia, gli anni in cui il Governo italiano (Berlusconi IV) stava rivalutando un’ipotesi di ritorno all’elettro nucleare a fronte del costo economico sostenuto dall’Italia per approvvigionarsi di materie prime di origine fossile (gas e petrolio) nel mercato estero. La posizione del movimento indipendentista sardo è stata dunque quella di attuare con tempismo una ferma posizione popolare e tradurla in un referendum che chiarisse quale fosse l’opinione dei cittadini isolani in merito a questa ipotesi revisionista sul nucleare.
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Autore dell’articolo: Pierpaolo Spanu