Il classico piatto della cucina pastorale sarda, noto come ” il porcetto sardo” sta vivendo in questi anni uno dei momenti più difficili della sua storia. Le nuove normative igienico sanitarie, che impongono disciplinari in linea con moderni (e spesso ancora discussi) parametri di qualità , stanno compromettendo la commerciabilità di questa importante risorsa della gastronomia sarda. La lotta alla peste suina che bandisce definitivamente l’allevamento dei maiali a pascolo brado, l’introduzione sul mercato di prodotti contraffatti, e, non ultimo, il divieto al porcetto sardo di presentarsi al prossimo Expo milanese del 2015, potrebbero compromettere seriamente la sopravvivenza del più noto piatto della cucina sarda. La sua peculiarità sta infatti prima di tutto nell’allevamento, che è il frutto di un’esperienza secolare del comparto pastorale sardo, il quale ha saputo mantenere fino ai giorni nostri un fortunato connubio tra esigenze ambientali ed esigenze umane di sopravvivenza.
CHE COS’È IL PORCETTO SARDO
Su proceddu o “porceddu”, è il maialino sardo da latte che pesa al massimo 5 chili e ha un’età che non supera i venti giorni. Il porcetto sardo è dunque il piccolo suino di razza sarda, allevato da secoli in Sardegna e riconosciuto ufficialmente come razza autoctona nazionale (identificazione arrivata solo nel 2006 grazie all’attività del Dipartimento per la ricerca nelle produzioni animali dell’Agenzia Agris-Sardegna).
L’ALLEVAMENTO DEL MAIALE IN SARDEGNA
Le caratteristiche peculiari della razza e delle carni, sono dovute all’aspetto fisico, geografico, socio-culturale e antropologico del territorio (fonte: Sardegna Agricoltura), in cui questi animali sono allevati e che distinguono nettamente il porcetto sardo dagli altri concorrenti, per i quali, invece, vengono usati altri standard più riconosciuti dal mercato. Il porcetto sardo è infatti allevato principalmente all’aperto, e ciò crea il pregiudizio che compromette la commerciabilità del prodotto. Nonostante i continui attacchi all’immagine di questo piatto, simbolo della Sardegna, i trasformatori hanno continuato a credere sulla validità della loro proposta, e il mercato ha sempre dato risposte più che lusinghiere (tanto che il porcetto sardo è entrato nella lista dei prodotti italiani più contraffatti).
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IL PORCETTO SARDO RIMANGA UNICO
Osservando il fenomeno da un altro lato, è piuttosto evidente che il porcetto sardo, non ha resistito all’impatto col mercato globale, che richiede ritmi di produzione insostenibili per un prodotto tipico, tanto che la vendita, spesso, risente della scarsa disponibilità di animale da macellare (falla in cui si sono comodamente inserite di buon grado le contraffazioni). Oggi, la maggiore contestazione che si fa all’allevamento sardo del suino è la carenza di nozioni riguardo le prestazioni produttive e i costi di produzione. La realtà è che però un prodotto tipico non può (e non deve, pena la sua scomparsa) diventare un prodotto globale. Qualità e quantità non possono andare di pari passo nel settore gastronomico.